IL’EX PREMIER FA SALTARE L’INCONTRO CON CONTE

ROCCO VAZZANA E PAOLO DELGADO IL LEADER DI ITALIA VIVA PONE LE “CLAUSOLE” AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO PER SCONGIURARE LA ROTTURA

L’x premier torna all’assalto di Palazzo Chigi: «In caso di crisi non c’è il voto, si cercheranno in numeri in Parlamento». Come evitare lo strappo? «Prendiamo il Mes»

Nessun passo indietro, nessuna tregua, nessun timeout per rifiatare un attimo. Quando tutti i nodi politici sembrano sciogliersi - con Giuseppe Conte pronto a cedere sulla gestione del Recovery Plan e con Pd e M5S compatti nel respingere ogni iopotesi di rimpasto - Matteo Renzi rilancia e rimette tutto in discussione. La crisi è tutt’altro che scampata, forse rinviata a gennaio dopo l’approvazione della legge di Bilancio, ma di certo il peggio non è passato, lascia intendere il leader di Italia viva fin dalle prime ore del giorno, quando con un messaggino ufficializza la diserzione del suo partito al tavolo della verifica. I renziani non si presentano al confronto col premier perché la capodelegazione Teresa Bellanova è impegnata a Bruxelles, partecipa al Consiglio dei ministri dell’Agricoltura europei. Ma che la defezione di Italia viva non sia mera questione di “impegni sopraggiunti” diventa evidente poche ore dopo, quando l’ex premier invia la consueta enews ai suoi lettori. «Sui temi del “salto di qualità” del Governo diremo la nostra al premier con un documento scritto appena ci sarà occasione di incontrarci», scrive Renzi, dopo aver rivendicato il merito di aver bloccato la creazione di una task force che a suo dire avrebbe esautorato l’esecutivo e il Parlamento. Insomma, Italia viva fa sul serio, è l’avvertimento dell’ex segretario del Pd. Talmente sul serio da mettere a disposizione di Conte le poltrone delle ministre, «pronte a rimettere il mandato, se serve. Perché chi dice che noi facciamo confusione per avere mezza poltrona in più deve prendere atto che noi siamo l’unico partito che è pronto a rinunciare alle poltrone, non a chiederle», mette in chiaro Renzi, piazzando un “ordigno” sotto lo sgabello del presidente del Consiglio. Solo una battaglia di idee, senza secondi fini, chiarisce il leader di Iv.

Sembrano passati secoli da quando Renzi, all’epoca sfidante di Pierluigi Bersani alle primarie, twittava a tutto spiano: «Se vinciamo noi non ci sarà più spazio per il potere di veto dei partitini». Invece sono trascorsi otto anni durante i quali il leader toscano ha rottamato la “ditta” del Pd, fatto il pieno di consensi elettorali, perso amaramente un referendum costituzionale e compiuto una scissione dalla “casa madre”. E ora che un partitino - almeno secondo le quotazioni di tutti i sondaggisti - Renzi si trova a guidarlo, riscopre il gusto vivo di quel diritto di veto che avrebbe voluto cancellare. E così Italia vivva pone le sue condizioni a Conte per evitare di scivolare in una crisi di governo. La prima? Accettare i 36 miliardi del Mes per rilanciare la il sistema snitario. Richiesta legittima e motivata, peccato si tratti di uno dei nervi più scoperti del maggior partito di maggioranaza, il Movimento 5 Stelle, che proprio sull’ok alla riforma del Meccanismo europeo di stabilità ha rischiato di sbriciolarsi al Senato. «Questi soldi sono bloccati per un no ideologico di 5 stelle e di Conte, a me sembra una follia, prendiamo quei soldi e smettiamola con le polemiche», dice Renzi al Tg5. E «nel caso in cui non ci troviamo d’accordo» sulle condizioni «certo non ci facciamo comprare con un baratto per due poltrone, siamo pronti a lasciare le poltrone di due ministre che abbiamo: noi non siamo alla ricerca di uno sgabello», ripete davanti alla telecamera. Insomma, «la palla» ora è nelle mani del premier. Toccherà a Conte decidere se accogliere o meno le nuove richieste renziane, ogni giorno più ambiziose. Ma in caso di crisi di governo, che l’ex premier giura di voler evitare a tutti i costi, le elezioni anticipate non srebbero affatto l’esito più scontato, come fatto intendere più volte dal Capo dello Stato, Sergio Mattarella. «Se ci fosse una crisi c’è una cosa più importante del Pd» che parla di voto anticipato, «c’è la Costituzione che prevede che si vada in Parlamento a vedere se ci sono i numeri per un’altra maggioranza». Tradotto: lo spauracchio delle urne non funziona, Iv sarebbe disponibile ad aprire un confronto con tutte le altre forze politiche per formare un nuovo esecutivo.

Difficile immaginare che il gioco renziano riesca, ma ognuno mette sul tavolo il proprio bluff. E Renzi prova il suo, perché basta solo nominare il nome di Mario Draghi per mandare in allarme Conte e buona parte dei contiani di ferro.

Proprio come fa il capo del piccolo partito di governo, che come «pensierino della sera» della sua enews, consegna questo incubo all’inquilino di Palazzo Chigi: «Sempre bello leggere le riflessioni di Mario Draghi», scrive illeder di Iv, commentando un intervento dell’ex Presidente della Bce, ripreso dal Corriere della Sera. «Ci richiama a una visione seria e intelligente del futuro delle imprese, dei posti di lavoro, del debito pubblico. Ed evidenzia la necessità di predisporre un Next Generation Ue di grande qualità. Abbiamo una gigantesca opportunità, sembra dire Draghi: non sprechiamola. Analisi davvero condivisibile». A buon intenditor, poche parole.