Il processo sulla strage di Brescia rischia di dover ripartire da capo. Il motivo? Una presunta incompatibilità – mai rilevata in 17 anni – tra il giudice Roberto Spanò e la moglie Roberta Panico, magistrato della Dda. Mercoledì prossimo, il Csm voterà la proposta di archiviazione arrivata al plenum dalla Prima Commissione. Tale archiviazione si fonda sulla decisione di Spanò di transitare al settore civile, scelta effettuata per evitare il trasferimento della moglie – già deliberato dal Consiglio – che avrebbe avuto un impatto rilevante sulla vita familiare. Tuttavia, secondo i due magistrati, questa soluzione non tiene conto nel merito delle osservazioni da loro avanzate.

A sollevare il tema dell’incompatibilità è stata una collega di Spanò, la giudice Cristina Amalia Ardenghi, in servizio alla Seconda Sezione Penale del Tribunale di Brescia. Nel corso di un’audizione in Commissione sui carichi di lavoro, aveva segnalato difficoltà operative legate al rapporto tra i due magistrati. In un secondo momento, però, ha rettificato le sue dichiarazioni, chiarendo che tale rapporto non ha mai causato tensioni né interferenze. Ma ormai il procedimento era stato avviato.

«Nel corso dei 17 anni di convivenza professionale all’interno dello stesso Palazzo di Giustizia – scrivono Spanò e Panico – non è mai emersa alcuna criticità da parte dell’utenza, ovvero da parte di chi, almeno in astratto, avrebbe potuto avere interesse a segnalare eventuali profili di incompatibilità».

Il Csm ha quindi disposto il trasferimento della pm dell’Antimafia, decisione alla quale Spanò ha reagito chiedendo il passaggio al settore civile. Tale situazione potrebbe però comportare la ripartenza da zero del processo per la Strage di Piazza della Loggia, dopo l’audizione di 20 dei 139 testimoni previsti. Secondo la proposta di archiviazione, infatti, Spanò potrà concludere solo i processi “prossimi alla decisione”. E quello sulla strage di Brescia, per complessità, non rientra in questa categoria.

C'è di più. Nella delibera con cui il Csm propone l’archiviazione, una nota a piè di pagina fa riferimento a un altro procedimento, con aggravante mafiosa, rispetto al quale – secondo quanto riportato – Spanò avrebbe ammesso di essere intervenuto presso l’ufficio del pm per ottenere l’eliminazione dell’aggravante e riportare il fascicolo alla competenza della Seconda Sezione. Una versione che contrasta, però, con quanto lo stesso Spanò ha indicato in una memoria inviata al Consiglio, in cui precisa innanzitutto che Panico non è mai stata coinvolta in quel processo, né come titolare né con ruoli procedurali.

In secondo luogo, l’aggravante mafiosa – inizialmente contestata – era già stata esclusa per tutti gli imputati. In un’interlocuzione con la procura, inoltre, sarebbe emerso che non vi era più interesse a mantenere tale aggravante, sia per la sua marginalità, sia per la debolezza del materiale probatorio. Nessun aggravio, infine, sarebbe derivato alla Seconda Sezione Penale.

«I dati statistici – osservano Spanò e Panico – dimostrano che, a partire dal 2018, solo 3 processi su 1830 (di cui uno monocratico) sono stati trasferiti dalla Prima alla Seconda sezione per ragioni di incompatibilità».Nello stesso periodo, Spanò ha redatto 300 sentenze, tra cui quelle a carico di Piercamillo Davigo e Fabio De Pasquale. E negli ultimi tre anni non si sono registrati procedimenti comuni.

«Abbiamo sempre agito con trasparenza, alla luce del sole – prosegue la nota dei due magistrati – dichiarando senza ritardo il nostro legame affettivo. Non siamo mai stati oggetto di ricusazione, né per il nostro rapporto di coniugio né per altri motivi. Mai vi sono state interferenze tra le rispettive attività lavorative».

A confermare l’assenza di incompatibilità è stato anche il Consiglio Giudiziario, che in due distinte occasioni (novembre 2023 e marzo 2024) ha attestato la mancanza di profili ostativi. La pratica, inizialmente destinata all’archiviazione, è stata trasmessa alla Prima Commissione da Maria Luisa Mazzola, giudice del Tribunale di Bergamo. Curiosamente, in passato, la stessa Mazzola – in qualità di membro del Consiglio Giudiziario – aveva firmato atti che escludevano qualsiasi interferenza tra Spanò e Panico.

Sulla decisione del Csm potrebbe pesare anche un’ulteriore valutazione. Spanò era tra i candidati per la presidenza del Tribunale di Bergamo. La questione dell’incompatibilità è giunta in plenum proprio nella stessa settimana in cui il Consiglio discuteva quella nomina, rispetto alla quale Spanò - così come la moglie - non ha santi in paradiso, non appartenendo a nessuna corrente associativa.

Secondo alcune voci interne, proprio questa loro estraneità alle logiche correntizie potrebbe aver influito sull’intera vicenda, anche in relazione alla gestione delle nomine. Un fattore che, secondo alcuni, resta una delle chiavi di lettura più significative per interpretare gli equilibri interni al Csm.