Si è svolto ieri nella Sala Matteotti di Palazzo Theodoli il convegno dedicato alle “parole della giustizia” e organizzato dall’associazione “Fare” (Femminista, ambientalista, radicale, europeista). Il sodalizio è stato fondato dall’onorevole Michela Di Biase (Pd). Già in passato “Fare” ha promosso iniziative di confronto e approfondimento, potendo annoverare tra i relatori personalità del mondo politico e culturale come Lisa Clark (premio Nobel per la Pace), David Sassoli, gli scrittori Paolo Giordano e Alessandro Baricco. L’incontro ha avuto come filo conduttore il dialogo con al centro la parola perdono, elemento su cui si fonda anche la giustizia riparativa.

I lavori sono stati aperti dal presidente della Camera dei deputati, Lorenzo Fontana. «Quello del perdono – ha detto Fontana – è un tema che si innesta bene in questa settimana di riflessione. Il perdono è una delle cose più difficili da realizzare. Nella giustizia è un atto che ci invita ad una visione alternativa del mondo». Il presidente della Camera si è soffermato su una delle caratteristiche della giustizia riparativa, poiché mira a sanare il trauma e il dramma che vivono le vittime di reato e i suoi familiari. «La giustizia riparativa rappresenta una sfida culturale e la politica deve sfruttare tutte le sue potenzialità», ha aggiunto Fontana.

Michela Di Biase ha sottolineato il motivo per cui è stata realizzato il convegno sul perdono e sulla giustizia riparativa: «L’evento di oggi ( ieri, ndr) nasce come un primo momento di riflessione sui temi della giustizia in vista del Giubileo 2025. Nel suo messaggio ai ragazzi della Giornata mondiale della gioventù Papa Francesco ha annunciato che il motto del Giubileo 2025 sarà “pellegrini di speranza”. A partire da questo concetto abbiamo voluto pensare ad un momento di approfondimento che con l’approssimarsi dell’anno giubilare sappia tenere insieme l’appello alla speranza, come cammino dell’umanità, e una riflessione sui temi della giustizia».

La parlamentare dem ha richiamato il pensiero di alcuni importanti giuristi e intellettuali. «Franco Cordero – ha commentato - scriveva che l’universo normativo è fatto di parole. Massimo Recalcati sostiene come la legge, in senso psicoanalitico, sia quella della parola: parola che è orizzonte e limite. Sull’uso e la dicotomia di parole piene e parole vuote, quelle che hanno il potere di risolvere le formazioni dell’inconscio e quelle prive di questo significato, si è interrogato Jacques Lacan.

Non esiste una parola che non presupponga un dialogo, che non esiga una risposta, la parola è alla base della relazione intersoggettiva, attraverso questa avviene il riconoscimento dell’altro. Operare e vivere nel pianeta giustizia implica di per sé un uso accorto, sapiente e saggio delle parole ciascuna con il proprio significato auto- riconoscibile ma capace di costruire una trama o un ordito di pensieri e di pratiche. Quando si parla di giustizia riparativa, ci ricorda Grazia Mannozzi, un uso corretto del linguaggio è fondamentale: ci si muove sul terreno fatto di prassi, metodi vari e diversi principi, valori, garanzie. C’è la necessità di utilizzare le parole in modo responsabile e, come sosteneva Calvino, anche soprattutto nella loro complessità, estirpando l’approssimazione».

I lavori sono stati moderati dal giornalista Stefano Folli, che ha introdotto gli interventi di padre Francesco Occhetta (segretario generale della “Fondazione Fratelli tutti” e coordinatore della “Comunità di Connessioni”) e Anna Finocchiaro (già deputata, senatrice e ministra).

«Bisogna attribuire - ha affermato padre Occhetta – alla parola perdono un significato eroico. Nel diritto assume forza se intesa come un atto creatore. Il perdono introduce una dinamica in grado di liberare le coscienze. Da questi presupposti deve partire la riflessione sulla dimensione culturale della parola perdono, che poi si ricollega alla giustizia alla quale possiamo, in un caso, collegare i concetti di vendetta e pena esemplare, in un altro caso il valore della ricomposizione delle fratture sociali e personali».

Secondo il gesuita, questo è il tempo di intendere la giustizia con la metafora dell’ago e del filo che si realizza con un lavoro paziente e con l’impegno di tutti, a partire dai giuristi e dal legislatore. Infine, Anna Finocchiaro ha parlato della giustizia riparativa proiettandola in una dimensione politica. «Oggi – ha affermato – questa visione della giustizia è una grande conquista, che, però, ha bisogno di abbattere una serie di timori. Da qui le grandi questioni che si ricollegano alla pena. Scommettere sulla giustizia riparativa significa abbattere il tasso di odio presente nella nostra società».