La Corte costituzionale ha accolto il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dal Senato contro la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino, il giudice per le indagini preliminari e il giudice dell’udienza preliminare del medesimo Tribunale, in relazione all’attività di intercettazione che ha coinvolto, Stefano Esposito, senatore nella XVII legislatura.

«Con la sentenza n. 227 del 2023, depositata oggi, è stato dichiarato - si legge in un comunicato della Consulta - che non spettava alle autorità giudiziarie che hanno sottoposto ad indagine e, successivamente, rinviato a giudizio Stefano Esposito, disporre, effettuare e utilizzare intercettazioni rivolte nei confronti di un terzo imputato, ma in realtà univocamente preordinate ad accedere alla sfera di comunicazione del parlamentare, senza aver mai richiesto alcuna autorizzazione al senato della Repubblica».

«Le intercettazioni disposte ed effettuate prima del 3 agosto 2015 - prosegue il comunicato - sono invece da qualificarsi come “occasionali”, con la conseguenza che non potevano essere utilizzate nei confronti di Stefano Esposito senza l’autorizzazione successiva richiesta dall’art. 6, comma 2, della medesima legge», scrivono ancora i giudici costituzionali. «In applicazione del diverso principio affermato dalla Corte nella sentenza n. 170 del 2023, è stata altresì accertata l’illegittimità dell’acquisizione agli atti di indagine, in data 19 marzo 2018, dei messaggi WhatsApp, indirizzati a (o prevenienti da) Stefano Esposito allorquando egli ricopriva ancora il mandato parlamentare, estratti dalla copia forense delle comunicazioni contenute nel dispositivo di telefonia mobile di altro indagato», si legge ancora sulla sentenza.

«Un parlamentare in carica è stato intercettato. Non si può fare, (e questo si studia al 1º anno di giurisprudenza).Oggi la Corte Costituzionale ribadisce questo principio. Quanto è costata questa inchiesta ai contribuenti? Farò di tutto perché il Csm se ne occupi», commenta con una nota l’avvocato e consigliere del Consiglio superiore della magistratura Ernesto Carbone.