Accoglienza garantita per chi fugge dalle guerre e dalle persecuzioni politiche, regole chiare sull’immigrazione economica e opportunità a lavoratori e studenti stranieri che vogliono trasferirsi in Germania. Ma anche una lotta maggiore alle ineguaglianze sociali per rendere più equa la globalizzazione. E impegno per uno sviluppo rispettoso della natura. A meno di un mese da elezioni politiche che saranno decisive per il futuro della Germania e dell’unione europea, la Cancelliera tedesca Angela Merkel, in un’ intervista alla Tageszeitung che Il Dubbio pubblica integralmente, non cede alle sirene populiste e conferma la linea di accoglienza che ha caratterizzato le ultime stagioni del suo governo. «La mia Germania apre le sue porte a chi ha bisogno»

Quanto c’è di ecologista in lei?

«Sono stata ministro dell’ambiente dal 1994 al 1998 ed è stato un periodo appassionante. Con il mio partito mi sono battuta affinché nel nostro programma non si parlasse soltanto di economia sociale di mercato, ma anche di sviluppo sostenibile. Nel tempo ho cambiato posizioni, dopo l’incidente nucleare di Chernobyl ero convinta che il pericolo dipendesse dalle pessime condizioni di sicurezza in Urss. Con la catastrofe di Fukushima ho compreso i rischi endemici del nucleare civile».

E quanto c’è di sinistra in lei?

«Sono una militante della Cdu, ho radici liberali, cristiano- sociali e conservatrici in parti uguali.

Quel che mi interessa è dare una forma umana alla globalizzazione, parlo di uno sviluppo durevole, dell’equità tra le generazioni, dell’utilizzo equilibrato delle risorse.

Quindi non ha niente di sinistra?

Non capisco perché vuole che mi definisca per quel che non sono. Preferisco definirmi per quel che sono. Nella cultura politica della Cdu ci sono senz’altro punti di contatto con quel che chiamiamo correntemente “sinistra”. La dottrina social- democratica ha anch’essa diversi punti in comune con quella cristiano- sociale. Il mio partito ha sempre ritenuto centrale il ruolo dei sindacati perché c’è bisogno di un’economia che crei richhezza e prosperità ma che sia anche in grado di ripartirla in modo giusto.

Secondo lei i Verdi tedeschi si sono allontanati dalle loro origini di sinistra e avvicinati al centrodestra come dicono i detrattori?

Dal mio punto di vista anche i Verdi hanno radici multiple: una di- mensione molto critica dello Stato e dei suoi poteri e allo stesso tempo una grande attenzione all’opera della Creazione. Questa concezione rispettosa della natura è molto vicina alle mie convinzioni, ma non la critica dello Stato. Credo che anche loro siano interessati a umanizzare la globalizzazione dell’economia.

Quando, due anni fa, in Germania è nato il dibattito sull’accoglienza ai rifugiati lei disse: «Se dobbiamo scusarci nel mostrare un volto umano nei confronti di chi ha bisogno questo non è più il mio Paese». Fu una dichiarazione studiata?

No, non avevo preparato il discorso. È stata una risposta a una domanda in venivo criticata per aver incoraggiato i rifugiati a venire in Germania.

O il fatto di aver accettato di scattare dei selfies con dei richiedenti asilo.

È una polemica assurda. Prima di quella mia dichiarazione 400mila rifugiati erano già arrivati in Germania. Il ministro dell’interno prevedeva altri 800mila arrivi, ma alla fine il loro numero complessivo è statat di 890mila, un terzo in meno delle stime iniziali. Inoltre non stavo esprimendo solo la mia opinione personale ma anche quella di tanti tedeschi che hanno accolto i profughi a braccia aperte.

La solidarietà che in quel momento le ha espresso la sinistra non indica che lei si sia allontanata dai conservatori?

Non direi, centinaia di esponenti della Cdu hanno difeso la mia idea di far entrare in Germania i rifugiati che provenivano dall’Ungheria. Stiamo parlando di persone che hanno preso un treno e poi sono entrate a piedi perché il premier ungherese Orban gli ha fisicamente impedito di viaggiare. Sapevo che la situazione era critica e non poteva durare. Ci sono delle organizzazioni criminali che traggono profitto dalla miseria dei profughi, per questo ho lavorato duro per realizzare un accordo tra la Turchia e l’Unione europea. Devo ammettere di essere rimasta sorpresa quando nel marzo del 2016 una pioggia di critiche si abbattuta sull’accor- do. Ma era il solo modo per organizzare e gestire l’emergenza in modo da preservare l’interesse di chi cerca rifugio in Europa e di far cessare le morti nel mar Egeo.

E la possibilità di espellere i malati mentali? E i rimpatri senza preavviso verso l’Afghanistan? Questo Paese è ancora il “suo Paese”?

Sì, lo è perché noi offriamo a ogni persona che chiede asilo politico in Germania la possibilità di presentare un dossier e allo stesso tempo lottiamo contro le cause dell’immigrazione. Ma dobbiamo enunciare chiaramente le regole. Su questo punto trovo il programma dei Verdi confuso perché evita le questioni più difficili. Non aiuteremo l’Africa dichiarando di accogliere tutti coloro che arrivano in Europa, dobbiamo agire in modo diverso, lottare contro quel che spinge questi uomini e queste donne a lasciare il loro paese, creare delle prospettive economiche e sociali nelle nazioni in via di sviluppo e stabilire allo stesso tempo dei corridoi migratori legali, per questo le nostre regole sul diritto di asilo sono strette. Inoltre si può trattare in modo umano e rispettoso anche chi non riempie i criteri per ottenere asilo.

Quindi non sta scritto da nessuna parte che l’immigrazione verso la Germania è possibile?

L’immigrazione verso la Germania è una realtà. Noi abbiamo un mercato interno di libera circolazione per tutti gli europei. Nel nostro programma di governo riconosciamo di aver bisogni dell’immigrazione. Posso immaginarmi delle quote con i singoli paesi africani che permettano a un certo numero di persone di venire a lavorare e a studiare in Germania e stiamo lavorando per trovare delle vie legali per realizzare questo programma. L’illegalità è esclusa, ma il non fare nulla non è una soluzione.

Si tratta dunque di immigrati “utili”?

L’idea di utilità è sbagliata perché stiamo parlando di esseri umani. Dobbiamo garantire ai rifugiati una protezione adeguata dalla guerra e dalle persecuzioni politiche. Per chi desidera venire per ragioni economiche noi a apriremo le porte a coloro di cui abbiamo bisogno, penso al personale di cura per fare un esempio, ma anche arrivare per ragioni di studio o semplicemente per costruirsi un’opportunità di lavoro è nell’interesse dei migranti.

* giornalisti della “Tageszeitung”