Salvini contro la magistratura. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini attacca la magistratura, definendo la decisione di scarcerare il capitano della Sea Watch 3, Carola Rackete, «una sentenza politica».

E la magistratura, attraverso il suo sindacato - l’Anm - risponde, puntando il dito contro il vicepremier leghista, «che alimenta il clima d’odio» ogni volta che una sentenza mina le sue idee politiche. Un fuoco incrociato in mezzo al quale si trova a fare da arbitro il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, che provando ad abbassare i toni ricorda al collega: «le sentenze vanno rispettate». Che piacciano o meno.

Disarticolato il Decreto Sicurezza bis

Ancora una volta il terreno di scontro tra Salvini e la magistratura è quello dei migranti. Anche perché la decisione del gip Antonella Vella, nemmeno troppo tra le righe, disarticola il Decreto Sicurezza bis, sottolineandone l’inapplicabilità alle ong e, di fatto, dando ragione alle navi che pattugliano il Mediterraneo: salvare vite e portarle al primo porto sicuro, che molto spesso è l’Italia, non solo non è illegale, ma è anche un obbligo morale e giuridico.

Notizia che ha portato Salvini ad attaccare il giudice e la magistratura con diverse dirette Facebook, durante le quali ha invitato le toghe che vogliono fare politica a «candidarsi col Pd».

Il ministro dell’Interno mescola tutti gli ingredienti utili, seguito dai suoi sostenitori sul web, che a furia di insulti e minacce hanno spinto il gip di Agrigento a chiudere il proprio profilo Facebook. Un gesto che sembra confermare i timori di Anm e Csm, scesi in campo a tutela delle toghe.

L’attacco del vicepremier è diretto: «per la magistratura italiana ignorare le leggi e speronare una motovedetta della Guardia di Finanza non basta per andare in galera». Spinge per l’espulsione di Carola Rackete - che ha compiuto «un atto di guerra sulla pelle di 41 persone» - di fatto impossibile perché manca il nulla osta della Procura, nonostante sia a parere del ministro - «pericolosa per la sicurezza nazionale», avendo «tentato di ammazzare 5 militari».

La fiaba horror di Salvini

E parlando della giustizia come «fiaba “horror”» manda un messaggio direttamente al giudice Vella. «Togliti la toga e candidati con la sinistra per fare politica». Punta sul «90 per cento dei magistrati italiani» che amministra la giustizia «con obiettività», sicuro che prima o poi, in tema immigrazione, ne troverà uno «che applicherà le leggi» e spinge per una riforma della giustizia, soprattutto per cambiare i criteri di assunzione, selezione, formazione e promozione dei magistrati.

In mezzo ci mette anche un ulteriore giro di vite sul Decreto Sicurezza, lanciando la sfida alle ong: «se volete riprovarci, si ricomincia. Con i divieti, i sequestri e la confisca del mezzo. In Italia non si arriva».

L'Anm difende Vella

Ma a difendere il gip Vella ci pensano i colleghi, a partire dal sindacato delle toghe, l’Associazione nazionale magistrati, che condanna «commenti sprezzanti verso una decisione giudiziaria, disancorati da qualsiasi riferimento ai suoi contenuti tecnico- giuridici, che rischiano di alimentare un clima di odio e di avversione», come dimostrato da insulti e minacce nei confronti del gip online.

«Quando un provvedimento risulta sgradito al ministro dell’Interno - dice la Giunta esecutiva - scatta immediatamente l’accusa al magistrato di fare politica». E si rispolvera l’idea di una riforma, che ha il solo scopo, per l’Anm, di «selezionare i magistrati in modo che assumano esclusivamente decisioni gradite alla maggioranza politica del momento». Ma i giudici «applicano le leggi interpretandole secondo la Costituzione e le norme sovranazionali», loro unico dovere e «ineludibile garanzia per la tutela dei diritti e delle libertà di tutti i cittadini».

Parole alle quali si aggiungono quelle dei consiglieri togati del Csm, secondo cui gli insulti «alimentano un clima di delegittima- zione ed odio». Così chiedono l'apertura di una pratica a tutela del gip di Agrigento. Parole che, però, non scalfiscono Salvini. Che, anzi, replica ironicamente: «con quello che stiamo leggendo sulle spartizioni di poltrone e procure a cura di qualche magistrato penso che siano gli ultimi che possano dare lezioni di morale a chiunque».

Interviene Bonafede

E allora ci prova Bonafede a mettere una pezza, cercando di placare le polemiche. Le sentenze si rispettano, ricorda, anche quando si dissente e anche quando a farlo è un ministro. Non commenta, perché «l’obiettivo del ministro della Giustizia è togliere la giustizia dal pantano della polemica politica» e anche se con Salvini «stiamo facendo un lavoro importante» sul punto, l'autonomia della magistratura «è sancita dalla costituzione» e «non si dovrebbe arrivare ad attaccare il singolo magistrato, dicendogli di togliersi la toga e candidarsi».

Si può però ragionare sugli avanzamenti di carriera, da fare «fuori da dinamiche correntizie» e quindi solo per «meritocrazia». Ma nemmeno questo accontenta Salvini: «è una chiara sentenza politica. Ognuno dica quello che vuole».

Nella polemica si inserisce anche l’avvocatura, con una nota dell’Organismo congressuale forense, che esprime «preoccupazione per le dichiarazioni pubbliche di esponenti istituzionali» a commento della decisione del gip.

Parole dai toni «non adeguati al ruolo ed alla funzione pubblica di chi le ha rese e che rischiano di alimentare un clima di conflittualità tra mondo della politica e mondo della giustizia del tutto insostenibile e inaccettabile - ha affermato l’organismo di rappresentanza politica dell’avvocatura - La separazione tra i poteri è una garanzia imprescindibile per la tutela dei diritti e delle libertà di tutti i cittadini e tali dichiarazioni ne minano le fondamenta».