«Tossicomani in comunità: così svuotiamo le carceri»: in una intervista al Messaggero il sottosegretario alla giustizia di Fratelli D’Italia, Andrea Delmastro delle Vedove, ha spiegato la sua proposta per combattere il sovraffollamento penitenziario. Come ricorda il parlamentare, secondo i dati di febbraio a fronte di una capienza di 51285 posti, i detenuti sono 56319. E allora che fare? «Dobbiamo comprendere che per un tossicodipendente che ha commesso reati legati all’approvvigionamento economico per procurarsi la droga – ha spiegato nell’intervista - il fine rieducativo della pena non sta nel fatto che conosca a memoria la Costituzione o abbia partecipato ad un ottimo corso di ceramica. La priorità per loro è la disintossicazione. Per questo sto lavorando ad un provvedimento che immagina di coinvolgere il terzo settore, quelle comunità chiuse in stile Muccioli (San Patrignano ndr), per costruire un percorso alternativo alla detenzione».

Il giudice con la sentenza potrà affidarli alle comunità: «Così svuotiamo le celle, facciamo risparmiare lo Stato e diamo loro un’altra possibilità», spiega Delmastro. «Se poi impieghi 8 mesi a disintossicarti, per il tempo restante la comunità ti aiuterà a formarti e a trovare lavoro» però attenzione perché «se commetti un reato e torni in carcere da tossicodipendente dopo aver scontrato la pena in una struttura di questo tipo, devi affrontare l’iter normale».

Come è stata accolta l’idea tra le altre forze politiche? Per l’onorevole Enrico Costa, responsabile giustizia di Azione «quando Delmastro, al di là del linguaggio, parla di questioni concrete dice cose anche condivisibili». Piena convergenza anche da parte del partito di Berlusconi, come spiega il senatore Pierantonio Zanettin: «Noi come FI e come garantisti in generale siamo sempre d’accordo a misure alternative al carcere. Spesso il carcere non ottiene lo scopo rieducativo prefissato dalla Costituzione. Quindi siamo assolutamente favorevoli alla proposta del sottosegretario Delmastro. Vedremo poi praticamente come si potrà attuare la sua proposta ma non essendo noi manettari e amanti del carcere appoggiamo l’iniziativa».

Da segnalare i distinguo della Lega, tramite l’onorevole Jacopo Morrone: «Sono riflessioni da approfondire e su cui confrontarsi, sia quella che riguarda i detenuti tossicodipendenti sia quella che riguarda il sovraffollamento, problemi che necessariamente non sono interconnessi. A parte che non tutti gli istituti sono sovraffollati alla stessa maniera, credo che non sia solo con la riduzione dei detenuti o la depenalizzazione di certi reati che si risolve il problema del sovraffollamento ma con una pianificazione e una riorganizzazione concreta dell’edilizia penitenziaria. Così anche per quanto riguarda i detenuti tossicodipendenti c’è caso e caso. Certamente dobbiamo tenere in considerazione chi ha commesso reati non gravi, mostra una volontà concreta di disintossicarsi e di reinserirsi nella società. Ma c’è anche una gran parte che non dà le medesime garanzie. Il nostro obiettivo rimane quello di diminuire e contrastare quei fenomeni criminosi che turbano e spaventano i cittadini e che stanno trasformando certe aree cittadine in luoghi invivibili».

Giudizio in chiaro scuro quello di Valentina D'Orso e Ada Lopreiato, le due capogruppo M5S nelle commissioni Giustizia: «Concordiamo sulla necessità che per i detenuti tossicodipendenti vengano previste strutture e percorsi ad hoc che ne favoriscano la disintossicazione prima di tutto, anche in considerazione del fatto che si tratta dei detenuti più problematici da gestire in carcere. Ma pensiamo che non sia questo il governo che possa dare soluzioni adeguate e concrete, visto che nella sua prima legge di Bilancio, invece di investire, ha imposto un forte taglio all'Amministrazione Penitenziaria. Il piano esposto da Delmastro richiede risorse vere, e non poche. In assenza di fondi aggiuntivi, sono solo annunci e favole».

Proposta bocciata dalla senatrice Anna Rossomando, responsabile giustizia Pd: «Intanto informiamo il sottosegretario Delmastro che la riforma Cartabia già oggi prevede la possibilità per il giudice di disporre la detenzione domiciliare invece del carcere, a maggior ragione in presenza di percorsi di recupero. In ogni caso non può passare il principio di affrontare la tossicodipendenza con la disintossicazione coatta. Oltreché sbagliato il principio, sarebbero percorsi destinati al fallimento. C’è invece bisogno di investire ulteriormente in percorsi di recupero personalizzati, prevedendo anche, ma non esclusivamente, l’ingresso in comunità».

Contrario anche Riccardo Magi, neo segretario nazionale e deputato di +Europa: «L’intenzione politica di Delmastro è basata su una visione distorta della realtà e degli effetti del Testo unico sugli Stupefacenti. Il consumo di sostanze negli ultimi decenni è cambiato sensibilmente rispetto all'immaginario da disperazione da strada che ne ha Delmastro. La qualifica di tossicodipendente che viene usata nel sistema penitenziario mette insieme situazioni molto diverse e il lavoro che le comunità aperte fanno oggi con risultati è basato principalmente su trattamenti brevi. In ogni caso il problema del sovraffollamento si può affrontare davvero con efficacia solo con la depenalizzazione che eviti ad esempio di finire in carcere per fatti di lieve entità come abbiamo provato a fare nella scorsa legislatura e riproveremo in questa». Pure per Luana Zanella, capogruppo di AvS alla Camera, «spostare i detenuti tossicodipendenti da un carcere ad una comunità chiusa, stile Muccioli, come lo stesso sottosegretario Delmastro sostiene, può alleviare il sovraffollamento dei penitenziari ma è soprattutto una misura di giustizia nei loro confronti. L’iniziativa del Governo, in particolare del ministro Nordio, andrebbe accompagnata da un ulteriore passo in avanti: la rivisitazione profonda della legge sulle droghe e il suo approccio repressivo, negli anni rivelatosi del tutto inefficace».

Plauso invece da parte del Partito Radicale: «Ci voleva il sottosegretario Delmastro – dicono Maurizio Turco e Irene Testa - perché una proposta ultradecennale di buon senso del Partito Radicale trovasse attenzione in ambito governativo. Infatti, non c’è dubbio che i tossicodipendenti non debbano stare in carcere, così come non dovrebbero starci i malati psichiatrici». Per Rita Bernardini, Presidente di Nessuno Tocchi Caino, «se fosse vero, sarebbe una svolta!». «Le parole del sottosegretario sono benedette e illuminate, noi lo diciamo da anni e credo che siamo stati anche noi a far maturare questa proposta dato che ne abbiamo parlato in un recente convegno proprio sulle misure alternative», commenta Massimo Barra, fondatore di Villa Maraini.