«Non ho alcun commento da fare. Non ho parole se non per dire chiaramente che siamo davanti a una vicenda pirandelliana in cui la giustizia è stata calpestata». Così si esprime l’avvocato Pietro Ivan Maravigna, del foro di Catania, al termine del giudizio abbreviato in cui il giudice ha rigettato tutte le accuse della pm nei confronti del suo assistito, assolvendolo con formula piena.

I fatti però non sono stati così lineari e hanno tenuto sulla graticola un imputato che ha vissuto per due anni un'odissea giudiziaria, caratterizzata da continui colpi di scena, da una diversa interpretazione dei fatti tra pm e gip, ma soprattutto da due procedimenti, quello penale e l’altro civile, che sono giunti a decisioni diametralmente opposte. Tutto comincia il mattino del 25 luglio 2020 in un paese alle porte di Catania, quando davanti ai carabinieri si presenta una signora che denuncia il marito per maltrattamenti, abusi sessuali verso di lei, ma soprattutto verso la figlia minorenne. I militari, sulla base anche di un dvd depositato dalla donna, in cui c’è la figlia che mima un atto sessuale, stilano un rapporto dal quale si evince che non vengono effettuate alcune indagini anche sui «vicini di casa della donna in quanto potrebbe essere compromettente per la sicurezza della signora, onde evitare di rendere edotto il marito prima di una eventuale misura di custodia cautelare a carico dello stesso». Quindi trasmettono il provvedimento alla procura «per le valutazioni in merito».

La denuncia finisce sul tavolo di una pm che, secondo il legale dell'assistito, non svolge accurate indagini, ma chiede al gip l’arresto dell’indagato. A questo punto avviene il primo atto della vicenda che l’avvocato definisce pirandelliana. Il gip infatti, lette le carte, rigetta la richiesta e rinvia gli atti alla pm sulla base di una presunta inesistenza del grave quadro indiziario. Ma nonostante questa decisione la pm chiude le indagini sulla base delle dichiarazioni della signora. E chiede il rinvio a giudizio del marito. A questo punto si verifica il secondo atto pirandelliano. Il provvedimento sarebbe infatti stato notificato al legale della ex moglie e non al marito e al suo avvocato. L’uomo viene avvisato di quanto sta avvenendo e sollecita il difensore di fiducia, ma preliminarmente non gli sarebbe stato nominato un difensore di ufficio, in violazione dell’articolo 415 bis. Nonostante ciò il procedimento va avanti e si va a processo, con il gup che rinvia a giudizio. Sono già trascorsi sei mesi dall’avvio della inchiesta. Nel frattempo, parallelamente, si mette in moto il procedimento in sede civile per la separazione dei coniugi. L’ex moglie, per ottenere un ordine di allontanamento dell’uomo dal tetto coniugale, espone le stesse prove presentate in sede penale. Il marito, però, a questo punto la denuncia per calunnia. Le carte finiscono sul tavolo di un pm che non è lo stesso del procedimento “madre”. Il nuovo pm esamina le carte, svolge le sue indagini e alla fine ritiene che l’uomo non abbia compiuto i fatti contestatigli e che la ex moglie sia, al contrario, una calunniatrice. Quindi emette l’avviso di chiusura indagine ritenendo la donna colpevole. La decisione del pm che ha trattato l’episodio scaturito dal procedimento civile arriva a metà del 2023, a poche settimane dall’avvio del processo sul primo filone di indagine a carico dell’ex marito.

A questo punto l’imputato nomina un nuovo legale, nella figura dell’avvocato Maravigna, che riguarda le carte e solleva un'eccezione di nullità per la violazione dell’articolo 415 bis non notificato all’imputato. Il tribunale, sulla base di questa richiesta, annulla tutto e restituisce il fascicolo nelle mani della pm, che insiste e chiede nuovamente il rinvio a giudizio dell’imputato. Prima di questo passaggio il legale chiede alla pm di essere sentito per chiarire molti punti e anche la diversa interpretazione tra lei e la pm del procedimento per calunnia. Inoltre l’avvocato chiede anche di sentire alcuni testi che potrebbero demolire il castello di accuse della ex moglie. La pm però procede. A questo punto il legale chiede il giudizio abbreviato e finalmente, nell’aprile del 2024 arriva la sentenza. Con un’assoluzione piena, perché il fatto non sussiste.