Dopo quasi cinque anni sembra calare definitivamente il sipario sull'indagine della Procura di Perugia che nella tarda primavera del 2019 sconvolse il Consiglio superiore della magistratura, determinando le dimissioni di ben cinque consiglieri e dell'allora procuratore generale della Cassazione Riccardo Fuzio, oltre all'annullamento della nomina di Marcello Viola a capo della Procura di Roma come successore di Giuseppe Pignatone.

Dopo aver dato il via libera al patteggiamento di un anno per il traffico d’influenze addebitato all'ex presidente dell'Associazione nazionale magistrati Luca Palamara, l’ufficio inquirente guidato da Raffaele Cantone ha chiesto ieri l'assoluzione per Adele Attisani, amica dell’ex presidente Anm, inizialmente imputata di corruzione.

Professoressa, Attisani era accusata di aver beneficiato delle presunte (e poi smentite) corruzioni dello stesso Palamara quando quest’ultimo presiedeva la potente Commissione per gli incarichi direttivi del Csm e decideva così sulle nomine. Secondo l’iniziale ipotesi della Procura di Perugia, in particolare, Palamara per anni avrebbe ricevuto utilità economiche dall’imprenditore Fabrizio Centofanti, anche indirettamente per il tramite di Attisani, consistenti in lavori edilizi per un totale di circa 60mila euro, oltre a monili, viaggi e pranzi. Centofanti, nei mesi scorsi, aveva patteggiato il reato di corruzione che, a questo punto, rimarrà senza il corrotto. Il “Gico” della Guardia di Finanza che aveva condotto l’indagine e che aveva “infettato” il telefono di Palamara con il trojan, ritenuto indispensabile per scoprire tale corruzione, non ha dunque dato un volto al pubblico ufficiale corrotto da Centofanti.

L'indagine di Perugia verrà comunque ricordata anche per il funzionamento a “singhiozzo” del trojan, che si accendeva o spegneva a seconda di chi incontrava Palamara. Quando si trattava, per esempio, del giudice Cosimo Ferri, all’epoca parlamentare di Italia viva, il virus informatico era sempre acceso: e infatti si è in attesa che la Consulta si pronunci sull'utilizzabilità di tali ascolti nel disciplinare che era stato aperto a carico dell’allora deputato. Senza dimenticare, infine, le varie fughe di notizie di cui aveva beneficiato l'avvocato Piero Amara, che tramite Centofanti avrebbe, come detto, cercato di condizionare il Csm. Sentiti a dibattimento a Perugia, gli ufficiali del “Gico” avevano ammesso che qualche militare dipendente - o più di uno o tutti - avevano in passato consegnato ad Amara, tramite il carabiniere Loreto Francesco Sarcina, le informative fatte dallo stesso “Gico” prima ancora che queste venissero depositate in Procura...