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IMORRONE
«Questo non è un Governo che guarda con occhio favorevole ai professionisti, mostrando un atteggiamento al limite del vessatorio nei confronti di categorie fondamentali nel sistema Italia e che stanno attraversando momenti di gravissima difficoltà». A puntare il dito è il deputato leghista Jacopo Morrone, primo firmatario del ddl sull’equo compenso, attualmente incardinato in Commissione Giustizia. Che assicura: «Sconti alla pubblica amministrazione? Tutt’altro: prima i professionisti rischiavano di lavorare gratis...» L'iter per l'equo compenso è partito. L'obiettivo è valorizzare l'attività dei professionisti, che hanno un ruolo di primo piano nella nostra società. I decreti emergenziali hanno però in molti casi penalizzato proprio loro. C'è ancora del lavoro da fare? È da tempo che si conoscono le esigenze e le legittime richieste degli ordini professionali. Io stesso, durante i 14 mesi in cui ho svolto il ruolo di sottosegretario alla Giustizia con delega anche alle professioni, ho messo in agenda fra le priorità la riforma della disciplina dell’equo compenso istituendo un Tavolo dove poter condividere le linee guida di una futura norma con gli ordini professionali e le associazioni di categoria. Uscita la Lega dal Governo, si è bloccato tutto, nonostante la soluzione fosse a portata di mano, visto che dal 18 ottobre 2019 abbiamo presentato alla Camera una proposta di legge, di cui sono il primo firmatario. Siamo comunque di fronte a un incredibile ritardo che dipende dal metodo del “rinvio” adottato da questo Governo. Solo pochi giorni fa, infatti, il 2 dicembre, è partito l’iter in commissione Giustizia alla Camera. Ricordo che il progressivo declino delle libere professioni è iniziato dalla seconda metà degli anni ’ 90, determinato da interventi del legislatore europeo recepite dallo Stato italiano. Con il cosiddetto “decreto Bersani” è iniziato un disegno di scardinamento di quel compenso dignitoso, che oggi chiamiamo equo, che dovrebbe spettare al professionista. Dopo vari passaggi normativi, a fronte di sempre maggiori oneri informativi a carico del professionista nei confronti del cliente, la determinazione del compenso è divenuta sempre più aleatoria, determinando non solo un generalizzato peggioramento delle prestazioni professionali rese, ma anche il crollo dei redditi dei professionisti fino a giungere a situazioni paradossali di retribuzioni simboliche, con compensi minimi aberranti o addirittura prestazioni a titolo gratuito. La situazione, quindi, è nota ed è indispensabile riequilibrarla. E sì, c’è molto lavoro da fare. Speriamo che non ci mettano i bastoni tra le ruote. Crede che il rapporto tra professioni e politica stia cambiando? Credo che ci debba essere più attenzione e coinvolgimento da parte della politica e delle istituzioni verso il mondo molto eterogeneo delle professioni, che rappresentano una grande forza motrice della nostra società, sia dal punto di vista intellettuale, che operativo. Un mondo che, a mio avviso, da diversi anni viene in qualche modo trascurato dalla politica, pur essendo indispensabile al Paese per il bagaglio di competenze, di capacità e di rapporti di cui si è saputo dotare. Quali sono le caratteristiche principali della sua proposta? Punta a estendere la disciplina dell’equo compenso alle grandi e medie imprese che superano i 60 dipendenti o con un fatturato superiore a 10 milioni di euro e alle multinazionali allo scopo di valorizzare e tutelare i professionisti. L’obiettivo è individuare una misura compensativa e di equilibrio tra un committente forte e un professionista che si trova in una situazione, per così dire, di subalternità. Il provvedimento, dunque, vuole riequilibrare questo rapporto. Altra novità, l’estensione del regime delle clausole vessatorie sia alla pubblica amministrazione che all’Agenzia delle Entrate. C’è inoltre la previsione dell’inversione dell’onere della prova che con la disciplina vigente è a carico del professionista. Con l’entrata in vigore di questa legge, sarà l’impresa a doverlo dimostrare, con un notevole alleggerimento per il professionista. L'articolo 3 ha però fatto molto discutere: se da una parte, infatti, estende il principio dell'equo compenso anche alla Pa, dall'altra prevede compensi dimezzati...
