Il tono moderato della Commissione europea nelle Previsioni economiche di primavera non deve trarre in inganno. Bruxelles boccia senza riserve la politica economica del governo Conte. Con uno 0,1% di crescita nel 2019, l’Italia chiude la classifica del pil continentale. Il reddito di cittadinanza, “fiore all’occhiello” della maggioranza giallo verde, farà crescere la disoccupazione. Il debito salirà al 133,7% quest’anno e toccherà il 135,2% prossimo. Il deficit raggiungerà il 2,5% (contro il 2,04 previsto) e salirà al 3,5% nel 2020.

Di fronte a questi numeri, la Commissione non trae le conclusioni ovvie: l’Italia non rispetta nessuno dei Trattati europei. Non rispetta Maastricht perché il debito anziché scendere ( come previsto dalla “Clausola Carli”), aumenta. Non rispetta il Patto di Stabilità e crescita, perché anziché puntare verso il pareggio di bilancio, cresce. E non rispetta nemmeno il Fiscal Compact: non solo l’avanzo primario non raggiunge il 3% del pil ( come previsto), ma diminuisce anche dai livelli già scarsi previsti inizialmente dal governo.

Visto il quadro, la conseguenza sarebbe ovvia: avvio di procedura sia per deficit e sia per debito eccessivo. Ma la Commissione non lo dice. Lascia che sia il mercato a dare un giudizio. E non a caso, nel momento esatto in cui le Previsioni di Primavera sono state rese note, lo spread è schizzato verso l’alto. Qualcosa, però, il commissario Pierre Moscovici si lascia scappare: Bruxelles preparerà un nuovo rapporto sull’evoluzione del debito italiano. Come a dire: oggi siamo stati gentili ed educati, ma non pensate di passarla liscia.

E qualcosa trapela anche dal testo della Commissione. Per esempio, se il deficit del 2020 arriva al 3,5% è perché gli Eurocrati hanno preso per buone le parole di Salvini e di Di Maio di non far scattare le clausole di salvaguardia e di non aumentare l’Iva. Il problema è che i Dioscuri del governo non hanno detto come riusciranno a fare a meno di 23 miliardi di gettito. Ne consegue che in possesso della sola volontà politica (“nessun aumento dell’Iva”), la Commissione ne prende atto e scarica sul deficit il mancato incasso atteso: 23 miliardi, appunto.

Matteo Salvini prova ad esorcizzare i numeri europei. “Venendo qui leggevo le previsioni europee, non ne hanno mai beccata una”. Ed aggiunge: “Dicono che bisogna aumentare di 30 miliardi le tasse, col c...! Non ci penso neanche ad aumentare l’Iva e le tasse”.

Anche il giudizio di Bruxelles sulla crescita insegue formule diplomatiche. Come previsto dal governo, quest’anno il pil aumenterà dello 0,1%. Conte e Tria lo hanno poi gonfiato allo 0,2% grazie al decreto Crescita ed allo Sblocca cantieri. Il problema è che a Bruxelles questi due testi di legge non li hanno ancora letti. E, in modo estremamente diplomatico, ipotizzano un miglioramento della congiuntura legato all’aumento del ciclo internazionale, tale da spingere le esportazioni.

Per restare in materia, la Commissione affronta in modo ovattato l’impatto ( negativo) dell’aumento dell’Iva sui consumi interni. E sostiene che questi rimarranno fermi per tutto il 2019 per muoversi leggermente con il nuovo anno.

La vera bocciatura, presente solo nelle tabelle, è roba per palati fini. La Commissione boccia un fondamento delle previsioni macroeconomiche su cui si fonda il Documento di economia e finanze. Si tratta dell’indicatore che prende il nome di “deflattore al pil”: l’inflazione, in parole povere. Perché è importante? Perché da questo dipende il dato del pil nominale ( pil reale + deflattore al pil), su cui si calcolano i rapporti deficit/ pil e debito/ pil. Per il governo, il pil nominale di quest’anno deve salire dell’ 1,2%, mentre la Commissione lo limita allo 0,8%. Ma nel 2020, a fronte di una stima del Mef del 2,8%, Bruxelles lo immagina in salita dell’ 1,7%. Più di un punto in meno.