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Il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri
Quando mancano pochissimi giorni all’assemblea plenaria del 13 settembre nella quale il Consiglio superiore della magistratura discuterà la pratica relativa alla nomina del nuovo procuratore di Napoli, da Catanzaro spunta una nuova inchiesta antimafia coordinata dal procuratore capo Nicola Gratteri, uno dei tre candidati che hanno presentato domanda per l’ufficio inquirente partenopeo, il più grande d’Italia. Il magistrato di Gerace punta a diventare il successore di Giovanni Melillo, attuale procuratore nazionale Antimafia. L’operazione di ieri mattina quindi è uno dei tanti “biglietti da visita” con cui il favorito si presenta al grande giorno. Un blitz che nelle ore successive alla notizia lanciata dalle agenzie di stampa ha fatto clamore a livello nazionale sia per la vastità dell’indagine che per i contenuti indiziari.
Sono 84 infatti le persone raggiunte da misura cautelare, mentre oltre 600 sono stati i carabinieri utilizzati in Calabria e in altre regioni italiane per eseguire l’ordinanza firmata dal gip distrettuale di Catanzaro Filippo Aragona, al quale il Csm lo scorso febbraio aveva confermato l’applicazione extradistrettuale per altri sei mesi, essendo stato trasferito su sua richiesta presso il Tribunale di Firenze, dove prenderà servizio tra poche settimane.
L’indagine che tratta le dinamiche delinquenziali della ’ndrangheta vibonese ha portato alla luce comunque fatti di sangue del passato, come l’omicidio di Maria Chindamo, commesso a seguito del suicidio di Vincenzo Puntoriero, avvenuto l'anno precedente, l’8 maggio 2015, e l’assassinio di Angelo Antonio Corigliano, ucciso a Mileto il 19 agosto 2013, il cui movente sarebbe riconducibile ad una rappresaglia ordinata per vendicare l’omicidio di Giuseppe Mesiano, presunto elemento di spicco della locale di Mileto perpetrato nello stesso centro il 17 luglio 2013.
Nel corso della conferenza stampa, il procuratore Gratteri si è soffermato sul delitto della Chindamo, raccontando dettagli raccapriccianti su quanto avvenuto il 6 maggio del 2016 a Limbadi, comune in provincia di Vibo Valentia. «La donna è stata punita per la recente relazione sentimentale dalla stessa instaurata, venuta alla luce con la prima uscita pubblica della coppia appena due giorni prima dell'omicidio, oltre che per l’interesse all’accaparramento del terreno su cui insiste l’azienda agricola divenuta nel frattempo di proprietà esclusiva della Chindamo e dei figli minori», ha spiegato il procuratore. La vittima, secondo il racconto di alcuni collaboratori di giustizia, sarebbe stata data in pasto ai maiali e i resti ossei sarebbero stati triturati con la fresa di un trattore, facendo sparire ogni traccia genetica. Ma non è tutto.
Le investigazioni del pool Antimafia coordinato da Gratteri avrebbero consentito di ricostruire le dinamiche, i collegamenti e gli interessi imprenditoriali delle consorterie mafiose nella provincia vibonese, particolarmente attive nel settore estorsioni, attraverso intimidazioni e danneggiamenti ai danni di aziende edili, imprese ed esercizi commerciali operanti nel settore turistico-alberghiero della cosiddetta “Costa degli Dei”.
Dulcis in fundo, le imputazioni che riguardano gli avvocati, uno dei quali, Francesco Sabatino, finito in carcere con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, reato sempre al centro di dispute giuridiche e che ultimamente viene contestato spesso a chi esercita la professione forense, come a voler “macchiare” quel mandato difensivo che nella stragrande maggioranza dei casi rientra nel perimetro fissato dalle norme deontologiche, mentre in rarissime circostanze va oltre il diritto di difesa, con conseguenze che portano fino alla condanna.
Altri legali, implicati nell’operazione antimafia della Dda di Catanzaro, sono invece accusati del reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche nel settore dell’accoglienza dei migranti. Lo studio di Sabatino infine è stato perquisito dai carabinieri ieri mattina. Nella notte, però, i militari dell’Arma avevano bussato alla porta di casa per notificargli il provvedimento. In quel momento erano presenti il penalista e la moglie.