È stata rinviata ieri la discussione in Commissione giustizia a Palazzo Madama sul ddl recante “Modifiche alla disciplina delle intercettazioni tra l’indagato e il proprio difensore, nonché in materia di proroga delle operazioni”.

Oggetto della discussione era l’emendamento presentato dalla relatrice, la leghista Erika Stefani, con il quale si prevede una durata massima degli ascolti di 45 giorni, «salvo che nei procedimenti in materia di criminalità organizzata». Sul punto ci sarebbero perplessità da parte del Pd. Il provvedimento, una parte del quale è confluito nel ddl Nordio ora in via di approvazione alla Camera, prevede una serie di garanzie a salvaguardia della funzione difensiva, limitando ispezioni, perquisizioni, sequestri, intercettazioni e controllo sulla corrispondenza.

In particolare, è sancito il divieto di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni dei difensori, consulenti tecnici e loro ausiliari e di quelle tra i medesimi e le persone da loro assistite. È poi vietato il sequestro e ogni forma di controllo della corrispondenza tra l’imputato e il proprio difensore, salvo che l’autorità giudiziaria abbia fondato motivo di ritenere che si tratti di corpo del reato. I risultati delle ispezioni, perquisizioni, sequestri, intercettazioni di conversazioni o comunicazioni eseguiti in violazione del divieto non potranno essere utilizzati nel processo. Ed ancora, fermo il divieto della loro utilizzazione, quando le comunicazioni e conversazioni sono comunque intercettate, il contenuto non potrà essere trascritto, neanche sommariamente: nel verbale delle operazioni si potrà esclusivamente indicare la data, l'ora e il dispositivo su cui la registrazione è intervenuta. La comunicazione, si precisa, si presume intercorrente tra indagato e difensore in tutti i casi in cui sia operata su utenze telefoniche a costoro riconducibili. La violazione di tale disciplina dovrebbe poi costituire un illecito disciplinare per i magistrati. La norma demanda poi ad un successivo decreto del ministro della Giustizia, da adottarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, l’istituzione dell’albo delle utenze telefoniche dei difensori.

Il decreto dovrà non solo prevedere “rigorosi” oneri dichiarativi di aggiornamento da parte degli stessi per garantirne la genuinità, sanzionandone il mancato rispetto, ma anche definire i criteri per l’individuazione delle utenze telefoniche. Per quanto attiene, infine, alla proroghe degli ascolti, si prevede il loro divieto se nel corso degli ultimi due periodi di intercettazione non siano emersi elementi utili alle indagini. «La Costituzione riconosce il diritto di difesa come “inviolabile in ogni stato e grado del procedimento” ed anche la Corte costituzionale è intervenuta più volte per garantire il pieno rispetto dei principi», ha ricordato Pierantonio Zanettin, capogruppo di Forza Italia in Commissione giustizia al Senato e firmatario del ddl.

«Anche la Corte di Cassazione ha aggiunto - è intervenuta più volte sul tema, individuando i limiti di operatività del divieto e fissando alcuni principi, che possono ritenersi ormai consolidati. Il divieto di intercettazioni relative a conversazioni o comunicazioni dei difensori non riguarda indiscriminatamente tutte le conversazioni di chi riveste tale qualifica, e per il solo fatto di possederla, ma solo le conversazioni che attengono alla funzione esercitata, in quanto la “ratio” della regola va rinvenuta nella tutela del diritto di difesa», ha quindi aggiunto Zanettin. Anche il diritto dell’Unione europea, va ricordato, riconosce comunque in generale il divieto di intercettazione dei colloqui tra indagato e difensore per garantire il pieno esercizio del diritto di difesa.