PHOTO
Gli animali ci fanno compagnia e vivono con noi. Anche per questo il quadro normativo è mutato nel corso degli anni, determinando un diverso approccio alle situazioni. Inoltre, per alcune categorie di animali non si parla più di acquisto ma di “adozione”. «Gli animali da compagnia o domestici o d’affezione – dice al Dubbio l’avvocata Cinzia Lupinetti del Foro di Imperia -, pensiamo ai cani e a i gatti, per caratteristiche e presenza sia nella vita comunitaria che nei social network, sono, senza dubbio, considerati parte integrante della quotidianità nell’ambito delle famiglie, unipersonale o tradizionale o allargata, delle città, dei paesi, dei trasporti, del lavoro. Conseguentemente è sempre più sentita la necessità di stabilire regole di comportamento in ordine alla gestione e conduzione degli animali. Un animale, nell’ambito della famiglia e della società, è un veicolo per socializzare. Spinge le persone a camminare, quindi, a fare movimento, ad ammalarsi meno e a diminuire il carico sanitario. Responsabilizza adulti e bambini. Offre momenti di gioco, allegria ed affetto ai propri amici umani».
A riprova del mutato approccio una domanda sorge spontanea: l’animale è un bene o un soggetto di diritti? «Nel nostro Codice civile l’animale – commenta Lupinetti -, non essendo considerato un umano, è un mero oggetto del diritto. Una parte della giurisprudenza di merito, tuttavia, attraverso un’interpretazione evolutiva ed orientata delle norme in vigore, afferma, sempre più spesso, che l’animale non possa essere più collocato nella categoria delle mere cose, ma debba essere riconosciuto, se non soggetto di diritti, quanto meno un essere senziente, dotato di sensi e di sensibilità, dando così vita ad un nuovo bene giuridico meritevole di tutela ovvero il cosiddetto “sentimento per gli animali”».
Un contesto dal quale derivano risvolti pratici con conseguenze sulla vita di tutti i giorni. «Chi adotta un animale – aggiunge l’avvocata Lupinetti -, soprattutto se si tratta di un cane, è opportuno che stipuli un’assicurazione avente un massimale adeguato al tipo di animale adottato, per far fronte all’eventuale richiesta del risarcimento di tutti i danni, si pensi al danno non patrimoniale, per esempio quello biologico, e ai danni patrimoniali, eventualmente causati dal proprio compagno a quattro zampe nei confronti di un soggetto o di un altro animale o cose. La casistica è di vario tipo. Si pensi ad un cane che uccide e o morde una persona perché, ad esempio, anche soltanto giocando, la fa cadere a terra. Oppure uccide o ferisce un altro animale. Si pensi ai casi di uccisione e o ferimento di altri cani, ovvero gatti o pecore o altri animali al pascolo. Chi ha in adozione un cane dovrebbe, tra gli altri obblighi, assicurarsi sempre della legittima provenienza. Conoscere la categoria di appartenenza, pericoloso o non pericoloso, anche ai fini di partecipare ai corsi formativi per il conseguimento del patentino. Ricordiamo inoltre l’animale non può essere ucciso, non può essere abbandonato o maltrattato».
L’avvocata Roberta Farina del Foro di Cagliari ogni giorno affronta casi in materia di diritto degli animali. «Mi occupo principalmente di diritto civile – spiega -, il penale lo seguo limitatamente alle ipotesi di traffico illegale di cuccioli o di specie animali protette. Purtroppo, lavoro quotidianamente con una insofferenza legata all’applicazione di una normativa codicistica risalente, che considera ancora l’animale come una res, come un oggetto, e questo aspetto, legato all’utilizzo di forme di tutela limitate, non porta piena soddisfazione ai clienti che confidano di poter ricevere per i propri animali la medesima forma di tutela riservata dalla legge alle persone. L’aspetto positivo che riscontro è che nonostante il diritto privato sia ancorato a questa rigida classificazione dell’animale come res, a livello giurisprudenziale si assiste sempre più alla esigenza di superare questo criterio di equivalenza dando rilievo alla più consona e mutata percezione che la collettività ha degli animali e del loro rapporto con l’uomo».
Un legame che esiste da sempre. «La storia degli animali – aggiunge l’avvocata Farina - è prima di tutto la storia del rapporto che gli stessi hanno con l’uomo. In origine era fondamentalmente utilitaristico poi si è evoluto, modificato, trasformato, fino a diventare ai giorni nostri un rapporto che permea e orienta la vita quotidiana in tanti aspetti. L’animale è visto come un membro della famiglia e la sua presenza assume valenza terapeutica, riabilitativa, educativa e al tempo stesso rappresenta anche un valido ausilio psicologico alla risoluzione di problemi esistenziali o colma carenze affettive legate anche ad una società dove la vita è sempre più frenetica e i rapporti sociali sono sempre più difficili. In quest’ottica di convivenza con l’uomo, è impossibile non prendere in considerazione l’evoluzione che ha subito il diritto degli animali. Da una esigenza embrionale di regolamentare giuridicamente alcuni aspetti legati alla convivenza con gli animali il diritto si è spinto fino ad arrivare alla necessità di individuare soluzioni giuridiche mirate alla salvaguardia e all’individuazione dei diritti degli animali».
Secondo Roberta Farina, il legislatore dovrebbe fare uno sforzo maggiore per garantire agli animali una adeguata considerazione e dignità giuridica. «Sulla base della situazione normativa esistente – aggiunge -, che indubbiamente necessita di un importante intervento di revisione, in attesa dell’approvazione delle leggi primarie attuative del novellato articolo 9 della Costituzione, la normativa italiana, come quella di altri ordinamenti giuridici, se da un lato riconosce gli animali come esseri senzienti, dall’altro considera l’animale come cosa, come una res, animata, ma pur sempre res, priva della capacità giuridica che l’ordinamento riserva alle persone fisiche e giuridiche. Pertanto, allo stato, gli animali sono beneficiari della tutela prevista dal diritto, ma non sono titolari del diritto alla tutela giuridica. E il principale ostacolo al riconoscimento di diritti giuridicamente rilevanti in capo agli animali sembra quello determinato dalla possibilità pratica e concreta di far valere giuridicamente le pretese connesse, storicamente collegate al concetto di persona fisica. Una proclamazione dei diritti degli animali anche a livello costituzionale, in un’ottica pragmatica, ancorata alla realtà fattuale, non produce alcun effetto, se non quello di un riconoscimento simbolico dei diritti degli animali, impossibile da attuare in via autonoma e diretta per l’incapacità degli animali di agire in 'prima persona” per la tutela dei loro diritti».