LA MISSIONE

La premier freschissima di nomina arriva a Bruxelles, dove non la aspettano col fucile puntato ma neppure col tappeto rosso, portando in dote due omaggi certamente graditi. Si presenta con garanzie ferree dello schieramento a fianco dell'Ucraina e non solo a parole ma nei fatti: la fornitura d'armi e la partecipazione al fondo di sostegno per Kiev.

A LA PREMIER VEDRÀ URSULA VON DER LEYEN E CHARLES MICHEL

La presidente del Consiglio arriva con due richieste: poter rimettere mano al Pnrr per adeguarlo alle mutate contingenze e garanzie di intervento Ue sull’energia

La premier freschissima di nomina arriva a Bruxelles, dove non la aspettano col fucile puntato ma neppure col tappeto rosso, portando in dote due omaggi certamente graditi. Si presenta con garanzie ferree dello schieramento a fianco dell'Ucraina e non solo a parole ma nei fatti: la fornitura d'armi, la partecipazione al fondo di sostegno Ue per Kiev, che costa all'Europa 1,5 miliardi di euro al mese, la scelta di non arretrare di un centimentro sulle sanzioni, costi quel che costi. Per Bruxelles è il capitolo principale, non solo perché oggi la guerra fa premio su tutto ma anche perché era quella la principale paura europea, l'origine della diffidenza tangibile nei confronti del nuovo esecutivo di Roma. Se il mattone italiano si rivelasse scivoloso e instabile l'intero muro europeo vacillerebbe, sarebbe a rischio di crollo, con due leader della maggioranza considerati pericolosamente vicini a Putin. Tanto più merito ritiene di poter acquisire l'italiana presentandosi come baluardo e sola garante possibile della fedeltà piena dell'Italia alle scelte atlantiche. Non solo, porta un secondo titolo di merito, la presidente italiana, pesante quasi quanto il primo. Proprio lei, da sempre pronta a strillare contro i diktat della Bce e di Bruxelles, Giorgia la Sovranista ha fermato e prometterà di fermare ancora la tentazione, fortissima nella sua maggioranza, di fare ancora debito. Il suo no allo scostamento di bilancio è un fiore all'occhiello e la carta che dovrebbe rassicurare la Ue sul fronte dei conti.

Meloni potrà giocare probabilmente un terzo asso, questo però inconfessabile. I buoni uffici di Draghi, che quasi certamente, con la dovuta discrezione, si è speso per un'apertura di credito nei confronti di un governo che in partenza non può certo essere guardato con occhio amichevole da Bruxelles, Parigi e Berlino.

In cambio l'italiana arriva con due richieste: poter rimettere mano al Pnrr per adeguarlo alle mutate contingenze dopo la guerra e la crisi e garanzie di intervento europeo sul fronte dell'energia. Sul primo punto la Ue non vuole allargarsi troppo, sul secondo non può. Sul Pnrr pesa la diffidenza e anche un po' il pregiudizio sull'Italia. Già la scelta di posticipare l'entrata in vigore della riforma Cartabia, pur mantenendosi nei tempi stabiliti per il varo finale, cioè il prossimo 31 dicembre, ha fatto drizzare le orecchie della Commissione. Gentiloni ha già messo le mani avanti: il Piano deve restare quello che aveva assicurato Draghi. Certo c'è l'inflazione, ma la possibilità di adeguamento è già prevista nel trattato. E c'è l'energia, fronte sul quale la Commissione potrebbe mettere a disposizione gli avanzi dei fondi di coesione del RepowerEu, una quarantina di miliardi, che non basteranno ma sarebbero comunque un aiuto prezioso. Per la risposta comune europea alla crisi, tutto dipenderà dalla capacità degli Stati di trovare un punto di incontro sostanziale e non solo cosmetico e di facciata.

Il terzo capitolo è forse il più delicato. La Commissione insisterà per avere assicurazioni sul rispetto pieno dei diritti, dunque anche molto, anzi moltissimo, sul tasto dolente dell'immigrazione. Giorgia rilancerà, chiedendo di mettere all'odg il problema nella riunione del Consiglio di dicembre. Per certi versi rischia di essere il fronte più difficile, almeno in questo momento, perché si sommano le tensioni tra gli interessi reali e gli egoismi dei Paesi europei da un lato e un impareggiabile portato simbolico dall'altro. Il governo italiano può rassicurare e promettere quanto a Ucraina e conti pubblici ma non sull'immigrazione, non senza perdere la faccia di fronte al proprio elettorato almeno. Ma dall'altra parte la aspettano al varco quanti temono che il modello italiano possa contagiare anche i loro elettorati e spingere come un poderoso vento le navi della destra francese e tedesca.

Meloni non si presenta a mani vuote e può vantare i risultati economici del trimestre, molto migliori del previsto. Ma la trattativa che la aspetta sarà dura ma nonostante questo solo un antipasto di quella che si profila sulla revisione dei trattati: un’occasione che per l'Italia può rivelarsi una trappola fatale.