Il punto su cui gli investigatori e i difensori di Alberto Stasi paiono aver in comune certezze granitiche è il fatto che quel 13 agosto 2007 in cui Chiara Poggi fu uccisa, sulla scena del delitto vi fossero più persone. Tre o quattro, si dice. Non sono solo vociferazioni o gli esibizionismi muscolari di Fabrizio Corona. Perché per esempio il maresciallo Francesco Marchetto, che allora era il comandante capo dei carabinieri di Garlasco e che sarà poi protagonista di alcune vicende giudiziarie, nelle settimane scorse è stato sentito dalla procura di Pavia e ha esplicitamente fatto due nomi, e nessuno dei due è quello di Andrea Sempio, oggi unico indagato, come responsabili dl delitto.

Si sente odore di resa dei conti di famiglia, nelle tante vociferazioni di periferia che si stanno moltiplicando in questa storia di diciotto anni fa. Grandi protagonisti sono gli avvocati di Alberto Stasi, che nel corso degli anni hanno anche subito diversi avvicendamenti, che non si arrendono, dal momento che il loro assistito ha sempre insistito sulla propria innocenza. Non si sono arresi neppure di fronte al rigetto della cassazione del 2021 rispetto alla richiesta di revisione del processo, né dei mancati accoglimenti della Cedu del 2023 e dello scorso febbraio.

Anche quando nel 2016 i legali sono partiti alla carica nei confronti di Andrea Sempio, uno degli amici allora ragazzini di Marco, il fratello di Chiara, un giudice delle indagini preliminari, su richiesta della procura, aveva archiviato. E così ancora per due volte, un anno fa. Se oggi c’è un’inchiesta, che vede indagato per omicidio Sempio in concorso “con Stasi o con altri”, è per la decisione della cassazione, che ha finalmente, nel dicembre 2024, accolto l’ennesima richiesta dell’avvocato Antonio De Rensis.

Alberto Stasi e Andrea Sempio sono concordi nel dire di non essersi mai conosciuti, il che non è così strano, benché Garlasco non sia una metropoli, dal momento che tra ragazzi ancora liceali e altri che come Chiara e Alberto erano una già laureata e l’altro alle prese con la tesi, il gap generazionale era significativo. Dando quindi per scontato che non abbiano mentito, chi sono “gli altri” che dobbiamo collocare sulla scena del delitto? E soprattutto, quale movente potrebbe aver portato, secondo questa ipotesi, un gruppo di persone ad ammazzare una ragazza come Chiara, descritta da tutti come timida e riservata?

Inoltre, se parliamo di un singolo assassino, che sia stato il fidanzato o, ipotizziamo, un ragazzino magari invaghito di una giovane donna, l’ipotesi più probabile sarebbe il gesto d’impeto. Un litigio o un rifiuto, per esempio. Ipotesi impossibile per un gruppo di persone. Ma l’avvocato De Rensis ancora ieri, quasi a reti unificate e scopertamente allineato con procuratori che lui stima moltissimo, insisteva sull’omicidio di gruppo. Rimane comunque il fatto che a essere impigliato nella rete, dopo la condanna definitiva di Alberto Stasi, c’è il solo Andrea Sempio. E che, ogni volta che si nominano le gemelle Cappa, le due cugine di Chiara Poggi, una delle quali, Stefania, oggi avvocato, è indicata come complice, gli inquirenti si affrettano a chiarire che “non sono indagate”.

Ci si concentra invece su quella che appare sempre più l’”impronta a orologeria”, la numero 33, quella sul muro che costeggia le scale da cui la vittima, dopo esser stata presa a martellate, è stata buttata giù, e che viene attribuita al palmo della mano destra di Sempio. Non si sa a quando risale quell’impronta, al giorno del delitto o a un periodo precedente, come quella, sullo stesso muro, del fratello di Chiara? Le analisi hanno già dimostrato che non si tratta di una mano insanguinata e che il colore rosato è dato dall’uso di un reagente di nome ninidrina.

Gli instancabili accaniti difensori di Stasi però non mollano l’osso, e come san Tommaso, quello che vuol sempre ficcare il naso, hanno chiesto alla procura (che raramente dice loro di no) di rifare gli esami alla ricerca del sangue che non c’è. Poi un’altra impronta, la numero 10, ha attratto la loro attenzione, quella sul lato interno della porta d’ingresso della villetta. E’ già accertato che il dna non sia né di Stasi né di Sempio, quindi quella traccia non dovrebbe avere rilevanza. E no, sospetta l’occhiuto avvocato De Rensis, perché l’ignoto potrebbe essere uno dei complici dell’assassinio di gruppo.

Sussurri e grida aleggiano sempre come corvi intorno alla famiglia. Si arriva a far circolare pettegolezzi infamanti sulla stessa Chiara. Ci mette del suo Fabrizio Corona a far circolare la voce su una serie di intercettazioni che sarebbero state raccolte illegalmente da un investigatore privato che le avrebbe consegnate al procuratore Napoleone e che non sarebbero utilizzabili, ma che conterrebbero la prova del complotto di famiglia. Sarà forse per questo, ammesso che la notizia sia attendibile, che gli investigatori si sono affrettati a far dragare il canale di Tromello per cercare “oggetti pesanti” che Stefania Cappa avrebbe gettato proprio quel 13 agosto, solo sulla base di una testimonianza tardiva rilasciata a un programma televisivo.

E comunque, quei quattro pezzi di ferro arrugginiti che sono stati tirati fuori dalla melma depositata in 18 anni, difficilmente potranno dirci qualcosa sull’arma del delitto. Si naviga a vista, in questa inchiesta, lasciando intendere, sempre dalla voce dei difensori di Stasi, i più attivi nella comunicazione, che Andrea Sempio sia una sorta di prigioniero politico. Uno che dovrebbe esser considerato il testimone di un delitto più che il colpevole. Uno che potrebbe esser considerato l’anello debole di una catena di amici o parenti, nella speranza di un crollo che lo porti a diventare il “pentito” perfetto di un’inchiesta condotta con metodi - i blitz, le retate, la triangolazione degli interrogatori - sempre più da antimafia che non da saga familiare di provincia.

Previsione? Andremo avanti a lungo. Anche perché alcuni appuntamenti sono già fissati. Il prossimo 17 giugno si riuniranno i genetisti nominati dal giudice per gli esami del dna su 11 persone, e avranno 90 giorni di tempo per gli esami. Infine il 24 ottobre le parti si ritroveranno nell’ufficio della gip Daniela Garlaschelli. E si, perché esistono anche i giudici, cosa di cui le parti paiono spesso non ricordarsi.