L’AMMISSIONE

«L'Ucraina si rende conto che non è nella Nato. Abbiamo sentito per anni parlare di porte aperte, ma abbiamo anche sentito dire che non possiamo entrarci, e dobbiamo riconoscerlo». Lo ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky nel suo discorso online alla Joint Expeditionary Force di Londra, citato dall'agenzia Unian. Una posizione che apre scenari nuovi nel conflitto tra Russia e Ucraina.

Anche se poi ci pensa il leader russo, Vladimir Putin, a raffreddare gli animi: «L'Ucraina non è seria nel voler trovare una soluzione mutualmente accettabile». Zelensky ammette «Non possiamo più entrare nella Nato»

L’aviazione russa bombarda i quartieri di Kiev dove il sindaco impone 36 ore di coprifuoco

«L'Ucraina si rende conto che non è nella Nato. Abbiamo sentito per anni parlare di porte aperte, ma abbiamo anche sentito dire che non possiamo entrarci, e dobbiamo riconoscerlo». Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha rilasciato questa dichiarazione ieri attraverso diverse piattaforme on line. Parole che hanno lasciato il campo a più di un'interpretazione. Forse la presa d'atto che l'Alleanza Atlantica mai interverrà in un conflitto il cui allargamento potrebbe aprire scenari da incubo o forse un messaggio lasciato cadere sulla ripresa del negoziato tra Mosca e Kiev che è ripreso intorno a mezzogiorno dopo una pausa tecnica, o meglio, è stato sospeso in una situazione di stallo.

Le posizioni infatti sono rimaste invariate, cessate il fuoco e ritiro delle truppe russe per gli ucraini, neutralità, e riconoscimento delle repubbliche del Donbass insieme all'annessione della Crimea per i russi. L'ammissione di Zelensky dunque potrebbe essere vista proprio come un'apertura rispetto alla questione della neutralità che lo stesso ministro degli esteri russo Lavrov aveva indicato 24 ore prima come base per una possibile discussione.

E' comunque difficile capire le reali intenzioni del presidente ucraino e men che meno quelle dei russi, visto che in un colloquio con il presidente del Consiglio Ue Michel, Putin ha definito gli ucraini ' poco seri'. Zelensky intanto, parlando in video collegamento da Kiev con i leader dei Paesi nordici e baltici della Joint Expeditionary Force, radunati a Londra, è tornato a criticare il non sufficiente invio di armi. Le forniture che ci mandate ' in una settimana ci durano per 20 ore', per questo siamo costretti a ' riutilizzare gli equipaggiamenti sottratti ai russi'.

Il riferimento in realtà non è stato tanto alla quantità quanto al tipo di armamenti e cioè dispositivi anti aerei e anti missile. I mezzi che Mosca sta usando per piegare non solo la resistenza dell'esercito ucraino ma anche il morale della popolazione delle città. Kiev infatti anche ieri, nel ventesimo giorno di guerra, si è svegliata con il suono delle sirene e i boati delle bombe che sono piovute su alcune zone residenziali. Gli attacchi russi infatti hanno colpito una stazione della metropolitana e edifici abitati uccidendo quattro persone.

Una situazione che ha costretto il sindaco della capitale ucraina, Vitali Klitschko, a proclamare un coprifuoco di 35 ore avvertendo la popolazione che ' è un momento difficile e pericoloso'. la guerra infatti si sta avvicinando sempre di più a Kiev come dimostra il tentativo russo di sfondare le linee a nord della città nel sobborgo di Irpin. Ma si combatte anche a sud, a Mykolaev, così come a Kharkiv, mentre fonti militari russe hanno dichiarato che l'intera regione di Kherson è completamente sotto il loro controllo. Anche nelle repubbliche del Donbass la violenza è tornata a farsi sentire, dopo la strage di Donetsk di due giorni fa ieri è stata la volta di Lugansk dove non sono stati risparmiate scuole e ospedali con l'inevitabile corollario di vittime.

In Ucraina si combatte anche un'altra battaglia che è quella che affrontano ogni giorno le popolazioni che tentano di fuggire dalle città assediate. Ufficialmente i corridoi umanitari sono nove ma non c'è nessuna strada sicura, un piccolo progresso è stato fatto a Mariupol da cui sono riuscite a uscire almeno 2mila auto private, una goccia nel mare per un centro urbano che conta 350mila abitanti. E' difficile capire poi la reale entità delle vittime civili, secondo fonti ucraine sarebbero 2357 anche se l'Onu ha reso noto un bilancio fermo a poco più di 600 persone uccise nei raid. Dal conto mancano i caduti militari il cui numero reale non è certo date le contrapposte propagande di guerra. Le vittime certe però sono due e sono giornalisti, dopo la morte del reporter statunitense Brent Renaud ieri è stato confermato che è caduto anche il cameraman di Fox News Pierre Zakrzewski, tutti e due falciati dalle raffiche poco fuori Kiev.

Ma ieri è stato anche il giorno di un viaggio che in sede europea ha lasciato più di qualche perplessità. I premier di Polonia, Repubblica Ceca e Slovenia sono partiti alla volta di Kiev, in treno, per ribadire il sostegno del Consiglio Europeo all'Ucraina. I tre dunque avrebbero un mandato ufficiale creando però più di qualche imbarazzo visto che il viaggio era stato altamente sconsigliato da Bruxelles per la sua pericolosità. Segnali che la compattezza europea comincia ad essere non così granitica così come quella della Nato visto che si tratta dei leader di paesi non così netti nell'escludere una no fly zone. A Mosca invece, dopo che se ne erano perse le tracce, è riapparsa, questa volta in tribunale, la giornalista Marina Ovsjannikova, protagonista di una clamorosa protesta contro la propaganda russa sulla guerra durante il tg serale di massimo ascolto di Channel. Secondo le leggi varate da poco avrebbe rischiato fino a 15 anni di carcere ma è stata multata e rilasciata.