Se Mosca non può ritirarsi senza risultati l’Ucraina non può perdere su tutta la linea

La crisi ucraina si trova forse di fronte a un bivio decisivo.

Nella stessa giornata il Cremlino ha avviato le sue controsanzioni nei confronti dell'occidente, che in Europa diventerebbero devastanti se la risposta russa alle sanzioni fosse la sospensione delle forniture di gas, e messo quasi ufficialmente sul tavolo le sue condizioni, che sono in buona misura quelle già elencate alla vigilia della guerra e poi, ma in via meno formale, dopo i primi colloqui: riconoscimento dell'annessione della Crimea, autonomia delle repubbliche filorusse del Donbass inserimento nella Costituzione ucraina dell'impegno a non entrare nella Nato.

E' possibile che, una volta aperta la trattativa, Putin provi a ottenere di più, condizionando il governo ucraino ma la base per sedersi a un vero tavolo su questa base ci sarebbe.

L'alternativa è un ulteriore avvitamento della crisi con conseguenze poco prevedibili.

Anche senza tener conto dei rischi, fortunatamente remoti, di conflitto militare tra occidente e Russia la chiusura dei rubinetti del gas russo avrebbe conseguenze deflagranti e così l'embargo sul petrolio russo a cui mira la Casa Bianca, ostacolata dalla Germania ( e più discretamente anche dall'Italia).

Il bivio è questo: sterzata verso una situazione negoziata della crisi, che non sarebbe peraltro fulminea, oppure passo avanti sostanziale e per certi versi senza ritorno sulla via dell'escalation.

E' probabile che i leader dell'occidente in materia siano divisi e non per diverse valutazioni o per diversi approcci ideologici.

Diverse sono però le varie realtà e se gli Usa, che di questa crisi per ora non pagano alcun prezzo, sono meno inclini a puntare sulla trattativa per l'Europa vale il discorso opposto.

C'è però un ostacolo che nessuno riconoscerebbe mai come tale e che rischia di diventare prestissimo un problema enorme: il presidente ucraino Zelensky e tutto ciò che incarna per il suo popolo e per il mondo soprattutto occidentale. Zelensky ha sfidato il rischio di un'invasione russa contando sull'appoggio dell'occidente.

Quell'appoggio c'è stato e c'è ma senza un intervento militare rischia di rivelarsi del tutto inutile.

L'occidente, a propria volta, si è trovato spiazzato di fronte alla disponibilità di Putin ad arrivare sino al limite estremo, sino all'uso delle armi nucleari. Con quella minaccia sul tavolo non può fornire un aiuto risolutivo al presidente ucraino.

Per Zelensky la trattativa, anche se si limitasse davvero ai nodi della Nato e delle due regioni contese, sarebbe una sconfitta enorme. Una pace a quel prezzo la avrebbe potuta ottenere anche il 23 febbraio, evitando l'invasione e il prezzo altissimo che l'Ucraina sta pagando.

La resistenza pura e semplice, senza una contestuale iniziativa diplomatica, significa però esporre l'Ucraina alla devastazione e a condizioni di pace che, dopo una serie di feroci battaglie per la conquista delle città saranno certamente più severe.

Il tempo, infine, è uno strumento affilato ma a doppio taglio.

Il peso delle sanzioni verrà avvertito dalla Russia sempre di più, e questo potrebbe giocare a favore di Zelensky, ma è questione di mesi non di settimane.

L'ondata entusiasta di solidarietà nei Paesi europei è invece destinata a raffreddarsi almeno in parte, via via che diventerà chiaro quanto le sanzioni gravino anche sui Paesi sanzionatori.

L'occidente però non può abbandonare Zelensky al suo destino, dopo averlo esaltato come simbolo della resistenza eroica non solo dell'Ucraina ma dell'intero mondo democratico.

Può solo non azzardare mosse estreme come sarebbe stata la no fly zone chiesta invano dall'ucraino ma oltre quel limite non può certo arrivare. Non può spingersi sino a sconfessare un eventuale rifiuto di trattare, o di accettare le condizioni russe, da parte dell'ucraino.

Oggi dunque il problema non è solo, e forse non è tanto, il trovare una via per consentire al capo del Cremlino di ritirarsi salvando la faccia ma scoprire una strada che permetta a Zelenky di trattare, e dunque di cedere qualcosa, senza perdere lui la faccia e senza provocare le ire dei gruppi amati che circondano il presidente e che non gradirebbero affatto posizioni considerate ' capitolarde'.

E' un problema grosso non per Zelensky o non solo per Zelensky.

Per l'intero mondo.