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Contrordine: la Lega non ci sta. O meglio: Andrea Ostellari, sottosegretario alla Giustizia e primissima linea, sull’esecuzione penale, non solo del governo ma anche del Carroccio, dice che «il sovraffollamento non si risolve con gli svuotacarceri». Lo fa dopo che prima la Stampa e poi il Dubbio hanno dato notizia della disponibilità, da parte dell’Esecutivo, a lasciar arrivare al traguardo la proposta di legge presentata da Roberto Giachetti.
Un testo in due articoli (classificato come “Atto Camera 552”) già incardinato, lo scorso 27 gennaio, in commissione Giustizia alla Camera, proprio grazie alla disponibilità del centrodestra. Ostellari rilancia la palla nell’altro campo con una giocata che non lascerebbe presagire granché di buono: «La sinistra pensa agli sconti, noi abbiamo un’idea diversa (e quel “noi” naturalmente è riferibile innanzitutto al sottosegretario e al suo partito, nda): garantire opportunità di rieducazione, nel rispetto della dignità di ciascuno, ma senza inutili premi».
Eppure il gelo di Ostellari non coincide con le reali intenzioni del governo. Oltretutto, dire che è «la sinistra» a volere lo «svuotacarceri» non è appropriato: la legge è firmata, come detto, da Giachetti, segretario d’Aula a Montecitorio e deputato della centrista Italia viva. E a studiare la meccanica della nuova “liberazione anticipata”, è stata, con il parlamentare renziano di scuola radicale, Rita Bernardini, presidente di Nessuno tocchi Caino ed erede della tradizione pannelliana. Il Pd e si è limitato ad appoggiare la richiesta, avanzata da Giachetti, di assicurare alla proposta la procedura d’urgenza: sollecitazione che ha poi portato, col consenso della maggioranza, all’avvio dell’esame in commissione Giustizia. Già la settimana prossima si definirà il calendario delle audizioni.
Il punto casomai è che, come spiega un parlamentare di centrodestra, «noi, come coalizione di governo, non possiamo intestarci una legge del genere: dovrà rimanere una proposta d’opposizione, alla quale si garantiranno i numeri perché arrivi al traguardo, ma senza che vi sia alcun nostro contributo diretto, neppure sotto forma di emendamenti». La procedura parlamentare dovrebbe contemplare una disponibilità del governo a esprimere, già in commissione, parere favorevole sui due articoli della legge a patto che i relatori, ossia lo stesso Giachetti e la capogruppo Giustizia di FdI Carolina Varchi, riformulino il testo. E la versione “passabile” (per l’Esecutivo) è già stata individuata, almeno riguardo al cuore della proposta: no alla liberazione anticipata speciale, cioè applicabile a fronte dell’emergenza sovraffollamento, che comporterebbe, in base al testo di Giachetti e Bernardini, un abbuono di 75 giorni ogni 6 mesi; sì invece all’innalzamento da 45 a 60 giorni della liberazione anticipata ordinaria, tuttora in vigore, e sul cui ampliamento si è già detto disponibile, lunedì scorso, l’altro sottosegretario alla Giustizia, il meloniano Andrea Delmastro.
In realtà, fa notare la fonte di maggioranza, «l’efficacia reale della legge rischia di perdersi, se le istanze che i detenuti presenteranno per ottenere i 15 giorni di sconto in più ogni 6 mesi finiranno per accumularsi sulle scrivanie dei giudici di sorveglianza. Loro, Giachetti e Bernardini, chiedono di affidare l’esame delle domande ai direttori delle carceri, ma la Consulta ha già bocciato scorciatoie simili». Ma qui è Bernardini, interpellata da Dubbio, a spiegare: «C’è una soluzione che è già stata proposta dalla commissione Ruotolo, istituita da Marta Cartabia, e che è sostenuta anche dalla autorevole presidente di un Tribunale di Sorveglianza, Silvia Dominioni di Bari: affidare al pm titolare dell’esecuzione, anziché ai Tribunali, il calcolo del maggior sconto di pena, i 30 giorni l’anno in più da riconoscere a tutti i detenuti che, dal 2016, hanno già fatto domanda per la riduzione di 45 giorni, e che hanno mantenuto la buona condotta. Si attiverebbe un automatismo in grado di liberare in poco tempo migliaia di detenuti».
Esattamente quanti? Bernardini spiega: «Il calcolo è semplice. Intanto il maggior sconto, 60 giorni, anziché 45, ogni 6 mesi, deve avere efficacia dal 1° gennaio 2016. In tal modo, in 8 anni maturerebbe, per molti, una riduzione di pena pari a 240 giorni, cioè 8 mesi. Considerato che i condannati con residuo di pena inferiore a un anno sono 7.000, se a questi togli 240 giorni in un sol colpo, ne esce oltre la metà». Sui 7.000 con un anno ancora da scontare, potrebbero lasciare la cella anche 5.000 detenuti. «Sarebbe un buon passo avanti», dice Bernardini.
Ostellari obietta, nella dichiarazione di ieri, che i «premi» sono «inutili», perché «chi esce oggi senza aver aderito a un percorso trattamentale, domani rientrerà nel circuito penale». Ma come ricorda Berardini, i principali destinatari della proposta sua e di Giachetti hanno già alle spalle anni di detenzione, ed evidentemente un percorso trattamentale l’hanno seguito. Riguardo all’osservazione del sottosegretario leghista secondo cui «molti detenuti si tolgono la vita in prossimità del fine pena», è giusto migliorare la «prospettiva» di «rientro», come auspica Ostellari. Ma per farlo, vanno intanto decongestionate le carceri: altrimenti, il numero di educatori, rispetto alla popolazione detenuta, sarà sempre inadeguato, e incapace di assicurare proprio la formazione e l’avviamento al lavoro a cui guarda il Carroccio.