Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, prende di petto la vicenda della fuga di sette detenuti – quattro dei quali rientrati - dal carcere minorile di Milano “Cesare Beccaria”. Lo fa con un impegno preciso rispetto alle misure programmate a da programmare nel futuro prossimo. Il tema più importante, che ha suscitato perplessità e preoccupazioni all’indomani dei fatti di Natale, riguarda la figura del direttore dell’istituto.

Su questo il guardasigilli è chiaro. «Nei prossimi mesi – dice Nordio - finalmente anche il Beccaria avrà un direttore a tempo pieno: dopo venticinque anni dall’ultimo concorso, stanno terminando la formazione i 57 nuovi direttori di carceri entrati a settembre. Ed è stato creato anche un ruolo specifico per i dirigenti penitenziari della giustizia minorile. Stanno poi per essere coperti i vuoti di organico della dirigenza penitenziaria di esecuzione penale esterna, visto che i nuovi assunti stanno terminando la formazione. Inoltre, le mille assunzioni ottenute per la polizia penitenziaria avranno riflessi positivi anche per gli istituti minorili».
Nordio, segue “con preoccupazione” gli sviluppi della situazione venutasi a creare. «Quanto successo nel carcere Beccaria di Milano – prosegue - è l’ultima spia di un crescente e allarmante disagio giovanile, di cui tutti, ciascuno nel proprio ruolo, siamo chiamati ad occuparci. Confido che gli interventi, attuati e programmati da parte del ministero, possano contribuire a creare le migliori condizioni possibili, perché non tornino più a delinquere i ragazzi ospiti degli istituti penali minorili. Ho chiesto subito al sottosegretario Andrea Ostellari di verificare di persona la situazione dell’istituto, dove immediatamente sono andati anche i vertici del Dipartimento della giustizia minorile e di comunità».
Il responsabile di via Arenula interviene pure sul fronte dell’edilizia. «Oltre alla recente ripresa dei lavori proprio al Beccaria – evidenzia -, presto sarà pronto il nuovo istituto di Rovigo ed è stata poi recentemente ristrutturata una palazzina a Castel Marmo». Oltre a questi interventi, il ministro Nordio rivolge l’attenzione sulla «giustizia riparativa, che dà ottimi risultati per i minori e sui tantissimi protocolli messi a punto dal Ministero, per prenderci cura nei modi più efficaci possibili dei ragazzi entrati nei circuiti penali».
L’evasione di Natale induce il guardasigilli a riflettere su un aspetto considerato, comunque, “positivo” e sulla necessità di coinvolgere contemporaneamente più istituzioni per fronteggiare i fenomeni di devianza giovanile. Da qui l’esigenza di programmare una serie di interventi nell’immediato. «Trovo significativo – commenta il ministro Nordio - che i familiari di almeno un ragazzo scappato l’abbiano spinto a costituirsi: è anche un segno di fiducia nelle nostre istituzioni e nei nostri validissimi operatori. Da qui dobbiamo riprendere il nostro lavoro. Come ho detto già in altre occasioni, il contrasto alla devianza giovanile chiama in causa le istituzioni della giustizia, ma anche della scuola, della salute, della cultura, insieme al mondo dell’associazionismo e del terzo settore. È mia intenzione proporre il prima possibile l’istituzione di un tavolo interministeriale, che coinvolga tutte le istituzioni e il terzo settore, per continuare ad osservare in modo costante il fenomeno della devianza giovanile e individuare soluzioni efficaci anche in termini di prevenzione».
Sulla fuga di Natale dal Beccaria interviene il presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Milano, Vinicio Nardo. «Il carcere – afferma - è un’istituzione troppo ignorata per poter essere efficiente. La risposta dello Stato, se fatta unicamente di muri e di chiavi, rimarrà il problema da risolvere». Secondo l’avvocato Nardo, la questione carceraria, compresa quella minorile, andrebbe affrontata con un approccio nuovo. «Se l’evasione da un carcere fa sempre rumore – sostiene il presidente del Coa meneghino -, con quella dal Beccaria di Milano siamo al parossismo delle suggestioni: per i lavori perennemente in corso, per la sorveglianza allentata, per la fuga di massa, per lo scombussolamento di chi è rimasto recluso. Il carcere è un contenitore troppo piccolo per tenere dentro così tante pulsioni e così grandi. Ed è un’istituzione troppo ignorata, quasi rimossa, dalla collettività per poter essere efficiente. È un mito da sfatare che l’efficacia della risposta al crimine, specie quello giovanile, specie quello non “di sangue”, possa misurarsi in metri di altezza dei muri perimetrali o in chili di chiavi alla cintola delle guardie. Sette ragazzi in fuga non sono un grande problema; la lunga vita che hanno davanti consiglierà a loro e ai loro familiari di rientrare. La risposta dello Stato, invece, se fatta unicamente di muri e di chiavi, quella sì rimarrà il problema da risolvere».