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Non era mai passato per leghista. Fino a ieri, quando Angelo Mascolo, giudice a Treviso, si presenta su tre quotidiani veneti, Nuova Venezia, Mattino di Padova e Tribuna di Treviso, con una lettera in cui annuncia secco: «D’ora in poi sarò armato». Non è una metafora: vuole farlo «perché lo Stato ha perso completamente il controllo del territorio». All’Anm veneta si mettono le mani nei capelli: «Lo deferiamo ai probiviri». Ma pure Salvini strabuzza un po’ gli occhi: Mascolo è un tipo imprevedibile, vero, ma contro di lui i lumbard ( o serenissimi) s’erano avventati con ferocia già in un paio di occasioni.
In particolare quando poco più di un anno fa il magistrato dell’ufficio gip trevigiano aveva disposto la scarcerazione di tre immigrati, presunti complici di un rapinatore che aveva causato gravi lesioni a un pensionato. In Parlamento il partito di Salvini gli aveva presentato contro un’interrogazione ai ministri di Giustizia e dell’Interno. Ora il segretario padano, un po’ confuso, abbozza: «Eh, quanto vieni toccato nel tuo...». Mascolo però gli ha fatto un incredibile spot per il 25 aprile di Verona: quel giorno invece della Liberazione la Lega celebrerà il diritto di sparare in nome dello slogan «la difesa è sempre legittima».
Lo pensa pure Mascolo. Che pensa a dire la verità tutta un’altra serie di cose incredibili, messe in fila senza imbarazzo nella lettera pubblicata dai tre giornali locali del gruppo Finegil. «Se non ci fosse stata la forza come sarebbe avvenuta la Rivoluzione francese?». E va bene, anche se qualche differenza tra giacobini e ronde padane pare esserci. La Révolution, argomenta Mascolo, è una «pietra miliare della civiltà vera, quella occidentale e non quella dei cammellieri». Non finisce qui. Armarsi sparare è la sola soluzione, anche perché «il lavoro di un giudice penale è, oggi, paragonabile a quello del soldato al quale, per tenerlo calmo, fanno scavare un buco e poi riempirlo».
Ma perché il gip Mascolo dice queste cose? Cerca solo di farsi espellere dalla magistratura? O magari ha avuto un trauma? Vera la seconda: qualche sera prima aveva sorpassato una Bmw, il conducente si è infuriato e ha cominciato a inseguirlo, con tanto di abbaglianti sparati a raffica. Il giudice va in fuga finché gli appare una pattuglia dei carabinieri. I militari fermano pure gli inseguitori, e quelli dicono: «Brigadiere, volevamo far capire a questo signore che non sa guidare».
Reagire così a un sorpasso è da disgraziati, per carità. Non del tutto coerente è peraltro la considerazione che Mascolo fa seguire nella sua lettera racconto: «Se fossi stato armato, come è mio diritto e come sarò d’ora in poi, che sarebbe successo se, senza l’intervento dei Carabinieri, le due facce proibite a bordo della Bmw mi avessero fermato e aggredito, come volevano chiaramente fare?». E infatti. Ma lui in realtà vuol porsi nella virtuale condizione di vittima ingiustamente accusata per eccesso colposo di legittima difesa: «Se avessi sparato avrei subito l’iradiddio dei processi - eccesso di difesa, la vita umana è sacra e via discorrendo - da parte di miei colleghi che giudicano a freddo e difficilmente ed è qui il grave errore - tenendo conto dei gravissimi stress di certi momenti». Il gran finale: nel territorio «a qualunque latitudine, scorazzano impunemente delinquenti di tutti i colori». Qui si sente l’eco di quella citazione sui cammellieri. E del senso della storia: ci voleva un colpo d’abbaglianti per riconciliare Mascolo con la Lega.