«Forte preoccupazione per la paventata anticipazione al 28 febbraio 2023 dell’entrata in vigore della riforma del processo civile, che modifica in maniera pregnante i diversi riti e per alcuni aspetti l’organizzazione degli uffici». A dirlo è AreaDg, con una nota pubblicata sul sito della corrente della magistratura.

«Proprio con riferimento al Pnrr, già in precedenza non si era avvertita la necessità di sentire il parere dei magistrati italiani, ad esempio, nello stabilire l’obiettivo di riduzione dell’arretrato, fissato in una percentuale difficilmente raggiungibile, considerate la carenza di organico – certo non superabile con l’introduzione degli addetti all’Ufficio per il Processo – e le condizioni di oggettiva difficoltà in cui versano molti uffici giudiziari con carichi di ruolo che superano i 700 fascicoli a magistrato».

Ciò nonostante, «consapevoli che il raggiungimento degli obiettivi del Pnrr sia stato posto interamente sulle loro spalle, senza attenzione alle condizioni effettive in cui si trovano a lavorare e senza essere coinvolti, se non marginalmente, nelle scelte più significative, i magistrati italiani hanno affrontato la sfida loro imposta, aumentando, in questi mesi, la produttività degli uffici giudiziari e tentando di sfruttare al meglio ogni innovazione, anche quelle con più criticità, cercando di evitare di ridurre la qualità delle decisioni» continua la nota.

«In questi giorni, nuovamente senza alcuna precedente interlocuzione, senza alcun riguardo alla delicatezza e all’importanza della funzione giurisdizionale, la politica interviene a gamba tesa, in modo miopie e scoordinato, nell’esercizio della giurisdizione, senza confronto con magistrati, avvocati e altri operatori, senza chiedersi e senza chiederci quanto tempo occorra a far entrare a regime una riforma di portata così innovativa, con l’unico presumibile risultato che almeno nel prossimo anno i tempi di definizione dei giudizi civili, invece di accorciarsi, si allungheranno».