NON TOCCATE BREDA

Mattarella ha smentito la ricostruzione del Corriere della Sera sulla sua reazione stupita davanti alle affermazioni di Meloni

Il retroscena è un pò quello che si dice della via dell’inferno, lastricata spesso di buone intenzioni. Come forse sono state quelle di chi al Quirinale o dintorni ha forse messo sulla cattiva strada l’inconsapevole Marzio Breda facendogli scrivere sul Corriere della Sera dello «stupore» che sarebbe stato procurato al capo dello Stato dalla certezza, speranza, fiducia chiamatela come volete - fattasi scappare da Giorgia Meloni di ottenere l’incarico di presidente del Consiglio da Sergio Mattarella in caso di vittoria del centrodestra. E sua personale prevalendo sugli altri partiti della coalizione nelle elezioni del 25 settembre.

In poche righe di formale “precisazione” fatte diffondere dall’ufficio stampa del Quirinale il presidente della Repubblica ha mostrato di prendersela soprattutto per i «sentimenti» fra virgolette - attribuitigli dall’ «estensore» della nota retroscenista del più diffuso giornale italiano pubblicata domenica scorsa in una pagina interna, con la prudente rinuncia al richiamo in prima solitamente riservato per attendibilità e autorevolezza a Marzio Breda. Che a sua volta è ricorso alle iniziali e non alla firma intera di un pezzo breve ma intenso, come al solito, di aggettivi, indicazioni e riferimenti che sembravano sottindendere chissà quale fonte, magari la massima. Invece non solo per sé ma anche per i suoi consiglieri, collaboratori e amici Mattarella ha voluto reagire sottolineando la paternità esclusivamente, e non solo «inevitabilmente», personale delle opinioni espresse appunto dall’ «estensore».

Ciò non ha impedito lo stesso al direttore di Libero, Alessandro Sallusti, di assicurare che il suo ex collega di testata «non si sia bevuto il cervello». E di scrivere quindi che egli avesse quanto meno attinto alla «fantasia di qualcuno di autorevole che vive o gravita al Quirinale», deducendone quindi che esso non sia «un palazzo di vetro ma un luogo d intrighi e complotti», da cui Mattarella per primo dovrebbe guardarsi. Pesante, francamente, come allusione, tanto più dopo una nota scritta e diffusa proprio per smentire sospetti del genere, neutralizzati - ripeto - dalla sola, esclusiva responsabilità dell’estensore dell’articolo del Corriere della Sera.

Perché tanto puntiglio da parte del capo dello Stato. quasi uno strappo nella storia dei rapporti fra il Quirinale, ben prima dell’arrivo di Mattarella, e il giornalista accreditato del Corriere?

Che da tempo fa testo - come si suol dire- a proposito di ciò che accade sul Colle più alto di Roma.

Per rispondere a questa domanda non è forse un azzardo soffermarsi sulla parte conclusiva del “retroscena” attribuito a Marzio Breda. È quello in cui si leggeva domenica - come se il quirinalista stesse spiegando ai lettori le prerogative del presidente della Repubblica per giustificare il presunto «stupore» provocato dalla fiduciosa scalata della Meloni a Palazzo Chigi- dei «diversi fronti che Mattarella dovrà considerare procedendo alla nomina» del presidente del Consiglio dopo le elezioni, quasi a prescindere dai risultati. «C’è pure - aveva scritto testualmente Breda - la cornice geopolitica e delle alleanze nelle quali l’Italia è inserita, essendo il capo dello Stato garante dei trattati internazionali». Ma rispetto a quale trattato internazionale dovrebbe essere particolarmente considerata in potenziale condizioni di incompatibilità, o di semplicemente problematica coerenza, la leader della destra italiana? Una questione quanto meno prematura, dopo la “precisazione” opposta dal Quirinale alla forse troppa invasiva curiosità accesa da Breda retroscenando.

Certo è comunque che nella sua corsa a Palazzo Chigi, a dispetto anche dello scetticismo che ogni tanto si lascia scappare l’alleato Salvini o di quello appena attribuito anche a Silvio Berlusconi da Francesco Verderami, un altro retroscenista del Corriere della Sera, Giorgia Meloni sta inanellando successi di tappa, chiamiamoli così.

La “precisazione” del Quirinale segue di pochi giorni quel «qualsiasi governo» su cui Mario Draghi ha scommesso a Rimini per dirsi sicuro che l’Italia ce la farà ad uscire anche questa volta dalle difficoltà, per quanto care Putin stia rendendo le bollette del gas e della luce a imprese e famiglie con la sua guerra all’Ucraina. A proposito della quale uno che ha vissuto a Mosca la sua infanzia, Giuliano Ferrara, col padre corrispondente dell’Unità, ha appena scritto una delle solite conclusioni imperdibili dei suoi articoli sul Foglio: «Putin passerà l’inverno al caldo, e i sanzionati sembreremo noi. Eppure dopo una guerra persa e il suo gas bruciato nell’aria per mancanza di magazzini, e l’Occidente alla ricerca dell’autonomia energetica, saranno guai grossi per lui. Quelli che ora lo temono e lo blandiscono lo impiccheranno a uno di quei lampioni di Mosca che ricordo bambino».