CENTRODESTRA

Il crollo di Salvini Lega doppiata da Fd’I perfino in Veneto E Zaia è alla finestra

Il Carroccio scende sotto la soglia psicologica del 10% E nel partito si apre il confronto tra segreteria e territori

La resa dei conti in via Bellerio è già partita. Qualcuno se l’aspettava, qualcun altro ci sperava, l’attuale segreteria, fino alla fine, non credeva fosse possibile. E invece la Lega è crollata, si ferma sotto al 10 per cento e per Matteo Salvini si apre una fase a dir poco complicata. Perché ormai da settimane dirigenti locali e nazionali del Carroccio scalpitano per tornare alla vecchia Lega, quella del Nord, quella che stava a contatto tutti i giorni con gli imprenditori del settentrione e che mirava, prima di tutto, all’autonomia differenziata. E invece per anni il Capitano ha spostato il partito al centro e al sud, trasformandolo in quello che nella politica anglosassone chiamerebbero un catch all party, capace di pescare un po’ da tutte le fasce dell’elettorato. Obiettivo peraltro raggiunto prima del 2018, quando alle Politiche riuscì nel sorpasso a Forza Italia e divenne primo partito della coalizione, fino a formare il governo gialloverde con il Movimento 5 Stelle. E poi l’apoteosi, con le Europee del 2019 e quel 34 per cento che nessuno poteva immaginare. Un’ubriacatura che ha dato alla testa al segretario, che con l’ormai celebre Papeete ha mandato tutto alle ortiche. E ora, per Matteo Salvini, il risveglio da quella sbornia è traumatico. Perché non solo la Lega non è più il primo partito della coalizione, ma viene doppiato da Fratelli d’Italia in Veneto, addirittura triplicato dal partito di Giorgia Meloni in Friuli Venezia Giulia.

Poco dopo la chiusura dei seggi il numero uno del Carroccio si è affrettato a scrivere un tweet, primo tra tutti i leader di partito. «Centrodestra in netto vantaggio sia alla Camera che al Senato - ha twittato Salvini Sarà una lunga notte, ma già ora vi voglio dire grazie». Col passare dei minuti però qualcosa ha cominciato a scricchiolare, e con le prime proiezione è diventato evidente il crollo, fino al risultato sotto alla soglia psicologica del 10 per cento.

Certo la Lega non è partito dai processi per direttissima, ma è evidente che un tale risultato non può lasciare indifferenti i vari Luca Zaia e Massimiliano Fedriga, indicati come probabili successori di Salvini alla segreteria di via Bellerio.

E c’è un altro dato, politico e conseguente al risultato algebrico, che sta facendo riflettere Matteo Salvini sul da farsi. Con Fratelli d’Italia oltre il 25 per cento e la Lega sotto al 10, è chiaro che nella partita che si aprirà nei prossimi giorni per occupare i vari ministeri il partito di Giorgia Meloni avrà quasi mani libere nella scelta dei dicasteri più importanti. Certo ha bisogno sia del Carroccio che di Forza Italia per governare, ma il desiderio dell’ex ministro dell’Interno di tornare al Viminale per «difendere i confini dell’Italia e l’onore degli italiani» difficilmente sarà esaudito. Così come sulle questioni economiche sarà più facile per Giorgia Meloni, all’interno della coalizione, far prevalere le proprie idee, che negli ultimi mesi si sono dimostrate più prudenti rispetto a quelle della Lega. Basti pensare alle pressanti richieste del segretario del Carroccio di uno scostamento di bilancio al governo di Mario Draghi, del quale lui stesso faceva parte, rispetto a Fratelli d’Italia che, pur all’opposizione, ha mantenuto una posizione simile a quella dell’ex presidente della Banca centrale europea. E chissà che ora non voglia mettere un tecnico a via XX settembre, indicando un nome che potrebbe essere ad esempio quello di Fabio Panetta, membro del board della Bce e figura vicina all’attuale inquilino di palazzo Chigi. Altro che Borghi e Bagnai.

Insomma per Matteo Salvini non saranno giornate semplici: dovrà cercare di tenere in piedi una baracca dopo una forte scossa di terremoto e che al tempo stesso è picconata dall’interno da chi, nei territori, ha dimostrato di mantenere un consenso costante e non “liquido”, come invece è quello che fa riferimento al Capitano. Che tra una diretta su tiktok e l’altra ha perso sia il voto imprenditoriale del nord e sia quello operaio conquistato in parte nel 2018 e ancor più nel 2019. E, infine, ha perso anche l’elettorato del centro e del sud che riuscì a sedurre con l’idea del partito della nazione.

Quei tempi sono ormai andati, e chissà che l’unica soluzione per il Carroccio di pensare al futuro sia fare un salto nel passato. E tornare alla Lega che fu.