Muore a 82 anni, aveva un tumore ai polmoni che si è aggravato durante la carcerazione al penitenziario di Parma. Un uomo buono, per chi lo conosceva, che fino a pochi anni fa viveva in una roulotte e l’unico aiuto proveniva dalla rete diritti in casa, un collettivo di Parma che lotta per il diritto alla casa per chi non ha nulla e viene abbandonato dalle istituzioni.

Parliamo di Egidio Tiraborrelli, un uomo che all’età di 17 anni era emigrato in Argentina dove ha svolto il lavoro di operaio saldatore. Rientrato in Italia è rimasto solo, con l’unico fratello di qualche anno più giovane, anche lui nullatenente. «Egidio si presentò da noi – spiega a Il Dubbio Katia Torri, l’attivista della rete diritti in casa –, perché praticamente era senza tetto e ci aveva chiesto se potesse mettere la sua roulotte nel cortile della casa occupata».

Torri racconta che gli stessi abitanti dell’occupazione hanno espresso il desiderio di ospitarlo dentro l’edificio nonostante non ci fosse un effettivo spazio adeguato per lui, «ma Egidio – spiega l’attivista – aveva insistito che non voleva recar troppo fastidio e gli bastava uno spazio per la sua roulotte”. Egidio si era integrato perfettamente con gli altri, tanto da coltivare un piccolo orto e condividere gli ortaggi con gli abitanti che li considerava quasi come figli».

Ma Egidio, “Gidio” per gli amici, non sapeva che ha subito un processo e nemmeno della condanna scaturita nel 2012 per un reato considerato gravissimo per la nostra legislazione, quello di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”. Eppure, la sua vita piena di sacrifici e stenti aveva avuto anche un piccolo risvolto positivo grazie all’aiuto degli attivisti del collettivo: era riuscito ad ottenere una casa popolare.

La tranquillità tanto agognata è durata poco. A causa della condanna avvenuta a sua insaputa, a dicembre del 2018 è stato tratto in arresto e ha varcato i cancelli del carcere di Parma. Ma cosa ha commesso di così grave per meritarsi una condanna che rientra tra i reati ostativi, il famigerato 4 bis dell’ordinamento penitenziario nato per contrastare l’emergenza mafiosa e poi allargato nei confronti di altri reati, fino alla corruzione grazie allo spazzacorrotti? Aveva aiutato, tramite un passaggio in macchina, una persona dell’est nel varcare i confini.

Non era un trafficante, non ci ha guadagnato nulla, ma ha peccato nell’aver aiutato una persona ad entrare in Italia. Egidio era quindi colpevole di aver fatto varcare i nostri sacri confini, lui che da migrante ha varcato vari confini del mondo.

Egidio, come detto, aveva un tumore e in carcere si aggiunge un’altra tragedia, quella della precaria assistenza sanitaria. «Ci aveva contattata una volontaria del carcere, - racconta Katia Torri del collettivo rete diritti in casa -, dicendoci che c’era solo un impianto della bombola di ossigeno per tutti i detenuti malati e quindi se la scambiavano a turno». Anziano, malato e di fatto incompatibile con l’ambiente carcerario. Ma non aveva un avvocato, quindi gli attivisti con grande difficoltà si sono adoperati per fargli nominare una avvocata di loro fiducia. Dopo aver ottenuto la nomina si è adoperata per ottenere la sospensione della pena. Alla fine, ottiene i domiciliari tramite il ricovero ospedaliero. Un ricovero breve, perché dopo una settimana – esattamente venerdì scorso - Egidio Tiraborrelli muore.

Come detto, era povero Egidio. E nella solitudine e povertà, anche quando muori i problemi non finiscono visto che fare un funerale ha un suo costo. Ha un figlio in Argentina che a breve raggiungerà l’Italia, mentre nel frattempo il fratello di Egidio è in giro per assistenti sociali per potergli garantire almeno una degna sepoltura.