Mentre la procura impone il silenzio agli indagati una scelta già giudicata illegittima nel caso di Marc Tarabella -, continuano le fughe di notizie sul caso Qatargate, lo scandalo sulla presunta corruzione internazionale che ha fatto tremare dalle fondamenta l’Europarlamento. L’ultima soffiata alla stampa ha quasi il sapore della flagranza: un’ora dopo il deposito della richiesta di ricusazione del giudice istruttore Aurélie Dejaiffe da parte di Francesco Giorgi, ex assistente di Antonio Panzeri e marito dell’ex vicepresidente del Parlamento europeo Eva Kaili, la notizia era già su Le Soir, il quotidiano in prima fila per gli scoop sul Qatargate, i cui giornalisti hanno scritto un libro- sentenza con le sole carte dell’accusa.

Una storia che va raccontata riavvolgendo il nastro, partendo dalla richiesta di Giorgi di annullare i divieti imposti dalla procura, tra i quali quello di lasciare il Paese e di parlare con la stampa. Un divieto incostituzionale - stando ad una sentenza dei giudici belgi - che la procura, critica solo sulle fughe di notizie che hanno messo in dubbio l’inchiesta, non ha invece imposto a se stessa.

IL RICORSO DI GIORGI

Il 6 febbraio, la procura aveva notificato a Giorgi le limitazioni alle quali sottostare. Le stesse comunicate, a dicembre, all’eurodeputato belga Tarabella, che ha subito impugnato l’ordinanza, vedendosi dare ragione, lo scorso 14 febbraio, dai giudici: il divieto di non parlare con la stampa per mantenere un “clima sereno” - questa la motivazione addotta dalla procura per giustificare il “bavaglio” - «non è conforme ai requisiti legali», avevano sentenziato i giudici, che dunque avevano restituito il diritto di parola all’europarlamentare. Il 20 marzo, dunque, la difesa di Giorgi ha depositato la propria di richiesta.

Nell’atto, viene contestato il tentativo di impedire all’ex assistente parlamentare di difendersi: di fronte alla massima collaborazione offerta sin dall’inizio delle indagini, i nuovi divieti sono apparsi agli occhi di Giorgi incomprensibili. L’ex braccio destro di Panzeri, infatti, non ha mai rilasciato dichiarazioni pubbliche, mentre sin dal suo arresto sono state innumerevoli le fughe di notizie a lui sfavorevoli, con una serrata telecronaca delle sue colpe - date per assodate - proprio sulle colonne di Le Soir. Ma la scelta di imporre un bavaglio appare ancora più paradossale alla luce dell’errore marchiano commesso nei primissimi giorni di detenzione, quando Giorgi e Panzeri furono lasciati per tre giorni nella stessa in cella, col rischio di concordare le versioni da offrire alla procura. La giudice Dejaiffe - che ha sostituito il collega Michel Claise dopo che la difesa di Tarabella aveva svelato il rapporto di affari tra suo figlio e quello dell’eurodeputata Maria Arena, indagata solo dopo diversi mesi - ha però scelto di non attendere la sentenza, emettendo il giorno successivo alla richiesta di Giorgi una nuova ordinanza. Un documento con il quale reitera, di fatto, gli stessi divieti contestati dal marito di Kaili. Dejaiffe ha tentato di superare le obiezioni evidenziate nella sentenza che ha tolto il bavaglio a Tarabella: secondo la giudice, permane il «rischio di collusione con terzi» e «alla luce della forte mediatizzazione, sempre attuale, di cui è oggetto la presente indagine, è necessario limitare i contatti dell’imputato con la stampa, per consentire all’indagine di continuare nel clima più sereno possibile». Dunque niente contatti con i media, ma solo per una parte in causa. Un divieto che dovrebbe valere fino a giugno prossimo, con un’ordinanza che nulla aggiunge a quella già ritenuta illegittima dai giudici.

LA RICHIESTA DI RICUSAZIONE

Così si arriva alla richiesta di ricusazione, depositata dai legali di Giorgi lunedì, alle 13.30. Nel documento, gli avvocati hanno evidenziato proprio lo strano tempismo di Dejaiffe, la cui ordinanza, scrivono Pierre Monville e la collega Marion de Natenuil, sembra avere come scopo «proprio quello di cercare di regolarizzare a posteriori questa nuova condizione imposta anche al signor Giorgi, la cui necessità non era mai stata giustificata».

Secondo la difesa, la giudice avrebbe tentato di anticipare una decisione quasi certamente a lei sfavorevole, di fatto dando l’impressione «di interferire in un dibattito al quale lei non ha partecipato, prendendo una decisione che avrebbe l’effetto di svuotare di sostanza il dibattito sull’abolizione della condizione relativa ai contatti con la stampa». Un intervento che potrebbe essere interpretato «solo come un’iniziativa volta a impedirgli di esercitare i propri diritti di difesa e di garantire il rispetto delle proprie libertà», minando così «definitivamente» la fiducia di Giorgi nell’indipendenza e nell’imparzialità della giudice. Un’ora dopo, Monville è stato contattato dai giornalisti di Le Soir, che chiedevano un commento su tale richiesta. Richiesta comunicata solo alla procura federale e al giudice istruttore, un atto non pubblico che solo una delle parti, dunque, poteva rendere nota. E che la difesa ha assicurato di non aver comunicato a nessuno. In attesa della decisione sulla richiesta di Giorgi, intanto, è stato nominato un altro magistrato istruttore in sostituzione di Dejaiffe. Che ora rimane a guardare.

PANZERI CHIEDE DI ALLONTANARE L’ISPETTORE CAPO

Nel frattempo è Panzeri, il “pentito” ritenuto non credibile dallo stesso ispettore capo Ceferino Alvarez Rodriguez, a mettere a segno un altro colpo di scena: dopo l’audio reso noto da Giorgi, nel quale si sente Rodriguez ammettere di non credere ad una parola dell’ex eurodeputato, la sua difesa scrive il CorSera - ha chiesto la sua estromissione dal caso, avendo dimostrato un «atteggiamento gravemente sleale» e una «grande ostilità e inimicizia» nei confronti di Panzeri. Lo show va avanti.