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«L'unica via per ristabilire una effettiva e corretta tutela del precetto costituzionale che vuole l'inviolabilità del diritto di difesa e di ogni comunicazione intercorrente tra difensore e assistito è quella di prevedere, come da molti anni richiede con forza l'Unione delle Camere Penali Italiane, l'introduzione dell'obbligo da parte della polizia giudiziaria di interrompere immediatamente ogni captazione, anche occasionale, di tali comunicazioni». È quanto scrive in una lettera inviata ai componenti della Commissione Giustizia del Senato il presidente dell'Ucpi Francesco Petrelli, ricordando che «il Codice Vassalli ha inteso garantire, in modo molto chiaro, l'assoluta riservatezza delle conversazioni tra difensore e assistito, disponendo espressamente che non ne fosse consentita l'intercettazione e quale sanzione residuale, in caso di violazione di tale divieto, l'inutilizzabilità del risultato della captazione e la distruzione della stessa».
«La giurisprudenza ha però - sottolinea il leader dei penalisti - frustrato gli obiettivi di tale espresso divieto, riducendolo ad un vuoto simulacro, stabilendo che lo stesso non dovesse essere qualificato come preclusione assoluta 'ex ante', ma solo come verifica contenutistica 'ex post', avente ad oggetto l'accertamento dell'effettiva natura professionale del colloquio, promuovendo il ruolo dell'inutilizzabilità da sanzione del tutto residuale ad unica regola a garanzia del rapporto tra avvocato e assistito».
«Siamo certi - conclude Petrelli nella lettera ai senatori della Commissione Giustizia - che saprete assumere la responsabilità politica di garantire finalmente il rispetto della volontà del Costituente troppo a lungo disattesa, proprio in relazione a uno dei principi basilari sui quali si fonda il nostro patto di convivenza sociale, al diritto che nasce al fine di garantire tutti gli altri: il diritto di difesa».