Quella valanga era imprevedibile. È quanto emerge dalle 274 pagine con le quali il Gup del Tribunale di Pescara Gianluca Sarandrea ha motivato la sentenza con la quale il 23 febbraio scorso ha assolto 25 dei 30 imputati, comminando cinque lievi condanne, per la tragedia di Rigopiano. Come tutti purtroppo ricordano il 18 gennaio 2017 una valanga investì un hotel provocando la morte di 29 persone. Ricorderete anche la violenza verbale che si scatenò contro il giudice al momento della lettura del dispositivo da parte dei parenti delle vittime. Adesso tutti possiamo cercare di comprendere le ragioni di quella decisione contro la quale la procura ha 45 giorni di tempo per presentare l'eventuale ricorso in appello. «Secondo l’assunto accusatorio per come risultante dalla lettura di tutti i capi di imputazione le varie amministrazioni interessate ed in particolare la Regione, la Provincia, il Comune e la Protezione civile ciascuna per la propria competenza nel gestire i fatti relativi all’Hotel Rigopiano avrebbero tenuto comportamenti colposamente omissivi in relazione alla procedure seguite», riassume così il gup la posizione dell'accusa.

La principale ragione, che ha portato il gup Sarandrea all’assoluzione per gran parte degli imputati, è quella dell’imprevedibilità della valanga, come in qualche modo accennato già dalla perizia del Tribunale, facendo cadere, di fatto, l’ipotesi accusatoria più grave, quella di disastro colposo. «Sempre in tema di prevedibilità di un evento valanghivo ritiene il giudice di condividere le considerazioni dei periti i quali sul punto hanno evidenziato che “in concreto l’evento del 18.01.2017 non era prevedibile in quanto sebbene gli Scriventi concordino con quanti affermano che la posizione dell’Hotel Rigopiano, la morfologia del Canalone, le intense precipitazioni e le scosse sismiche avrebbero potuto allarmare le Autorità e i gestori dell’Hotel non erano disponibili al momento degli accadimenti in oggetto strumenti idonei a prevedere l’evento”».

Gran parte della sentenza poggia poi sulla considerazione della cosiddetta posizione di garanzia: «La posizione rivestita dagli imputati non presenta i caratteri che vanno riconosciuti al cd garante; gli stessi non dispongono infatti di effettivi poteri impeditivi dell’evento che si vuole scongiurare, poteri che, come già ricordato devono essere preesistenti alla situazione di pericolo non avendo peraltro la concreta possibilità di impedire l’evento». Si legge ancora nelle motivazioni: «La valutazione che deve compiersi al fine di riscontrare se vi sia stata la violazione di regole cautelari da parte degli imputati nel non aver sollecitato il Coreneva ( Comitato tecnico regionale per lo studio della neve e delle valanghe, ndr) ad estendere l'area su cui effettuare la Clpv ( Carte di localizzazione probabile delle valanghe, ndr)», scrive il gup, «deve necessariamente essere condotta sulla base di una valutazione ex ante e pertanto non può non notarsi come alcun elemento consentiva di riscontrare una condizione di effettivo rischio valanghivo sull'area in questione; se ne deduce pertanto che debba escludersi che l'omissione degli imputati possa avere avuto alcuna incidenza causale con gli eventi che secondo le indicazioni riportate in rubrica hanno portato al crollo dell'hotel ed al decesso ed alle lesioni delle persone presenti a vario titolo nell'hotel Rigopiano al momento dell'impatto della valanga».

In uno dei passaggi delle motivazioni della sentenza, in merito all’allora Prefetto di Pescara, Francesco Provolo, per cui l’accusa aveva chiesta la pena più alta, ossia 12 anni di carcere, poi assolto, insieme a due funzionari, da tutti i reati, tra cui quelli di omicidio colposo plurimo e di lesioni colpose plurime, si sottolinea come «appare evidente come in alcun modo la condotta tenuta dagli imputati Provolo Francesco, De Cesaris Ida e Bianco Leonardo possa assumere rilevanza nello sviluppo causale degli eventi che hanno portato ai decessi ed alle lesioni subite dalle persone presenti nell’hotel Rigopiano al momento dell’impatto sulla struttura della valanga del 18.1.17, di tal ché nei riguardi degli stessi non può che essere emessa una sentenza assolutoria per non aver commesso il fatto».

Tutt'altro discorso va fatto per le uniche condanne emesse, quella di 2 anni e 8 mesi al sindaco di Farindola Ilario Lacchetta e quella di 3 anni e 4 mesi ai due funzionari della Provincia Paolo D'Incecco e Mauro Di Blasio. In particolare, riguardo Lacchetta, scrive il giudice: «Nella veste di autorità di protezione civile comporta una sua affermazione di penale responsabilità, limitatamente alla condotta relativa all'omissione dell'ordinanza di inagibilità e di sgombero dell'Hotel Rigopiano. Ai sensi della Legge Quadro della Protezione Civile del 1992 - rileva il Gup - il Sindaco rappresenta autorità comunale di protezione civile essendo chiamato a garantire in ogni situazione la sicurezza della propria comunità sia come singoli individui che come collettività». In pratica si imputa a Lacchetta di aver omesso di disporre la chiusura dell'Hotel con la conseguente evacuazione.