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Nuovo round di colloqui in Turchia: Kiev apre sulla neutralità Ma l’accordo resta lontano. Lo scetticismo di Washington
Spiragli di pace sono arrivati ieri dalla Turchia, per la prima volta dall'inizio dell'invasione russa in Ucraina le delegazioni di Mosca e Kiev, riunite presso il Palazzo Dolmabahce, l'ufficio di Erdogan sulle rive del Bosforo, sono riuscite a discutere finalmente su basi concrete anche se molto rimane ancora avvolto nell'incertezza del futuro.
Per capire cosa è successo è giusto affidarsi alle dichiarazioni rilasciate al termine dei colloqui, durati un'ora e mezza, da parte del vice ministro della Difesa russa Alexander Fomin: «A causa del fatto che i negoziati per un accordo sulla neutralità dell'Ucraina e sullo status non nucleare e sulle garanzie di sicurezza stanno entrando in una fase pratica e tenendo conto dei principi discussi durante la riunione odierna, il Ministero della Difesa della Federazione Russa ha preso la decisione di ridurre drasticamente le operazioni di combattimento nelle aree di Kiev e Chernihiv al fine di rafforzare la fiducia reciproca e creare le condizioni necessarie per ulteriori negoziati e per la firma del suddetto accordo».
Nelle parole dell'alto funzionario russo emergono gli elementi fondamentali discussi. Sul tavolo l'Ucraina ha messo la sua neutralità. I negoziatori di Kiev, guidati da David Arahamiya, hanno proposto uno status che implica la non adesione ad alleanze militari ( cioè la Nato ndr.) e la non presenza di basi militari occidentali sul proprio territorio. Affinché questo accada l'Ucraina vuole un pool di paesi garanti della sua sicurezza. In verità le nazioni che dovrebbero assumere questo ruolo sono diverse a secondo delle dichiarazioni rilasciate.
Si parla di Polonia, Israele, Turchia e Canada anche se il consigliere e portavoce di Zelensky, Mykhailo Podolyak, ha parlato a sua volta di Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Germania e probabilmente Italia.
Successivamente è emerso come dovrebbero agire questi paesi, e in che misura, nel momento in cui fosse violato il territorio ucraino. Kiev vorrebbe qualcosa che somigliasse all'articolo 5 della Nato. Concretamente, almeno ad ascoltare gli esponenti ucraini: assistenza militare, forze armate, armamenti, cieli chiusi. Sul piatto anche la questione riguardante lo status della Crimea passata ai russi dopo un contestato referendum nel 2014, secondo le fonti internazionali presenti in Turchia, si dovrebbero tenere consultazioni su base quindicennale e decise esclusivamente da rapporti bilaterali escludendo, nel periodo tra un voto e l'altro, l'uso delle armi.
Le dichiarazioni di Fomin rappresentano dunque la risposta russa, il ritiro dalla zona di Kiev e Chernihiv non costituisce la fine dell'offensiva ma solo un segnale per continuare i colloqui in data da definire. Altro elemento che potrebbe far ben sperare però è il fatto che le proposte in discussione sono state redatte in forma scritta costituendo dunque documenti ufficiali. Da parte russa questi saranno sottoposti alla valutazione di Vladimir Putin.
Il padrone di casa, il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu, sebbene abbia espresso ottimismo, non ha nascosto che ' questioni più difficili' dovranno essere discusse in un secondo momento. A partire dalla sorte delle zone del Donbass, che Mosca ha occupato e considera propaggini del proprio territorio.
Fino ad ora Kiev ha sempre escluso cessioni di sovranità e si tratta di capire come e se questa vicenda entrerà nella negoziazione.
Inoltre l'Ucraina prima di poter firmare un ' qualsiasi accordo finale con la Russia' come affermato da Podolyak, ritiene ' necessario un referendum in Ucraina sui termini dell'accordo con la Russia'. Sullo sfondo poi un incontro tra Zelensky e Putin che Mosca non vede possibile prima di un'intesa tra il ministro degli Esteri ucraino Kuleba e il suo omologo Lavrov.
Il capo delegazione russo Medinsky ha affermato che ' i colloqui sono stati costruttivi' ottenendo anche la risposta a distanza del convitato di pietra americano che, per bocca del segretario di stato Blinken, ha mostrato tutto il suo scetticismo. Segno che la strada per una pace duratura è ancora lunga.
Se è vero che le truppe di Mosca si sono ritirate ( già da qualche giorno ndr.) in maniera significativa dai dintorni di Kiev, come segnalato anche dal pentagono, in altre zone si continua a combattere ferocemente. A Mariupol, ridotta a un cumulo di macerie, vi sarebbero ancora segnali di resistenza da parte dell’esercito ucraino. Ieri è stata la volta di Mykolaiv, la porta d'ingresso per Odessa, ad aver subito un attacco russo che avrebbe provocato almeno sette morti mentre le truppe di Mosca sarebbero in marcia verso la città.
E proprio ad Odessa sono state udite forti deflagrazioni segno che la città portuale rimane un obiettivo imprescindibile. Ad est, nella regione di Kharkiv, il governatore Oleg Synegubov ha comunicato che il territorio nelle ultime 24 ore ' è stato attaccato 46 volte e colpito da 280 colpi di lanciarazzi multipli Grad.
Le forze armate ucraine riescono a opporre resistenza. Dalle zone di Rogan, Chuguiv e Dergaci cerchiamo di respingere il nemico. Rimane critica la zona di Izyum'.