Eludere i cambiamenti non è possibile, soprattutto nella giustizia, lì dove gli operatori del diritto sono abituati a osservare la realtà e ad adeguarsi alle nuove esigenze che ne derivano. È stato questo il filo conduttore che ha animato il dibattito dell’ultima sessione del G7 delle avvocature, svoltosi ieri a Roma nella Pontifica università della Santa Croce, con la partecipazione di delegazioni di avvocati provenienti da Francia, Canada e Inghilterra.

La consapevolezza, come rimarcato più volte dal presidente del Consiglio nazionale forense italiano, Francesco Greco, di dover governare i nuovi fenomeni derivanti dall’uso dell’intelligenza artificiale e non subirli, è molto chiara anche alle avvocature straniere.

Secondo Julie Couturier, presidente del Conseil National des Barreaux (l’omologo francese del nostro Cnf), gli avvocati sono in questo momento delle “sentinelle per la salvaguardia del diritto”. «E come tali - ha detto Couturier - dovremo garantire l’istituzione di garanzie per la protezione delle libertà pubbliche e individuali. In particolare, è importante garantire che l’accesso alla giustizia, il diritto all’assistenza legale e l’indipendenza delle professioni legali e del sistema giudiziario non siano ostacolati dall’integrazione dell’Intelligenza artificiale nella pratica giuridica. Inoltre, occorre rafforzare la capacità delle autorità pubbliche di comprendere il funzionamento e le conseguenze dello sviluppo di sistemi algoritmici e di utilizzarli in modo responsabile, nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali. Sembra importante sottolineare che proprio mentre parliamo, la marcia dirompente dell’Intelligenza artificiale generativa è già in corso, mettendo potenzialmente, in determinate situazioni, a dura prova la tutela dei diritti fondamentali».

La presidente degli avvocati francesi si è soffermata su un banco di prova importante come gli imminenti Giochi Olimpici: «La Francia è stato il primo Paese ad autorizzare, in via sperimentale, l’elaborazione algoritmica di dati di immagine da parte di sistemi di protezione video o droni, durante gli assembramenti di persone. I dati potranno quindi essere raccolti con l’obiettivo di rilevare, in tempo reale, predeterminati eventi e comportamenti che potrebbero presentare rischi di atti di terrorismo o di attentati alla sicurezza e all’ordine pubblico. Come ogni eccezione all’ostruzione delle libertà fondamentali, noi avvocati dobbiamo garantire che le ragioni per prevenire il terrorismo e mantenere la sicurezza pubblica non portino a un uso dell’Intelligenza artificiale simile all’identificazione individualizzata e alla biometria delle persone. Dovremo, inoltre, vigilare affinché il trattamento automatizzato dei dati, mediante l’IA, non venga effettuato per scopi repressivi ingiustificati o discriminatori».

L’Intelligenza artificiale presenta diverse opportunità, ma, al tempo stesso, richiede responsabilità. Avvalersi dell’algoritmo non deve costituire un salto nel vuoto. Anzi. L’operatore del diritto, a partire dall’avvocato, deve continuare ad avere come punti di riferimento la deontologia, la dottrina e la giurisprudenza. È quanto sostenuto da John Stefaniuk, presidente della Canadian Bar Association, il quale ha fatto riferimento alle Corti giudiziarie del Québec, dove vige un sistema di Civil law. Oltreoceano la normativa sull’IA si evolve costantemente e il legislatore è parte interessata.

«Senza il coinvolgimento del legislatore – ha affermato Stefaniuk – rischiamo di non avere alcuna uniformità nella gestione dei complessi fenomeni derivanti dall’Intelligenza artificiale». In Canada sono presenti 140mila avvocati. Il presidente della Canadian Bar Association, nell’intervento davanti alla platea dell’Aula Magna della Pontifica università della Santa Croce, ha sostenuto l’esigenza di garantire uno sviluppo non invasivo dell’IA nella professione forense, con la possibilità di sviluppare software per tutti. «Oggi – ha aggiunto – non possiamo permetterci disparità tra i colleghi, con la presenza di software costosi, accessibili solo per gli studi legali più grandi e con la conseguenza di una inevitabile penalizzazione per altri colleghi».

Sulla stessa linea Richard Atkinson, vicepresidente della Law Society of England and Wales. «In Inghilterra e in Galles – ha affermato – il tema della accessibilità all’Intelligenza artificiale per tutti è molto sentito. L’impatto, infatti, non riguarda solo gli avvocati, ma tutti i cittadini. Il nostro ordinamento consente di accedere, con costi contenuti, alla giustizia.

Questo è uno snodo rilevante. L’aspetto del cosiddetto “auto-aiuto” presenta dei rischi concreti e coinvolge tutti coloro che, senza rivolgersi a un avvocato, pensano di argomentare giuridicamente avvalendosi di software di Intelligenza artificiale. Più che rischi, ci troviamo di fronte a vere e proprie insidie dietro l’angolo». A detta di Atkinson, «la sfida dell’avvocatura, posta all’attenzione dalla Law Society, consiste nel creare il giusto equilibrio tra competenze tecniche e software di IA». «L’avvocatura – ha commentato – deve svolgere un ruolo guida per indurre il legislatore a fare le scelte migliori. La Law Society intende rassicurare i cittadini e proteggerli, senza inutili allarmismi, in merito a una presenza sempre più massiccia dell’Intelligenza artificiale nella giustizia».

Infine, Pierre-Dominique Schupp, presidente del Consiglio degli Ordini forensi d’Europa, ha parlato delle iniziative dell’avvocatura a livello continentale, a cominciare dai corsi rivolti agli avvocati dei Paesi aderenti al Ccbe (Council of Bars and Law Societies of Europe). Tra i temi affrontati da Schupp, la contestabilità delle decisioni elaborate dall’Intelligenza artificiale e la dipendenza dall’algoritmo, con l’illusione di soluzioni sempre a portata di mano.

L’avvocato, con il proprio bagaglio di studi, conoscenze ed esperienze, non potrà mai essere messo da parte. L’iniziativa di ieri è stata molto apprezzata dai rappresentanti delle delegazioni estere. Tutti hanno rimarcato l’energia e la passione dell’avvocatura istituzionale italiana, presieduta da Francesco Greco.

Il G7 delle avvocature si è concluso con la lectio magistralis del professor Guido Alpa. L’insigne accademico, presidente emerito del Cnf, ha sostenuto con convinzione che «chi pensa che l’avvocato possa essere sostituito, anche in questo contesto di impiego dell’IA, fa un grosso errore per tante ragioni». «Innanzitutto – ha evidenziato –, perché gli ordinamenti giuridici sono assai diversi fra di loro, e per poter applicare le regole dell’Unione europea occorre considerare soltanto il nostro. L’avvocato è, dunque, assolutamente necessario, perché conosce il diritto e lo applica secondo le regole stabilite».