«Uffici giudiziari con meno di 20- 25 giudici non sono in grado di garantire la specializzazione richiestaci dall'Unione europea». A dirlo è Antonio D’Amato, procuratore aggiunto presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ed ex componente del Consiglio superiore della magistratura. «Se poi non vogliamo rischiare la paralisi con le nuove norme introdotte dal ddl Nordio in materia di collegialità sulle misure cautelari, i tribunali dovranno avere almeno 50- 60 magistrati», ha aggiunto D’Amato, intervenendo la scorsa settimana in audizione davanti alla Commissione giustizia del Senato.

Il dibattito sulla riforma della giustizia voluta dal Guardasigilli è dunque destinato ad avere ripercussioni sulla geografia giudiziaria. La tendenza del legislatore degli ultimi 30 anni, infatti, è stata quella di concentrare in capo agli uffici distrettuali competenze specialistiche, sia per gli uffici giudicanti ( ad esempio, il tribunale delle imprese, il tribunale del riesame per le misure cautelari personali, il gip distrettuale per le misure cautelari richieste dalla Dda) e sia per quelli inquirenti ( ad esempio i reati in materia di terrorismo o quelli di pedopornografia). Dall’Unione europea, poi, pervengono con sempre maggiore frequenza indicazioni verso la specializzazione dei magistrati, tanto nel civile quanto nel penale.

L'esigenza di gruppi di lavoro specializzati nella fase delle indagini preliminari è anche “imposta” dalle fenomenologie criminali moderne, che richiedono adeguati modelli investigativi basati su tecniche di indagine che non possono essere improntate alla genericità degli accertamenti. «Da almeno trent’anni si è abbandonata l’idea del pm in grado di saper fare, bene e contemporaneamente, ogni tipo di indagine. E mi riferisco non solo ai reati in materia di mafia o corruzione, ma anche a quelli in materia ambientale, a quelli da “codice rosso”, a quelli in materia di criminalità economica», prosegue D’Amato. La medesima esigenza di specializzazione riguarda i giudici delle indagini preliminari e del dibattimento penale e quelli che nel civile si occupano di fallimentare e societario. «Va da sé - sottolinea l’ex consigliere del Csm - che un tribunale di piccole o medie dimensioni non può garantire la specializzazione, con magistrati che sono chiamati a giudicare su tutto». Attualmente ci sono 26 distretti di Corte d’appello, fra loro dimensionati in maniera eterogenea: si va da distretti con meno di 100 magistrati, come Campobasso, a distretti con oltre 1000 magistrati, come Napoli e Roma.

Sui 140 Tribunali attualmente esistenti in Italia, solo 21 sono considerati uffici di grandi dimensioni, con un numero di giudici che varia fra le 50 e le 350 unità. Ventisei hanno un numero di magistrati fra le 20 e le 25 unità e 58 hanno meno di 20 magistrati. Ci sono infine circa 12 “micro- tribunali” con meno di 10 magistrati ( ad esempio, Aosta, Rovereto, Urbino, Lanciano, Lanusei). «Le conseguenze sono facilmente immaginabili in termini di uniformità dei contenuti e di risposta alla domanda di giustizia», puntualizza allora D’Amato, ricordando che il Csm ha diramato linee guida organizzative diverse in ragione della dimensione degli uffici, così come il ministero della Giustizia. «ll rischio concreto - sottolinea il procuratore aggiunto - è però quello di una suddivisione fra uffici di serie A e uffici di serie B. La stessa riforma Cartabia ha comunque previsto, all’articolo 87 delle disposizioni transitorie, uffici a doppia velocità sul versante telematico in ragione della loro dimensione».

Tutto, ovviamente, sarebbe più facile in presenza di distretti giudiziari più o meno equidimensionati fra di loro. «Se già ora i Tribunali di piccole e medie dimensioni entrano in crisi allorquando si manifestano emergenze, le più svariate, quali la scopertura di qualche unità o l’assenza prolungata di un magistrato o la vacanza prolungata a seguito di ritardi nella copertura dei posti vacanti, è facile prevedere quanto questa crisi potrà acuirsi con la riforma sulla collegialità della decisione cautelare. E ciò proprio nel momento in cui la carenza di magistrati per i vuoti di organico è pari a quasi il 15 percento di scoperture non colmabili a breve», conclude allora D’Amato.

Va aggiunto, per completezza, che la situazione delle piante organiche dei magistrati è fortemente critica anche a causa di una distribuzione non sempre razionale del personale di magistratura. Il caso di Napoli è emblematico. Al Tribunale di Napoli Nord, che insiste su un territorio con circa 1 milione di abitanti, vi è una pianta organica con meno di 100 magistrati; nel vicino Tribunale metropolitano di Napoli, con una popolazione di oltre 1 milione 300 mila abitanti, la pianta organica è grande più del triplo, con circa 350 magistrati.