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Non solo fuga dall’avvocatura. La storia di Livio Cancelliere è emblematica: non svolgerà più le funzioni di giudice onorario. La decisione dell’avvocato del Foro di Parma è irrevocabile.
Il motivo delle sue dimissioni risiede nella scarsa considerazione che il legislatore e il ministero della Giustizia stanno dedicando alla magistratura onoraria, costretta a vivere in una situazione di incertezza rispetto a varie questioni, come lo status riconosciuto ai magistrati onorari, la natura e l’entità dei loro compensi. Nell’estate del 2021 Cancelliere si rese protagonista di una singolare iniziativa di protesta. Raggiunse Roma a piedi da Parma per parlare con l’ex ministra della Giustizia, Marta Cartabia, e sottoporle una serie di criticità riguardanti il lavoro quotidiano nelle aule dei tribunali dei magistrati onorari.
«Dal 2021 ad oggi – spiega al Dubbio Livio Cancelliere – nulla è cambiato. La decisione delle mie dimissioni è stata presa a ragion veduta. Se devo pensare di continuare la mia attività fino all’età di 70 anni, è necessario avere anche delle certezze. In assenza di queste si tirano le somme e si fanno altre scelte. È impensabile poter continuare a svolgere il lavoro di Got in una situazione di totale incertezza in relazione al tempo di impiego che ci viene richiesto. Le certezze, sempre più sbiadite, non riguardano solo le condizioni di lavoro, ma anche quelle economiche. Sono questi gli aspetti che mi hanno fatto prendere una decisione ben precisa».
I giudici onorari hanno atteso negli ultimi mesi una inversione di rotta. Speranze che, però, si sono infrante anche con l’arrivo a palazzo Chigi di Giorgia Meloni. «Nella legge finanziaria – commenta Cancelliere - manca la definizione di retribuzione. Anche questo governo si comporta allo stesso modo degli altri esecutivi. Eppure, in passato, alcuni esponenti del governo, quando erano all’opposizione, si sono spesi molto per portare avanti le istanze della magistratura onoraria. Spiace dirlo, ma noi magistrati onorari non siamo mai stati, e temo che non lo saremo neppure in futuro, una priorità. Con la riforma Cartabia c’è stata una stabilizzazione, non saremo più pagati a cottimo, ma occorrono più sforzi».
Proprio oggi Cancelliere avrebbe dovuto svolgere il colloquio per la stabilizzazione davanti alla commissione composta dal presidente del Tribunale di Parma, da un avvocato e da un altro giudice. Diserterà l’appuntamento. La decisione di lasciare la magistratura onoraria è stata presa ed è irrevocabile. «Non vedo – conclude l’ex Got - altre possibilità. La mia è stata una decisione molto ponderata, frutto di una attenta riflessione. Non trovo alcuna convenienza nella prosecuzione del mio lavoro come giudice onorario. Mi dedicherò in via esclusiva alla professione forense. Tanti colleghi, che da anni lavorano con abnegazione, mi hanno espresso la loro vicinanza. Lo stesso anche da parte di diversi magistrati togati. Spero che l’attenzione verso la magistratura onoraria continui ad essere sempre alta, dato che il contributo fornito alla giustizia italiana è importante».
Sul caso Cancellieri si è espressa Assogot, associazione dei magistrati onorari di tribunale. «Non possiamo più tacere – si legge in una nota - l’assurda e illiberale legislazione in tema di magistratura onoraria. In questi mesi decine di colleghi decidono di lasciare la magistratura onoraria per non cedere al ricatto della rinuncia tombale a ogni diritto pregresso e per l’assoluta incertezza della “contropartita”. Infatti, a distanza di due anni dal cosiddetto “emendamento Cartabia”, nessuna norma ha chiarito quale sia lo status dei magistrati onorari, quale la natura e l’entità del loro “compenso”, quali gli obblighi e la prestazione lavorativa cui sono concretamente tenuti, quale il regime previdenziale pregresso e futuro».
La vicenda di Cancelliere preoccupa non poco Assogot: «L'ultimo clamoroso caso di abbandono è quello del collega Livio Cancelliere, nostro associato e coordinatore dell’Emilia Romagna, al quale esprimiamo tutta la nostra stima e amicizia, ringraziandolo per averci indicato e aver percorso il cammino verso un sogno di giustizia, che, purtroppo, non si è realizzato. Lasciare che professionisti di valore come Livio siano costretti ad abbandonare la funzione che per decenni hanno rivestito con competenza ed onore denota non solo un’assoluta mancanza di rispetto per le persone, ma anche la violazione delle più elementari tutele del lavoro e, soprattutto, rappresenta il sintomo evidente di una giustizia malata, incapace di valorizzare le sue migliori risorse».