I possibili profili di incostituzionalità relativi al decreto legge 105, che estende il raggio delle intercettazioni per consentire l’utilizzo degli strumenti previsti per la lotta alla criminalità organizzata anche in assenza della contestazione del reato associativo, già segnalati dall’Ufficio legislativo di Forza Italia, «sono più che fondati. E auspico che in sede di conversione vengano fatte delle modifiche». A dirlo al Dubbio è Gaetano Azzariti, professore ordinario di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Convinto che la norma, scritta dal governo per tranquillizzare i capi delle procure di fronte ad una sentenza di Cassazione che metteva a loro dire in discussione il concetto di criminalità organizzata, possa arrivare davanti alla Corte costituzionale - e forse essere demolita -, date le sue criticità.

La maggioranza vuole portarla in Aula alla Camera il prossimo 24 settembre. E per questo, martedì, inizieranno le audizioni degli esperti, chiamati a dire, nelle Commissioni congiunte Giustizia e Affari costituzionali, come e se il testo sia migliorabile. Il primo intervento sarà quello del procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo. Dopo di lui a dire la propria saranno Ginevra Cerrina Feroni, professoressa ordinaria di diritto comparato all’Università degli Studi di Firenze, Edoardo Raffiotta, professore associato di diritto costituzionale all’Università degli Studi di Milano-Bicocca, Lorenzo Casini, professore ordinario di diritto amministrativo alla Scuola Imt Alti Studi di Lucca, Ida Nicotra, professoressa ordinaria di diritto costituzionale all’Università degli Studi di Catania, Alfonso Celotto, professore ordinario di diritto costituzionale all’Università degli Studi di Roma-Tre, Fabrizio Siracusano, professore associato di diritto processuale penale all’Università degli Studi di Catania, Gian Luigi Gatta, professore ordinario di diritto penale all’Università degli Studi di Milano, Sergio De Montis, procuratore aggiunto presso la Procura della Repubblica di Palermo e Grazia Ofelia Cesaro, presidente dell’Unione nazionale Camere minorili. Nessun nome, al momento, è stato presentato dal gruppo di Forza Italia. Che potrebbe affidarsi ai costituzionalisti convocati dai colleghi per risolvere le criticità segnalate dal documento - e che non pochi mal di pancia hanno provocato tra gli azzurri -, prima fra tutte la pretesa di rendere applicabile ai processi già in corso la nuova norma.

La norma, spiega Azzariti, non è interpretativa, esattamente come segnalato dalla scheda di FI. La criticità costituzionale è la pretesa di “correggere” per decreto un’interpretazione della Corte di Cassazione. «E questo non si può fare, se non pro futuro - sottolinea il costituzionalista -. Quindi è chiaro che i principi costituzionali di favor rei e di non retroattività delle norme penali non sono discutibili. Da costituzionalista traggo, dal documento di Forza Italia, l’auspicio che tali problematiche vengano risolte in sede di conversione con un emendamento chiarificatore».

Obiezioni potrebbero essere sollevate anche dal Presidente Sergio Mattarella una volta che sulla sua scrivania arriverà la norma convertita in legge, «ma questo non è immediato. Il Capo dello Stato non è la Corte costituzionale e queste sono criticità costituzionali che andranno, presumibilmente, davanti al giudice delle leggi». Il controllo del Presidente della Repubblica è più lato, non di legittimità costituzionale o di merito politico, ma ciò non esclude la possibilità di agire in qualche senso per evidenziare le criticità. «Nel caso in cui il Presidente dovesse rinviare alle Camere tutta la legge di conversione tutto il decreto andrebbe in fumo», sottolinea Azzariti. Da qui la possibilità di inviare un messaggio alle Camere, come fatto nel caso delle concessioni balneari, possibilità che però potrebbe essere ignorata dal Parlamento, come più volte accaduto anche in passato. Si tratta, dunque, di un'arma «opportuna, ma un po’ spuntata, perché purtroppo la storia ci insegna che i governi sono abbastanza sordi a questo tipo di sollecitazioni». Senza dimenticare che la questione costituzionale, in questo caso, è più delicata, dal momento che in ballo ci sono i rapporti tra il legislatore e la magistratura, da tempo tesi.

Altra questione la scelta dello strumento, ovvero la decretazione d’urgenza, ormai diventata una prassi. «L’abuso della decretazione d’urgenza è una tragedia di sistema costituzionale che si va moltiplicando e che andrebbe affrontata - conclude Azzariti -. Ovviamente non è un’invenzione di questo governo, ma le ultime statistiche parlano di un decreto legge a settimana. E questo dovrebbe inquietare tutti. Anche su questo il Capo dello Stato è rimasto inascoltato, nonostante abbia convocato sul punto, tempo fa, i presidenti di Camera e Senato. Si tratta di strumenti di straordinaria necessità ed urgenza. Quando l’eccezionalità diventa assoluta regola c’è da preoccuparsi. Non si interviene così con un decreto legge su questioni che per essere risolte dovrebbero essere affrontate con ben altra meditazione. Bisognerebbe riscoprire lo strumento della legge ordinaria e del dibattito parlamentare, che è stato pretermesso».