Si discuterà probabilmente tra due settimane in commissione Antimafia la proposta di modifica del codice di autoregolamentazione dei partiti per le cosiddette “candidature impresentabili”. Il voto per le Comunali e quello per le Regionali in Piemonte è in programma, in un unico election day con le Europee, per i prossimi 8 e 9 giugno: l’obiettivo di Chiara Colosimo, presidente della Bicamerale di Palazzo San Macuto e deputata di Fratelli d’Italia, molto vicina alla premier Giorgia Meloni, è quello di giungere quanto prima all’approvazione del nuovo testo, certamente in tempo per la scadenza elettorale in calendario di qui a due mesi.

Già due mesi fa Colosimo aveva presentato agli altri componenti della commissione Antimafia degli “emendamenti” al codice precedente, che porta la firma apposta nella scorsa legislatura dall’ex pentastellato Nicola Morra: adesso la parlamentare di FdI ha aggiunto altre ipotesi di modifica, collegate anche ai recenti fatti di Bari e al tema dello scioglimento dei Comuni. «Vorrei inserire il controllo obbligatorio sull’amministrazione e i ruoli apicali nei Comuni sciolti per mafia e, su richiesta, nei casi in cui qualche Comune ha un dubbio o segnala anomalie», aveva detto Colosimo due giorni fa al forum della Adnkronos, aggiungendo che il controllo dovrebbe riguardare, ad esempio, anche «dirigenti, amministratori delegati delle società, direttori generali. Riguardo alle infiltrazioni, non possiamo pensare che il problema sia sempre della politica», ha sottolineato la presidente della Bicamerale Antimafia, che vorrebbe inserire nel codice di autoregolamentazione «la possibilità di controllo dell’apparato burocratico delle amministrazioni: io, ad oggi, controllo i candidati, ma perché la commissione parlamentare Antimafia non controlla chi ha un ruolo pubblico nei Comuni e nelle partecipate, quando ci sono scioglimenti per mafia?».

Ma la proposta di modifica di Colosimo sulle “black list elettorali” riguarda anche un altro aspetto: l’idea di inserire il controllo sul quarto grado di parentela per i reati di mafia. In pratica, si tratta di applicare le norme (e le eventuali segnalazioni della commissione) per gli “impresentabili” anche a chi ha parenti condannati in via definitiva per reati di criminalità organizzata. Parenti fino al quarto grado, che significa anche cugini alla lontana. «È evidente che per controllare il quarto grado – ha detto la parlamentare meloniana – non puoi fare altro che rivolgerti alla prefettura di zona e chiedere se, dei candidati, qualcuno appartiene a una famiglia mafiosa, perché non esiste una banca dati sui parenti dei mafiosi. Bisogna capire come fare, perché nulla si improvvisa e bisogna agire nel rispetto di tutte le regole», ha sottolineato. «Poi bisogna capire come permettere a quella persona di dimostrare che non ha rapporti con quel parente».

Insomma, le responsabilità penali sono e restano personali, ma tu che vuoi candidarti devi dimostrare di non avere alcun legame con quel soggetto malavitoso. «Quanti politici conosciamo che hanno un parente che ha avuto un problema con la giustizia? Peraltro ce l’ho anche io. Non vuol dire che sei automaticamente una persona che ha un problema con la giustizia – ha proseguito Colosimo –. Il tema è un altro: sulla criminalità organizzata il vincolo familistico ha un peso, ma se sei Peppino Impastato nessuno ti viene a chiedere conto, perché hai fatto delle cose per cui hai preso le distanze da quella famiglia».

Dalle sue parole, si comprende come la presidente della commissione Antimafia sia pronta a dialogare costruttivamente con le altre forze di maggioranza, e a trovare un bilanciamento tra le posizioni in campo: l’obiettivo è consentire a chi, pur imparentato con condannati per reati gravi, è estraneo alla criminalità, di “affrancarsi” dallo stigma mafioso. Un bilanciamento che, nelle intenzioni di Colosimo, andrà realizzato attraverso una seria discussione a Palazzo San Macuto, che porti a individuare la soluzione migliore. «Io ho fatto una mia proposta, ma come è corretto che sia, le proposte devono poi essere condivise, ed era giusto che tutti i partiti potessero fare le loro. Queste ipotesi di modifica sarebbero dovute arrivare prima di Pasqua, la commissione è stata occupata con molto altro e quindi non mi sento di dare colpe a nessuno». L’iter si è bloccato a causa delle audizioni sul presunto dossieraggio sul quale sta indagando la Procura di Perugia, e questo pit stop è stato anche provvidenziale per la maggioranza che, sul tema, sembra non essere pienamente in sintonia. È chiaro che, ad esempio, Forza Italia non sia sulla stessa linea di Colosimo, come già emerso sul Dubbio a febbraio quando il vicepresidente azzurro della Camera Giorgio Mulè disse: «Non vorrei che un approccio sicuramente encomiabile da parte della presidente Colosimo venga travisato e finisca per diventare una formidabile arma nelle mani dei giustizialisti un tanto al chilo che pretendono di giudicare le persone sulla base di un cognome o di una parentela». Tuttavia le dichiarazioni del vertice dell’Antimafia sembrano guardare proprio a una sintesi con gli altri partiti dell’alleanza di governo.