Professore Pieremilio Sammarco, lei per primo in un articolo su Libero ha sollevato la necessità di verificare i requisiti dei neoletti consiglieri laici del Csm.

Sì, legge istitutiva del Csm, la numero 195 del 1958, stabilisce che i componenti eletti dal Parlamento siano scelti “tra i professori ordinari di università in materie giuridiche e tra gli avvocati dopo quindici anni di esercizio professionale”.

Chi provvede alla veridica dei requisiti richiesti dalla legge?

Ci sarà una apposita Commissione che appurerà i titoli dei membri nominati, anche se tale verifica non sarà demandata ad un organo terzo, ma da una Commissione composta da membri neoeletti.

Dunque, una verifica fatta in casa?

Diciamo che ci affidiamo al senso di responsabilità dei neoeletti.

In questi giorni ci sono stata molte polemiche sul fatto che Roberto Romboli, nominato dal Pd, non abbia i requisiti.

A me sembra che la legge sia chiara; occorre avere almeno uno dei due requisiti: professore ordinario o avvocato con 15 di anni di esercizio professionale effettivo.

Dunque un professore ordinario in pensione, come Romboli, non avrebbe il requisito richiesto ?

Un professore ordinario andato in pensione non è più professore ordinario, tutt’al più è emerito, che è una qualifica diversa e non prevista dalla richiamata legge. Nel caso avesse esercitato come avvocato per 15 anni avrebbe questo requisito alternativo, ma mi pare che non risulti iscritto all’albo professionale degli avvocati.

Alcuni giornali citano il caso di Annibale Marini nominato al Csm dopo che non era più in servizio come professore ordinario.

Ma il professore Annibale Marini ha sempre svolto con continuità ed in modo effettivo la professione di avvocato. A Roma ha fondato un importante studio legale.

Gli stessi giornali avanzano dubbi anche sul possesso dei requisiti in capo ad altri membri nella loro qualità di avvocati. Che ne pensa?

Bisognerà verificare se i membri nominati come avvocati abbiano esercitato in modo effettivo, continuativo, abituale e prevalente la professione per almeno 15 anni.

E come?

Essere titolare di una partita iva attiva, avere l’uso di locali e di almeno un’utenza telefonica destinati allo svolgimento dell’attività professionale, anche in condivisione con altri colleghi. Ma soprattutto aver assolto l’obbligo di aggiornamento professionale con i crediti formativi anche deontologici secondo le prescrizioni del Consiglio nazionale forense ed essere in regola con i contributi annuali dovuti al Consiglio dell’Ordine e alla Cassa di previdenza forense.

Secondo lei questi requisiti saranno effettivamente verificati?

Mi auguro di sì, perché vi è un interesse pubblico sottostante che impone che i membri laici siano selezionati dal mondo accademico o da quello dell’avvocatura. Non basta avere il titolo di avvocato per affermare che si è avvocati.