Il “no” che non ti aspetti. Il Consiglio superiore della magistratura, infrangendo l’ormai consolidata tradizione di avallare tutte le richieste provenienti dal ministero della Giustizia, ha deciso questa settimana di non autorizzare il “fuori ruolo” per due pm di Latina.

Le due toghe dovevano essere destinate al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) e all’Ufficio legislativo di via Arenula. La motivazione con cui il Csm guidato dall’avvocato padovano Fabio Pinelli ha rigettato la richiesta del guardasigilli Carlo Nordio è quanto mai burocratica: non si possono autorizzare “fuori ruolo” se la scopertura dell’ufficio di provenienza del magistrato è superiore al venti percento.

Nel caso in questione la scopertura sarebbe del ventitré percento, tre punti percentuali in più (10 pm in servizio su 13 in organico, ndr), di fatto una inezia su cui il Csm poteva, come in passato, tranquillamente soprassedere. La norma sugli incarichi fuori ruolo, infatti, oltre al paletto del venti percento di scopertura prevede una sorta di clausola di salvaguardia per la quale “eccezionalmente il Csm si riserva di valutare la possibilità di concedere il collocamento fuori ruolo in ragione del rilievo costituzionale dell’organo conferente e della natura dell’incarico che il magistrato è chiamato a ricoprire”.

In passato, come detto, proprio per non creare contrasti e continuare ad avere così rapporti istituzionali improntati alla leale collaborazione, il Csm aveva spesso chiuso un occhio sul dato numerico. E questo anche per non mettere in imbarazzo il ministro della Giustizia che non avrebbe verificato, prima di fare la richiesta, che l’ufficio giudiziario di provenienza del magistrato prescelto fosse in sofferenza organica.

Il Csm, inoltre, non effettua alcuna valutazione sul cv del magistrato richiesto, confidando nella bontà della scelta ministeriale e limitandosi a dare il via libera con una motivazione standardizzata: «Sussiste un interesse oggettivo dell’amministrazione della giustizia, in relazione alle ricadute positive dello svolgimento dell’incarico per l’esercizio della giurisdizione; tanto più considerando quanto importante è la presenza, in tale incarico, non di un funzionario proveniente da altra amministrazione bensì di un magistrato, portatore della cultura e della conoscenza della giurisdizione, nonché della propria autonomia ed indipendenza».

Questa volta, evidentemente, qualcosa deve essersi incrinato nei rapporti fra ministero e Csm. Il mese scorso Il Dubbio aveva raccolto lo sfogo del togato Andrea Mirenda contro le richieste, ormai a cadenza mensile, da parte del ministero di collocare magistrati fuori ruolo. Una decisione che stride con le continue discussioni sulla mancanza di toghe.

Il cortocircuito è di tutta evidenza: mancano magistrati nei tribunali e quei pochi che ci sono vengono mandati fuori ruolo in uffici dove la loro presenza, ad iniziare proprio dall’Ufficio legislativo, è già particolarmente consistente. E poi, come ricordato sempre da Mirenda, la presenza di magistrati al ministero violerebbe il principio della separazione dei poteri. Ultimamente, comunque, sarebbe in discussione una circolare per agevolare le richieste del ministero, aprendo il fuori ruolo a tutti i magistrati in servizio e non soltanto a quelli con almeno otto anni di servizio.

Da quanto si è appreso, con le nuove disposizioni, un magistrato neo assunto, terminato il tirocinio, potrà già con la prima valutazione di professionalità avere un incarico fuori ruolo. La norma è destinata a sollevare interrogativi circa il “valore aggiunto” che un magistrato con poco più di un paio di anni di servizio, e magari sempre nello stesso ufficio e con la stessa funzione, potrà apportare fuori dalle aule del tribunale. E sempre in tema di fuori ruolo, la giudice civile del tribunale di Palmi Anna Maria Nesci è stata assegnata questa settimana alla Divisione italiana della Cancelleria della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Compito della giovane magistrata sarà quello di esaminare, anche ai fini dell’ammissibilità, i ricorsi che vengono presentati alla Corte di Strasburgo.