La nostra proposta di legge è l’unica che estende la disciplina dell’equo compenso anche alla Pubblica amministrazione e all’Agenzia delle entrate. Il compenso non potrà mai essere inferiore alla metà di quanto previsto dal tabellare professionale, dovrà essere “almeno” pari a quanto previsto per gli atti ma ridotto della metà, nulla vieta poi che in sede di negoziazione il professionista possa spuntare un compenso maggiore ( il 50% deve essere inteso come compenso minimo per il professionista e non come massimo). Oggi la legge professionale forense prevede che il compenso sia pari al 20% rispetto al tabellare, quindi elevarlo al 50% rispetto al valore che sarà poi previsto dai decreti ministeriali è un traguardo importantissimo. La norma va intesa come ulteriore conquista rispetto alla situazione attuale dove ci sono anche casi di compensi di professionisti a costo zero. Il compenso dimezzato riguarda esclusivamente l’Agenzia delle entrate e l’effettiva attività svolta quando si tratta di atti fotocopia che hanno natura di ripetitività, che abbiamo inserito per avere l’ok del Mef. Perché ciò che è importante è che questo testo, diventato legge, possa essere applicato subito, in quanto i costi sono già stati verificati. Si può arrivare a un provvedimento ampiamente
condiviso in aula?
Ovviamente le Commissione e il Parlamento sono il luogo deputato al dibattito e al confronto. Bisogna tuttavia che rimangano saldi al centro il ruolo del professionista e la parte innovativa di queste proposte. Il rischio è svilire una proposta riducendola a una mera introduzione di minimi e massimi come in passato, che tra l’altro ci porterebbe ad avere una procedura di infrazione comunitaria. Parliamo di avvocati e Covid. Ci sono molte perplessità sia in relazione alle norme emergenziali che prevedono, tra le altre cose, appelli cartolari e congelamento dei termini processuali, sia in relazione ai mancati ristori. Cosa farà la Lega? Prima di tutto devo fare un encomio ai professionisti e, in particolare, agli avvocati, categoria di cui mi onoro di far parte, per non essersi fatti soverchiare dagli eventi, dall’emergenza, ma di aver proseguito, per quanto possibile, la propria attività non solo per i propri assistiti, ma anche per l’intero sistema Paese, testimoniando ancora una volta la natura di servizio che caratterizza questa professione. Dall’altra parte, c’è il grande rammarico di fronte a un Governo che ha discriminato i professionisti, mostrando un atteggiamento al limite del vessatorio nei confronti di categorie che sono fondamentali nel sistema Italia e che stanno attraversando momenti di gravissima difficoltà. Una disparità di trattamento rispetto ad altri settori che la dice lunga. Penso soprattutto ai problemi dei giovani avvocati o degli aspiranti avvocati, alle prese con le incertezze e i rinvii dell’esame abilitativo. Penso anche alla totale disattenzione del Governo e del ministro Alfonso Bonafede alla sicurezza dei tribunali, dove il virus circola, le precauzioni sono quelle che sono e il rischio di contagio è all’ordine del giorno, come ha denunciato anche la senatrice Giulia Bongiorno. Tutto questo è stato denunciato in maniera forte e chiara da noi leghisti.
Avvocati da «encomiare» : stoici nonostante l’emergenza
«C’È IL GRANDE RAMMARICO DI FRONTE ALLE DISCRIMINAZIONI PERPETRARE, CON UN ATTEGGIAMENTO AL LIMITE DEL VESSATORIO NEI CONFRONTI DI CATEGORIE CHE SONO FONDAMENTALI NEL SISTEMA ITALIA E CHE STANNO ATTRAVERSANDO MOMENTI DI GRAVISSIMA DIFFICOLTÀ. UNA DISPARITÀ DI TRATTAMENTO RISPETTO AD ALTRI SETTORI CHE LA DICE LUNGA»