Ha destato molto clamore sulla stampa e sui social l’assoluzione in primo grado dell’ex professore di medicina Santo Torrisi dall’accusa di violenza sessuale, emessa dal Tribunale di Catania. La sentenza è stata ritenuta, tra l’altro, «vergognosa» e «indecente», i magistrati che l’hanno emessa «porci schifosi» e «venduti», l’imputato un «lurido», e agli avvocati è stato augurato di avere «presto figlie anche loro palpate». Insomma, nulla di nuovo sotto al cielo quando arriva una sentenza assolutoria, soprattutto in caso di presunta violenza di genere.

Anche la politica si divide. La senatrice di Italia Viva, Dafne Musolino, si è detta «indignata» per l’assoluzione e per questo presenterà una interrogazione parlamentare chiedendo «al ministro Nordio di inviare gli ispettori in quel tribunale» in quanto, benché «le sentenze non si giudicano», «a volte è necessario parlarne perché evidentemente manca la cultura giuridico-legale».

In tutt’altra direzione garantista andrà invece l’atto di sindacato ispettivo annunciato dal capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia della Camera, Tommaso Calderone che ci dice: «Tre magistrati, per avere assolto un imputato, sono stati letteralmente massacrati dalla stampa e social, anche con argomentazioni false e tendenziose come a esempio che “il palpeggiamenti lieve del seno non è reato”. Tale ultima affermazione è falsa e strumentale. Basta leggere la sentenza. L’assoluzione arriva per altre e articolate ragioni. In questo Paese malato si è soddisfatti soltanto davanti alle condanne. Chiederò al Ministro della Giustizia se intende adottare misure a tutela dei magistrati di Catania e se sono in cantiere idee legislative finalizzate a evitare attacchi strumentali in presenza di sentenze assolutorie».

Ma è davvero così scandalosa questa decisione contro cui la procura ha già dichiarato di voler presentare ricorso in Appello? Vediamo cosa scrivono i tre giudici (due donne e un uomo) nelle motivazioni di 96 pagine in cui analizzano la condotta del professore accusato da sette studentesse, difeso dai legali Augusto Trombetta e Isabella Giuffrida, e subito licenziato dalla struttura ospedaliera. Se è «certamente emersa la prova di un comportamento dell'imputato predatorio, ossessivo nei confronti delle studentesse che sceglieva come oggetto del suo desiderio sessuale» il tribunale comunque «deve distinguere caso per caso se i comportamenti sono sussumibili del reato contestato».

L’episodio che ha più suscitato l’incredulità è il seguente. Nell’ottobre 2024, in occasione del compleanno di una studentessa (A. L.), questa si trovava nell’ospedale universitario in compagnia dei suoi colleghi che stavano frequentando le lezioni. Nel momento in cui «era arrivata nel corridoio per recarsi dentro l'aula, veniva raggiunta dall'imputato, il quale la abbracciava da dietro e, nell'occasione, le appoggiava i palmi delle mani su entrambi i seni iniziando a darle dei baci sul viso per farle gli auguri di buon compleanno». Secondo quanto riferito dalla persona offesa ci sarebbe stato «un contatto tra le mani dell'imputato e una zona erogena, quale è il seno di una donna».

Il tribunale, tuttavia, analizzando il contesto complessivo dei fatti, non ha ritenuto raggiunta la prova al di là di ogni ragionevole dubbio. «La condotta descritta dalla parte civile, così come il contesto in cui si sono svolti i fatti, lascia permanere dei dubbi sulla effettiva invasione della sfera sessuale della vittima e sul dolo dell'imputato». Inoltre, il racconto ricevuto dall’ex fidanzato da parte di A.L., «non è stato così univoco, residuando il dubbio sulla volontarietà della condotta illecita». Resta possibile, invece, «attribuire all'episodio una lettura alternativa, ritenendo che l'imputato volesse trattenere A.L. che stava percorrendo il corridoio, appoggiandole le mani sulla parte superiore del petto e indurla a girarsi per farle gli auguri. Appare in effetti poco verosimile che l'imputato, volendo con gesto repentino procedere a palpare una zona erogena, si sia limitato a fare gli auguri alla persona offesa, non facendo alcun riferimento o allusione di tipo sessuale. Da quanto è emerso nel corso dell'istruttoria, peraltro, Torrisi era solito fare con le studentesse delle allusioni, dei corteggiamenti anche eccessivi».

A ciò si aggiunge il fatto che il professore, dopo questo e altri due episodi, era stato pure invitato al compleanno del ragazzo della presunta vittima, presso l’abitazione di quest’ultima. Concludendo su questa parte, spiegano i giudici: all’uomo «è contestata la violenza sessuale costrittiva, per aver costretto la persona a subìre atti sessuali». Ebbene «va chiarito come ciò che rilevi al fini dell’integrazione del fatto di reato di violenza sessuale costrittiva sia il dissenso della vittima». «Se manca il dissenso» «il fatto non sussiste». Nel caso di specie «non è emersa la prova di una manifestazione, anche tacita, di dissenso» da parte di A.L.. Un altro episodio riguardava quello che secondo una delle altre ragazze, N.M., sarebbe avvenuto al termine di un esame: il professore, mentre la ragazza si chinava per prendere il libretto universitario caduto a terra «giungendo da dietro, strofinava il proprio organo sessuale in erezione sul sedere della persona offesa».

La sentenza dà atto che il narrato della studentessa è inverosimile: «si tratta di un racconto, che così come narrato, presenta vizi di logicità» poiché «appare una condotta stravagante posta in essere da un soggetto che avrebbe dovuto agire accettando il rischio di fare scoppiare uno scandalo nell’università, giacché – nel contesto descritto dalla parte civile – era quasi inevitabile che il Torrisi fosse visto mentre si avvicinava repentinamente» alla ragazza «che si era appena chinata, per appoggiare il suo membro ai glutei della vittima». Per i tre magistrati «la dinamica, apparentemente inverosimile, avrebbe potuto tuttavia essere provata» se la descrizione da parte della studentessa fosse stata: «più analitica e dettagliata, supportata da elementi esterni». Inoltre appare «incrinata» la sua credibilità soggettiva in quanto «non appare logico» da parte della giovane donna scegliere nel 2012 quale relatore della sua tesi proprio Torrisi che secondo lei due anni prima avrebbe realizzato «una serie innumerevoli di avance a contenuto esplicitamente sessuale, tentativi di baciare in bocca la vittima, diversi strofinamenti del pene eretto». Infine, non può essere trascurata la valutazione più ampia che i giudici hanno espresso rispetto alla possibilità di una convergenza volontaria tra più persone offese.

Dalle risultanze dibattimentali — e in particolare dalle intercettazioni acquisite agli atti — emerge un quadro di relazione tra le parti civili, che ha portato le stesse a mettersi in contatto tra loro prima della presentazione dell’esposto. Il Tribunale ha infatti rilevato una forte malevolenza della parte civile nei confronti dell’imputato e una finalità esplicita di orientare le testimonianze in senso convergente. Si legge nella sentenza: «È evidente una captazione che dimostra la forte acrimonia della parte civile nei confronti dell’imputato, nei cui confronti si preoccupava non solo di denunciare i fatti a sua conoscenza, ma di fare convergere le altre colleghe con le loro dichiarazioni».