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«Sull’abuso d’ufficio la linea è chiara: abolizione». Sono quasi le 20 quando da via Arenula, dopo una lunga riunione che riprenderà questa mattina, arriva la prima indiscrezione sulle intenzioni del governo: tirare dritto, nonostante le proteste della magistratura e quelle di parte dell’opposizione.
L’argomento è stato al centro di un vertice convocato per redigere i pareri dell’esecutivo sugli emendamenti al ddl Nordio, che oggi, in Commissione Giustizia al Senato, segna la ripartenza del “carrozzone” della giustizia. Un dibattito, quello previsto oggi, anticipato da una rispolverata alle polemiche che hanno caratterizzato l’intera discussione e che vede due fronti contrapposti: da un lato chi - come il ministro Carlo Nordio - considera il reato evanescente e anche dannoso, in quanto origine di una vera e propria paralisi amministrativa, dall’altro - su tutti toghe, M5S e Pd - chi lo ritiene un reato spia in grado di svelare episodi di corruzione e, dunque, irrinunciabile.
L’appuntamento a Palazzo Madama è previsto alle 14.15, per dare il via al voto sulle proposte di modifica, circa 160. Dentro il pacchetto, oltre alla cancellazione dell'articolo 323 del codice penale, sono previste modifiche al traffico di influenze, alla disciplina delle intercettazioni (a tutela della riservatezza del terzo estraneo al procedimento), contraddittorio, gip collegiale per le misure cautelari, inappellabilità delle sentenze di assoluzione. Un provvedimento in chiave “garantista” che metterebbe l’Italia, a dire dell’Anm, nel mirino dell’Europa. Ciò nonostante negli altri Paesi europei non esista un vero e proprio corrispettivo dell’abuso d’ufficio, a dimostrazione del fatto che sul punto le idee sono tutt’altro che chiare. L’allarme sui rischi connessi al ddl 808 è stato lanciato ieri, su Repubblica, dal presidente del sindacato delle toghe, Giuseppe Santalucia. Convinto che l’abrogazione dell’abuso d’ufficio crei un vuoto di tutele per i cittadini rispetto al potere delle pubbliche amministrazioni. Anche perché la “paura della firma”, ha spiegato il numero uno dell’Anm, non si risolverebbe con l'abolizione del reato.
L’alternativa migliore, ha spiegato in un’intervista a Liana Milella, sarebbe stata una maggiore distinzione tra la discrezionalità politica e quella tecnico- amministrativa, come chiesto dal Pd per andare incontro ai propri sindaci, tra i più agguerriti nel chiedere un intervento. Insomma, bisognerebbe rivedere lo strumento «per dargli una maggiore effettività, senza per questo farne uno strumento che possa essere utilizzato in maniera arbitraria», ha aggiunto Santalucia. Secondo cui le poche condanne finora pronunciate non indicano l’inutilità della norma, la cui abrogazione potrebbe provocare «reazioni in sede europea». E ciò perché l’abuso di potere va punito anche quando «non degenera in condotte di corruzione, concussione o peculato». Il rischio, paventato a suo tempo anche dalla presidente della Commissione Giustizia al Senato, la leghista Giulia Bongiorno, è che - in assenza di reato - si finisca per indagare sindaci e altri funzionari pubblici per reati più gravi.
Ma il punto, ha ribattuto il senatore forzista Pier Antonio Zanettin sempre a Repubblica, è che «anche abolendo il reato, le indagini su eventuali comportamenti abusivi non cesseranno». Insomma, stiano tutti tranquilli, assicurano quelli della maggioranza, mentre M5S, Pd e Avs provano a porre un argine chiedendo che l’abuso d’ufficio rimanga e che venga soppresso, invece, l’articolo che prevede l’inappellabilità delle sentenze di assoluzione da parte del pm. «Anziché insistere nella folle via dell'abolizione del reato di abuso d’ufficio, lasciando così impuniti gli abusi di potere dei potenti contro i più deboli - hanno dichiarato ieri in una nota le senatrici M5S Mariolina Castellone, vice presidente del Senato, e Ada Lopreiato, capogruppo in commissione Giustizia -, il governo e la maggioranza valutino con molta serietà i nostri emendamenti al ddl Nordio per disciplinare in maniera rigorosa le attività di lobbying e per contrastare con fermezza ogni conflitto d'interessi che riguardi chi ricopre importanti incarichi pubblici. L’Italia ha un tremendo bisogno di affermazione della legalità e della trasparenza - hanno concluso -, mentre il governo Meloni sta andando in direzione esattamente opposta, smantellando pezzetto dopo pezzetto la normativa anticorruzione».
Lo sguardo di Lega e Forza Italia, invece, è puntato sulle intercettazioni. Uno degli emendamenti più interessanti è quello che mira a vietare “il sequestro e ogni forma di controllo delle comunicazioni” tra “indagato e il proprio difensore, salvo che l'autorità giudiziaria abbia fondato motivo di ritenere che si tratti di corpo del reato”, modifica chiesta da Lega e FI, secondo cui “le comunicazioni e conversazioni tra difensore e indagato comunque intercettate” non devono “in nessun caso essere trascritte nemmeno sommariamente”, pena la contestazione di illecito disciplinare.
Ma il tentativo è anche quello di porre un argine alla divulgazione di conversazioni e documenti. Tanto che la senatrice leghista Erika Stefani ha chiesto di modificare l’articolo 684 del codice penale (relativo alla pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale) prevedendo la “responsabilità civile di chiunque abbia pubblicato o pubblichi intercettazioni relative a soggetti diversi dalle parti”. E un’ulteriore stretta vorrebbe darla la vicesegretaria di Azione Mariastella Gelmini, che ha chiesto la decadenza dal diritto all'erogazione di contributi pubblici per le testate che violino il segreto istruttorio.