INIZIANO GLI INCONTRI TRA IL PREMIER E I PARTITI DI MAGGIORANZA. IERI DEM E MOVIMENTO, OGGI TOCCA A RENZI

I democrat avrebbero chiesto il ministero del Lavoro e i 5Stelle il Viminale Entrambi in pressing su Conte per ottenere due poltrone da vicepremier

La partita politica, di quelle in cui tutti fanno il proprio gioco, cercano vantaggi, corrono sul filo della tattica senza alcuna vera strategia in mente e spesso raccontano il contrario di quello a cui davvero mirano. Conte ha iniziato le sue ' consultazioni', partendo dai capigruppo ma anche, all’ultimo momento, dai leader. Il premier avrebbe preferito vederli uno per volta ma si è reso conto di dover accelerare per arrivare con le idee chiare sulle posizioni di ciascuno al summit dei leader che prima o poi, e non tra molti giorni, dovrà esserci. A quanto pare i dem hanno chiesto il ministero del lavoro, i 5Stelle il Viminale ed entrambi la sedia da vicepremier. In ogni caso Conte gioca su due tavoli e ha due obiettivi: sul fronte della task force limitare al massimo le modifiche, che pur sa necessarie, al suo modello. Su quello del rimpasto, ritoccare sì la squadra, ma senza concedere nulla, o concedendo il meno possibile, quanto a potere reale. Sa di avere alle spalle il capo dello Stato, che agita la minaccia delle elezioni.

DELGADO, PULETTI, VAZZANA LA PARTITA PIÙ LUNGA DI CONTE

Amodo suo è una classica partita politica, di quelle in cui tutti fanno il proprio gioco, cercano vantaggi, corrono sul filo della tattica senza alcuna vera strategia in mente e spesso raccontano il contrario di quello a cui davvero mirano. Conte ha iniziato le sue ' consultazioni', partendo dai capigruppo ma anche, all’ultimo momento, dai leader. Il premier avrebbe preferito vederli uno per volta ma si è reso conto di dover accelerare per arrivare con le idee chiare sulle posizioni di ciascuno al summit dei leader che prima o poi, e non tra molti giorni, dovrà esserci. A quanto pare i dem hanno chiesto il ministero del lavoro, i 5Stelle il Viminale ed entrambi la sedia da vicepremier. In ogni caso Conte gioca su due tavoli e ha due obiettivi: sul fronte della task force limitare al massimo le modifiche, che pur sa necessarie, al suo modello.

Su quello del rimpasto, ritoccare sì la squadra, ma senza concedere nulla, o concedendo il meno possibile, quanto a potere reale. Sa di avere alle spalle il capo dello Stato, che agita la minaccia delle elezioni anticipate proprio per blindare questo governo. Sa anche di dover evitare a ogni costo che i suoi nemici all'interno della maggioranza, i tre leader principali, si accordino perché in questo caso non avrebbe più scampo.

Renzi, l'arcinemico, ha un obiettivo principale, eliminare Conte e arrivare a un nuovo governo, che al momento non appare neppure vagamente all'orizzonte. Il capo di Iv è però convinto che, dopo la crisi, un'alternativa si materializzerebbe immediatamente. Non è affatto detto che abbia torto. Dunque tira la corda su un tema sul quale sa che gli alleati sono sensibili anche se non lo confessano, quello della governance dei fondi europei, che implica in realtà il tema più generale dei poteri del premier e della centralità di palazzo Chigi. Il Pd si sente preso tra due fuochi.

Mira a ridimensionare Conte ma non vuole apparire come complice e come trascinato da Renzi. Quindi è disposto a concedere molto, anche se non tutto, sul piano della governance del Recovery ma insiste per un ' cambio di passo' non meglio identificato, che si riduce in realtà a un rimpastone che allarghi di molto il suo peso nel governo. Di Maio è a propria volta stanco di Conte ma ancora non ha una presa sufficiente sul Movimento che ha appena riconquistato per uscire allo scoperto. Tanto più che per buona parte dei 5S Conte è intoccabile. Dunque aspetta gli eventi senza scoprirsi. LeU infine fa muro intorno a Conte, nella consapevolezza che ogni nuovo equilibrio andrebbe a svantaggio se non del proprio peso nel governo, certo della sua impostazione politica. Senza contare il progetto, ancora vago ma esistente, di costruire per le prossime elezioni un soggetto politico, o almeno elettorale, proprio con Conte. Con gli alleati/ avversari così divisi e con le spalle coperte dalla minaccia di voto anticipato del Colle, ripresa e amplificata ora anche dal Pd, il premier vede la possibilità di uscire dalla crisi pagando il prezzo più basso possibile. Rivendendo i poteri della sua task force più sulla carta che nel concreto.

Concedendo al Pd più peso ma senza revocare in dubbio la sua assoluta centralità.

Costringendo Renzi ad accontentarsi di qualche postazione centrale in più.

E' un gioco doppiamene pericoloso. Prima di tutto perché Renzi potrebbe non accontentarsi e forzare comunque verso la crisi, tanto più dopo che Salvini, con le sue pur goffe aperture, ha fatto balenare la possibilità di un governo di unità nazionale, pur senza FdI e forse senza i 5S. Sul fronte del Pd i pericoli sono minori. Dopo aver fatto muro contro la crisi come massima catastrofe possibile, difficilmente il Pd potrebbe cambiare posizione di fronte a un rifiuto di Conte di rivedere radicalmente la squadra.

Ma c'è davvero un secondo pericolo, meno vistoso, forse più subdolo e minaccioso. Il ' cambio di passo' reclamato dal Pd è una formula vuota soprattutto perché questo governo non può che procedere a questo passo. E' un'utilitaria, non una macchina da corsa. Il problema può restare nascosto sino a che si discute di posti e crisi, come sempre in casi come questi. Ma è destinato a emergere sempre di più se Conte riuscirà a uscir quasi indenne da questa tempesta tutta interna alle logiche della politica di palazzo. Di qui a pochi mesi, o a poche settimane, i partiti di maggioranza, e soprattutto il Pd dovranno decidersi per forza a fare i conti con questa realtà.