Sono un «terreno minato» le intercettazioni. Ne è consapevole il ministro della Giustizia Carlo Nordio, che nel suo intervento ieri in Commissione Giustizia al Senato ha voluto sgomberare il campo dalle polemiche delle ultime ore, smontando in particolare «gli equivoci» sorti dopo la modifica proposta dal governo nella legge di bilancio con riferimento alle attività dei servizi di intelligence.

Ma il suo intento era anche smentire quelli che lo vorrebbero titubante e ignaro delle mosse del suo stesso governo, tanto da ripetere più di una volta che non c’è «alcun passo indietro» rispetto a quelle che considera riforme fondamentali per una giustizia più giusta. Come la separazione delle carriere, la riforma (o cancellazione) di abuso d’ufficio e traffico d’influenze e una delegificazione per rendere più efficaci le norme anticorruzione, la cui efficacia deterrente, ha affermato, è pari a zero.

Le toghe - e in particolare l’Anm - sono avvisate, dunque: le riforme si faranno. E l’ispettorato del ministero vigilerà - e lo sta già facendo - sulle «differenti durate dei processi e i rispettivi esiti nei vari uffici giudiziari a parità di risorse e di contenzioso», monitoraggi che avranno frequenza quindicinale. «Aggiungo che l’attività ispettiva del ministero, al di là del fatto che vi saranno ispezioni rigorosissime e immediate quando vi fossero violazione di norme da parte dei magistrati», deve essere preminentemente «di ausilio, di aiuto, per vedere a parità di risorse perché questo funziona di più e questo di meno».

Ma è la riforma delle intercettazioni a tenere banco, mentre il Pd teme una deriva da Stato di polizia: tale strumento, ha ribadito il ministro, non dovrà più servire come mezzo di «delegittimazione». La modifica inserita nella legge di bilancio - che darebbe la possibilità ai servizi di intelligence di piazzare le cimici anche nelle abitazioni private, in deroga all’art. 614 del codice penale, con uno spostamento della spesa dal ministero della Giustizia al Mef - è tutt’altro che rivoluzionaria, ha spiegato il ministro, dal momento che tutto rimane «come prima», ma aumentando «le garanzie». E ciò perché le intercettazioni preventive, al contrario di quelle giudiziali, «rimangono chiuse a chiave nella cassaforte e non escono mai sui giornali, quindi sono più garantite delle altre: è una balla che sono più garantite le prime perché c’è un’autorizzazione del gip».

Il metodo di delegittimazione, ha evidenziato Nordio, è semplice: la richiesta di autorizzazione presentata dal pm arriva al gip «già corredata dei brogliacci della polizia, che sono generalmente sbagliati» e così le intercettazioni «sono già finite sui giornali senza che sia stata attivata quella norma del codice che ne prescrive l’individuazione e la trascrizione sotto forma di una perizia». Una «porcheria» che «è continuata anche dopo la legge Orlando», che pure andava nella giusta direzione.

«Basta vedere anche l’inchiesta Palamara, cosa è uscito da quelle intercettazioni, anche cose che non avevano a che fare con l’indagine, e cosa non è uscito. Ma voi credete veramente che tutte le intercettazioni del trojan di Palamara siano state trascritte con la perizia e siano state date a tutti? Sono state selezionate, pilotate, diffuse secondo gli interessi di chi le diffondeva e non sono state ancora tutte rese pubbliche o ascoltate dai difensori o individuate nella forma della perizia». Un palese accenno - ma senza norminarlo - all’audio della conversazione tra l’ex zar delle nomine e l’allora procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, audio ufficialmente sparito nel nulla.

L’emendamento, ha dunque ribadito, prevederebbe come novità solo il trasferimento di un piccolo capitolo di spesa, per una ragione molto semplice: le spese più grandi - quelle di noleggio delle strutture informatiche - non gravano su via Arenula. Che si occupa, invece, di spese «misere», ovvero le fatture, dove però vengono riportati i tabulati delle intercettazioni. L’intento sarebbe, dunque, quello di proteggere i dati sensibili e ridurre il danno a «zero», come accade negli altri Paesi, dove le intercettazioni sono affidate «ad agenzie indipendenti». Con un occhio anche al diritto all’informazione, che va difeso, ha chiarito il ministro, ma prendendo atto del fatto «che non si può più continuare con la delegittimazione dei cittadini fatta con intercettazioni pilotate e divulgate e la violazione del segreto istruttorio».

Guai a non definirlo liberale, ha detto in apertura il ministro, che ha più volte invocato la collaborazione con l’opposizione per riformare la giustizia. Che dovrà però digerire proposte come l’inappellabilità delle sentenze di proscioglimento, rispetto alla quale Nordio si è detto «convintissimo che sia necessario riformare» la disciplina tornando «alla legge Pecorella». Anche perché la pronuncia di incostituzionalità della Consulta, ha affermato, sarebbe superata da fatti nuovi, ovvero dal principio, introdotto dalla riforma Cartabia, che «una persona non può essere rinviata a giudizio se non vi sono prove al di là del ragionevole dubbio. Come si può condannare una persona - si è chiesto - quando un giudice precedente ha dubitato al punto di assolvere?». Dunque l’intento è quello di consentire l’impugnazione solo nei casi in cui intervengano nuove prove, ma rifacendo il processo sin dall’inizio.