In aula oggi a Genova, nell'ambito del processo per il crollo di Ponte Morandi, anche la deposizione di Gianni Mion, per quasi 30 anni amministratore delegato di Edizione, "cassaforte" della famiglia Benetton e proprietaria di Autostrade.

«Eravamo impreparati a gestire la rete», ha dichiarato il manager audito come testimone. «In una riunione fra manager e dirigenti emersero dubbi sul fatto che il Ponte Morandi potesse rimanere in piedi, a causa di un grave difetto di progettazione. Io chiesi se c'era un ente terzo che certificasse la stabilità del viadotto, mi dissero che lo autocertificavamo... quella risposta mi terrorizzò…Castellucci (Giovanni, ex amministratore delegato di Autostrade per l'Italia, ndr) era presente e non disse nulla... Era un accentratore forsennato, si occupava di ogni dettaglio». 

Mion parla anche della riunione sul viadotto: «Si facevano periodiche riunioni, cosiddette di induction, con i management delle varie società controllate. Erano riunioni importantissime». Per Mion era riunioni «con limiti, ma sufficienti a dare visione completa. Il Polcecevera era importantissimo, collegava tre regioni. Ho un vivissimo ricordo, a quell'incontro parteciparono Castellucci e l'allora direttore generale Mollo di Aspi (Riccardo, imputato, ndr)». Del Morandi «emerse la specificità del progetto dell'ingegner Morandi, avevo capito che era molto originale e complicato. Io, che pure non sono tecnico, chiesi: c'è una certificazione di un agente esterno sulla percorribilità del Ponte?». Il pm in aula ha ricordato che interrogato dalla Finanza il manager disse che «i tecnici rivelarono che c'erano dubbi che quel ponte potesse stare su e la risposta fu "ce lo autocertifichiamo"». Mion ha confermato quelle dichiarazioni riferendosi all'ingegner Mollo: «Io purtroppo non replicai, ma ero preoccupato. Cosa vuol dire autocertificarsi? È una contraddizione in termini. Non condividevo, ma non dissi niente, è un mio rammarico».