LA POLEMICA

E ugenia Roccella ha ragione: lei e le femministe della differenza avevano torto già allora.

Eugenia Roccella ha ragione: si può cambiare idea.

Eugenia Roccella nel rispondere a Loredana Lipperini ( «Ho imparato dal femminismo che l’aborto non è un diritto», la Stampa, 24 ottobre 2022) ci mostra alcune grandi e indicibili verità: il femminismo della differenza è interessante storicamente e antropologicamente ma logicamente è un disastro. Se leggete Carla Lonzi senza l’aureola di autorevolezza ( la Femminista, la fondatrice di e cose così) non potete che pensare più o meno a ogni pagina “ma che diavolo vuol dire?”

Fa un po’ l’effetto di quando da grandi torniamo in un luogo familiare della nostra infanzia e ci domandiamo chi è che aveva quel gusto dell’orrido per tendine e centrini e horror vacui. O quando rileggiamo i nostri vecchi diari e pensiamo “Dio che imbarazzo”.

Prendiamo per esempio proprio la citazione che fa Roccella: «L’uomo ha lasciato la donna sola di fronte a una legge che le impedisce di abortire: sola, denigrata, indegna della collettività. Domani finirà per lasciarla sola di fronte a una legge che non le impedirà di abortire».

A parte che è sempre meglio poter scegliere e quindi che qualcosa non sia “impedito”, ma a me la prima cosa che viene in mente è Woody Allen che viene liquidato con un “get lost creep” in Provaci ancora, Sam. Perché “sparisci sgorbio” è tutto quello che penso quando leggo che «finirò per essere lasciata sola». Che manco mia nonna che era nata e aveva vissuto un pezzo della sua vita con pochi diritti avrebbe detto una cosa del genere; e forse manco una quattordicenne sarebbe così sperduta e fiore delicato e spaurito da avere bisogno intrinsecamente di essere tenuta per mano da qualcuno ( uomo o donna che sia a tenere la mano). Questa intrinseca debolezza, questo vittimismo lagnoso spiega poi perché è tutto finisce per essere considerato un trauma e dunque anche l’aborto. Se abbiamo bisogno della governante e dell’accompagnatore sempre e comunque, noi che siamo sempre prossime allo svenimento, è ovvio che abortire è un disastro inconsolabile. Tutto lo è, piccoli cuori deboli e tremanti che non siamo altro.

Eugenia Roccella ha ragione quando ricorda che la difesa della depenalizzazione dell’aborto volontario spesso si fondava sul “male necessario”.

Eugenia Roccella ha ragione quando invita a parlare delle “forme del nuovo patriarcato”, la prima delle quali è la credenza dell’inesorabile debolezza femminile.

Eugenia Roccella ha ragione quando dice che abortire non è un diritto se intende che non è un diritto di abortire: la 194 protegge, un po’ ipocritamente, il diritto alla salute ( non alla scelta, non a interrompere una gravidanza). Ripenso alla sentenza della Corte costituzionale che ha preceduto la 194 di tre anni ( la Corte “dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 546 del codice penale, nella parte in cui non prevede che la gravidanza possa venir interrotta quando l’ulteriore gestazione implichi danno, o pericolo, grave, medicalmente accertato nei sensi di cui in motivazione e non altrimenti evitabile, per la salute della madre”) e a quella del 1997 che ha detto che la 194 è una legge “a contenuto costituzionalmente vincolato sotto più aspetti, in quanto renderebbe nullo il livello minimo di tutela necessaria dei diritti costituzionali inviolabili alla vita, alla salute, nonché di tutela necessaria della maternità, dell'infanzia e della gioventù”.

Poi tutto si può cambiare e tutto si può contestare – alla sola condizione di non barare.

Eugenia Roccella ha ragione quando dice che abortire non è la “nostra massima aspirazione”. È una falsa dicotomia pensare che le uniche due alternative siano il male e “la massima aspirazione” ( abortire può essere un’aspirazione? Ma di chi?), una falsa dicotomia che sta mangiando dall’interno una legge imperfetta e trascurata ( letta poco e male, capita ancora meno). La “rivendicazione orgogliosa” casomai potrebbe riguardare la possibilità di scegliere, di decidere senza che nessuno lo faccia al posto nostro. E decidere di interrompere una gravidanza non è per forza un dolore, non è per forza una scelta inconsolabile, non è per forza un trauma, ma nemmeno chissà quale divertimento. Non è necessario questo eccesso di entusiasmo per dire qualcosa di estremamente banale: l’unica alternativa alla possibilità di scegliere è imporre a una donna di portare avanti una gravidanza. E questa cosa qui è veramente inimmaginabile, spero, per tutti.