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PLENUM CSM CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA
Pensavamo di avere toccato il fondo, scoprendo a partire dal 2019: a) l’affaire L. Palamara e il trattamento di favore riservato ai suoi correi (tanto “necessari” quanto numerosi), rimasti indenni da qualunque sanzione disciplinare (di competenza del Procuratore Generale della Suprema Corte ovvero del ministro della Giustizia); b) la segretezza opposta dall’Associazione Nazionale Magistrati ai suoi stessi soci, desiderosi di conoscere le sanzioni endodisciplinari irrogate agli altri adepti correi di Palamara.
Non è stato necessario “scavare” molto il fondo per appurare ulteriori degenerazioni, che questa volta coinvolgono, in non peregrina ipotesi, non solo ( in tutto o in parte) i membri del Csm, ma anche quel mitico personaggio che è il Legislatore. Valga il vero.
A seguito dell’art. 13, 1° della L. n. 44 del 2002, l’art. 30 della L. 16 settembre 1958, n. 916 (Costituzione e funzionamento del Csm) venne così riformulato: « I magistrati componenti elettivi sono collocati fuori del ruolo organico della magistratura. Alla cessazione della carica il Consiglio superiore della magistratura dispone, eventualmente anche in soprannumero, il rientro in ruolo dei magistrati nella sede di provenienza e nelle funzioni precedentemente esercitate. Prima che siano trascorsi due anni dal giorno in cui ha cessato di far parte del Consiglio superiore della magistratura, il magistrato non può essere nominato ad ufficio direttivo o semidirettivo diverso da quello eventualmente ricoperto prima dell'elezione o nuovamente collocato fuori del ruolo organico per lo svolgimento di funzioni diverse da quelle giudiziarie ordinarie… ».
La ratio di siffatta fondamentale riforma è efficacemente sintetizzata dalla sentenza n. 11262 emessa dal Tar Lazio, Sez. 1 – Roma il 16 novembre 2007: « impedire “eventuali prassi di accantonamento di posti direttivi e/ o semidirettivi di interesse dei singoli, per assegnarli ai medesimi a fine consiliatura, con palese compromissione dell'interesse pubblico al buon andamento dell'amministrazione ed abuso della funzione pubblica esercitata” ». Il meccanismo preso di mira dal Legislatore, e portato alla luce dal Giudice Amministrativo, è diabolico. In vista della fine della consiliatura del Csm, ( taluni) suoi componenti togati e ( taluni) laici deliberatamente omettevano di ricoprire – “accantonavano” per l’appunto - gli uffici più ambiti da ( taluni) togati.
Cessata la consiliatura, i togati uscenti (generalmente di grande spessore e influenza all’interno dell’Anm) efficacemente si adoperavano per l’elezione dei nuovi aspiranti togati ai seggi vacanti del Csm. I quali aspiranti, dopo essere stati nominati al Consiglio., a loro volta, per... sdebitarsi (!), chiudevano il cerchio scellerato, garantendo le “accantonate” nomine ai componenti uscenti -... siccome loro “riservate” - ovviamente sotto gli occhi di non disinteressati membri laici, forse perciò coinvolti! Orbene, interdicendo per due anni l’accesso dei magistrati uscenti agli uffici direttivi o semidirettivi diversi da quello ricoperti prima dell'elezione ( ovvero il collocamento, molto ambito, fuori del ruolo organico), la riforma del 2002 efficacemente stroncava il perverso stratagemma, persino penalmente rilevante! In sostanza, questo l’avviso del Legislatore: escludendo che possa (in qualità di magistrato) ricevere dalla successiva consiliatura personali vantaggi, il membro togato del Csm sarà maggiormente indotto ad adempiere disinteressatamente, e quindi con disciplina ed onore ( art. 54 Cost.), la propria funzione! Contemporaneamente il divieto legislativo introdotto nel 2002 rappresenta la cartina di tornasole dell’abnorme potere riconosciuto dallo stesso Legislatore all’Anm, nella sua funzione di esclusiva e potentissima “cinghia di trasmissione” tra i magistrati ordinari e i componenti togati del Csm.
Sennonché successivamente tale sacrosanta riforma dovette sembrare al Legislatore... iniquamente severa, se intanto l'art. 2, comma 1- bis del D. L. n. 90 del 2014 ( conv. con L. n. 114 del 2014) ridusse da due anni a un anno il periodo di interdizione.
Ma era soltanto il preludio della strisciante capitolazione finale. Mentre il dottor Palamara svolgeva il “nobile” compito di “mediatore” (per cui sarebbe stato poi bandito dall’Ordine e dalla Anm), in sede impropria, e cioè in sede di approvazione del bilancio, l'art. 1, comma 469 della L. 27 dicembre 2017, n. 205 ( entrata in vigore in data 1° gennaio 2018) disponeva l’abrogazione tout court del menzionato periodo d’interdizione e, così santificando il perverso accordo, proclamava il trionfo ai massimi livelli della “ Hybris”, cioè dell’arroganza ( non solo) giudiziaria. Se viene abrogata una norma che vietava espressamente una certa condotta, allora diventa legittima la condotta stessa.
Nella specie, con la precisata legge del 2017 alla consiliatura allora in corso (dal 1° gennaio 2018 al 25 settembre 2018) e alla nuova consiliatura ( dal 26 settembre 2018 al 21 giugno 2022: v. infra) fu consentito assegnare uffici direttivi o semidirettivi ai membri togati uscenti (tra cui in ipotesi lo stesso Palamara), così consentendo gli accordi illeciti a ragione preclusi dalle abrogate disposizioni del 2002 e del 2017! Tutto è mistero attorno a quest’indicibile riforma sottratta, sotto l’usbergo di non più tollerabili arcana impèrii, al dibattito democratico.
A reprimere l’abisso morale consacrato dalla citata legge del 2017 è per fortuna intervenuta - ma solo dopo circa quattro anni - la Riforma Cartabia (legge 17 giugno 2022, n. 71, art. 38, comma 1, in vigore dal 21 giugno 2022) per modificare il tormentato art. 30, comma 2., fissando ai membri uscenti in quattro anni o in due anni il periodo di interdizione per accedere a un ufficio direttivo o semidirettivo ovvero – rispettivamente – per essere collocato fuori del ruolo organico per lo svolgimento di funzioni diverse da quelle giudiziarie ordinarie.
Deve in definitiva registrarsi che in circostanze misteriose il Legislatore del 2017, consentendo atti e accordi prima espressamente vietati, ha deliberatamente aperto una “parentesi” anarchica (il laissez faire, laissez passer, applicato alle condotte perfino penalmente rilevanti) chiusa soltanto nel giugno 2022, per effetto della Riforma Cartabia. Ma nel frattempo (1° gennaio 2018 - 21 giugno 2022) quanti - e quali - uffici direttivi o semidirettivi “accantonati” e “prenotati” sono stati assegnati dal Csm a ex componenti togati del Csm, con la benedizione della Legge del 2017? E soprattutto perché, permanendo il pericolo dell’intollerabile illecito (accantonamento della carica e preordinata nomina), il Legislatore lo ha legittimato quasi per un lustro?
È augurabile che la decisione del Parlamento non vacilli più, perché tra l’ordine e il contrordine nasce il disordine e il discredito istituzionale. C’è stato del marcio nella Magistratura e perfino nel Sistema! Ce ne possiamo liberare - in qualità di magistrati - soltanto denunciandolo. Se non ora, quando?