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LO SCENARIO
Il M5S ha scelto di non decidere, ma l’appoggio esterno resta un’ipotesi concreta che ricadrebbe sulla maggioranza e sul Pd
Una ritirata in buon ordine: così si traduce la scelta di Conte di votare la fiducia al dl Aiuti alla Camera. È una decisione indicativa, anzi eloquente. Dice che il leader dei 5S, come sempre indeciso e oscillante, non se la sente di rompere davvero. Quella che ha in mente è un'azione di disturbo permanente, fragorosa ma innocua, tale da garantire visibilità senza costargli né la messa al bando da parte dell'establishment né la rottura dell'alleanza con il Pd. Non è una strategia che costi poco. Il prezzo verrà pagato in termini di credibilità e dunque di voti. È possibile che l'ex premier non se ne renda conto ma il particolare non sfugge ai suoi senatori che infatti insistono perché il 16 luglio, a palazzo Madama, le posizioni siano diverse.
Tra le due Camere c'è una differenza sostanziale. A Montecitorio il voto di fiducia e quello sul provvedimento sono disgiunti. Si può votare la fiducia ma non il provvedimento sul quale è stata posta, e poco male se è un rituale che persino la ' vecchia politica' avrebbe trovato esagerato nella sua ipocrisia. Al Senato invece il voto è unico. Concedere la fiducia vuol dire automaticamente approvare i contenuti del decreto. Non è affatto detto ed è anzi improbabile che i senatori 5S siano disposi a farlo.
Sia chiaro, l'estenuante rimpiattino proseguirebbe anche in caso di astensione al Senato, con il tentativo di restare al governo pur senza concedere, ma neppure negare apertamente la fiducia. Per i 5S quel rimpiattino è però un gioco suicida ed è possibile che alla fine lo stesso Conte lo capisca e decida di prendere una posizione chiara con il ritiro dei ministri. Probabilmente, nonostante le affermazioni della settimana scorsa, il governo non si dimetterebbe. Avrebbe una maggioranza ampia anche senza i 5S, che peraltro con l'appoggio esterno confermerebbero la loro presenza in maggioranza. Se la situazione fosse meno drammatica la crisi sarebbe comunque inevitabile. In questo caso è invece improbabile, pur se non esclusa. Però l'uscita dal governo dei 5S sarebbe comunque deflagrante.
La Lega finirebbe per avere in mano del tutto le sorti del governo ed è difficile credere che non metterebbe all'incasso la postazione vantaggiosa. L'inevitabile crisi tra Pd e 5S, di fatto la fine del ' campo' di Letta renderebbe la strada della destra verso la vittoria elettorale tutta in discesa e, nonostante le divisioni interne profonde e laceranti, è probabile che questo spingerebbe la Lega ad alzare il prezzo, non avendo nulla da temere da crisi ed elezioni anticipate.
Il quadro sarebbe invece disastroso per il Pd. anche Letta volesse difendere l'alleanza con Conte, farlo non gli sarebbe facile. La sua area sociale di riferimento, quella alta e medio- alta, l'establishment, già guarda con sfiducia ai 5S.
Il colpo di testa di Conte spingerebbe quell'area e i suoi numerosi media a denunciare l'ex premier come del tutto inaffidabile e il Pd non potrebbe non tenerne conto. Anche perché la carica della minoranza interna, da sempre ostile a campeggiare con i 5S, sarebbe violentissima e armata con argomenti forti. La sola via d'uscita, per Letta, sarebbe una provvidenziale riforma elettorale proporzionalista. Però ci vuole una dose davvero esorbitante di ottimismo e fede per sperare che Salvini sacrifichi una vittoria elettorale facile per far dispetto a Giorgia Meloni e ritrovarsi poi, dopo le elezioni, nella stessa scomodissima posizione nella quale si dibatte da quando è nato il governo Draghi.
L'attuale situazione di instabilità sarebbe quindi moltiplicata e l'approssimarsi delle elezioni farebbe il resto. Il governo sarebbe di fatto costretto a fare quel che già fa ma in forme esasperate: governare ignorando o quasi il Parlamento, come se l'azione del governo e il dibattito tra le forze politiche si sondassero in universi paralleli, continui ma non comunicanti.
In un simile quadro segnato da un estremo nervosismo scommettere sulla sopravvivenza della legislatura almeno fino al varo della legislatura non ha più senso che scommettere su come cadrà la moneta giocando a testa o croce.