È il tema dei temi: il carcere. Non perché gli altri dossier della giustizia non abbiano peso, ma perché il carcere è stato fin dall’inizio il punto di frizione più acuto fra Carlo Nordio e la sua maggioranza. Nell’intervento pronunciato un paio di settimane fa alla London School of Economics, il guardasigilli ha detto: «I detenuti non sono tutti uguali» e «la detenzione di un tossicodipendente non può essere assimilata a quella di un rapinatore a mano armata di o di un mafioso».

Di fatto, un prologo dell’intervista alla Stampa con cui lunedì scorso il sottosegretario di FdI Andrea Delmastro ha rilanciato il progetto di assegnare alle comunità di recupero i condannati con problemi di droga, in modo da ridurre drasticamente il sovraffollamento. E insomma, al ministero della Giustizia Nordio e Fratelli d’Italia sono alleati su una soluzione che può seriamente ridurre la sofferenza nelle carceri. Trovano un punto d’incontro sulla questione che, in teoria, più li allontana. E lasciano la Lega isolata.

Perché l’altro sottosegretario alla Giustizia, Andrea Ostellari, prima fila del Carroccio, la pensa in modo completamente diverso rispetto a Delmastro: «Non si può arrivare a un «liberi tutti», dice, alla «logica per cui se sei assuntore di sostanze non sconti la condanna che ti meriti». Sarebbe «pericoloso», per Ostellari, perché «chi sbaglia deve poter rimediare, e curarsi se necessario, ma senza alibi». Un no netto, chiaro. Che può aprire un problema nuovo nella maggioranza. Ma che rivela un volta di più l’interesse della Lega a smarcarsi, e ad assumere le vesti della forza più intransigente, più di Fratelli d’Italia. Calcolo elettorale? Di sicuro è una scelta identitaria.

Certo, il partito di Matteo Salvini punta a recuperare gli spazi perduti a destra a vantaggio di Giorgia Meloni. Ma ciò che conta è come la frattura Delmastro-Ostellari sull’assegnazione dei tossicodipendenti alle comunità anziché alle carceri rappresenti una svolta politica da ogni punto di vista. Conferma la ridefinizione di Fratelli d’Italia come partito di destra che vuole assumersi la responsabilità di essere anche un grande partito conservatore di governo. Con la rinuncia a posizioni dettate dalla ricerca del consenso più che dalle esigenze concrete. Mentre la Lega fa pesare di più la volontà di «contrastare quei fenomeni criminosi che spaventano i cittadini», come dice il deputato salviniano Jacopo Morrone.
Nordio a Londra è stato chiaro: i condannati con tossicodipendenze «meritano un trattamento differenziato», basato sulla «rieducazione», sul «reinserimento nel mondo del lavoro» e affrancato dalla «visione carcerocentrica della risposta penale». Ed è notevole come tale concetto, che si potrebbe considerare quasi un’esclusiva di Nordio rispetto a buona parte della maggioranza, riesca ora a mettere d’accordo il guardasigilli con Fratelli d’Italia. Secondo il ministro della Giustizia va interrotto un circolo vizioso che parte del costo degli stupefacenti: «Pochissimi possono spendere 3-400 euro al giorno per procurarseli, altri spacciano a loro volta o rubano per poterli comprare».

C’è insomma una gran parte della popolazione carceraria che «ruota attorno all’assunzione delle sostanze», e se si riuscisse a incidere «non solo con la pena ma anche con la rieducazione psicofisica del tossicodipendente, si ridurrebbe il problema in radice».
Argomenti seri. Che però, come si è visto, non entusiasmano affatto Ostellari. Al quale peraltro compete una parte della delega al settore penitenziario, sdoppiata fra lui e Delmastro. Il sottosegretario leghista ha una netta predilezione per la via alternativa del lavoro in cella: «L’80% dei detenuti, dopo aver scontato la pena guardando il soffitto, torna a delinquere. Chi ha imparato un lavoro, nel 98% dei casi esce dai circuiti criminali. Ripartiamo da qui per trasformare le carceri in luoghi di rieducazione e di cura, nel pieno rispetto del dettato costituzionale». È la visione appartenuta ad Alfonso Bonafede. La condivide anche l’altro leghista, Morrone segretario della commissione Giustizia di Montecitorio: ribadisce alle agenzie le posizioni già espresse sul Dubbio, in particolare la preferenza per la «pianificazione e la riorganizzazione dell’edilizia penitenziaria», visto che, dichiara, il sovraffollamento «non si risolve solo con la riduzione dei detenuti o la depenalizzazione di certi reati».

Sembra un’idea debole. Innanzitutto perché più costosa. Morrone peraltro raffredda l’ipotesi Nordio-Delmastro anche col richiamo a quelle norme già in vigore che consentono di «espiare la pena fuori dal carcere» per i condannato con tossicodipendenze «autori di reati di minore gravità». Discorso condiviso da una voce un po’ a sé stante tra i forzisti, Maurizio Gasparri: il senatore ex An evoca a propria volta le norme che già oggi prevedono di poter «scontare la pena agli arresti domiciliari presso una comunità» per condanne fino a 6 anni. Gasparri riconosce d’altronde che il punto è «sostenere le comunità terapeutiche: se non si moltiplicano i luoghi qualificati, ci sarà poco da fare». Ma in realtà è proprio questa la sostanza del progetto esposto da Delmastro, e sul quale gli uffici di Nordio sono già al lavoro: pianificare con le Regioni un rafforzamento delle strutture di recupero. Oltre a estendere, sul piano del diritto penale, il ricorso alla disintossicazione come alternativa al carcere.
Ai sindacati, la soluzione Nordio-Delmastro piace. Il Consipe, per esempio, ne parla come di una «questione di civiltà». Decongestionare i penitenziari senza una vera e propria depenalizzazione o un ritorno alla mai attuata riforma Orlando: sarà un controsenso, ma sul piano politico è una sintesi efficace. Si vedrà. Di certo il vecchio schema con Nordio da una parte e FdI e Lega dall’altra è saltato.