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Questa volta la gogna mediatica non ha risparmiato un avvocato. Si tratta di Marco Crocitta del Foro di Reggio Calabria, il cui nome è stato associato alla scomparsa di Denisa Paun, 30enne rumena ritrovata senza vita mercoledì, a Montecatini Terme, in un casolare abbandonato.
Per l’omicidio è accusato un connazionale della vittima, Vasile Frumuzache, di 32 anni, che ha confessato. «Mi ricattava, per questo l’ho uccisa», le parole pronunciate davanti agli inquirenti. L’uomo si è attribuito l’omicidio di un’altra donna rumena, scomparsa nell’agosto 2024 sempre a Montecatini. Le tracce di Denisa si sono perse nella notte tra il 15 e il 16 maggio, dopo essersi recata a Prato, per una trasferta lavorativa come escort in un residence.
Sin dai primi giorni della scomparsa, si è diffusa la notizia riguardante un avvocato disponibile a dare una mano alla madre di Denisa, Maria Cristina, per ritrovare la figlia. Il professionista in questione è proprio Marco Crocitta. In realtà il contatto tra la signora Paun e Crocitta c’è stato. È avvenuto con alcuni messaggi inviati dalla donna nei quali riferiva all’avvocato di essere molto preoccupata perché non riusciva a contattare Denisa. Marco Crocitta ha conosciuto in passato la signora Paun per aver assistito alcuni suoi familiari.
È bastato questo per gettare nel tritacarne il professionista calabrese e farlo passare come un personaggio losco con morbose attenzioni per la giovane rumena. Un ritratto reso ancora più inquietante dalle dichiarazioni di una amica della donna ritrovata morta due giorni fa e che ha riferito che l’avvocato avrebbe voluto avere una relazione con la escort.
Per più di due settimane Crocitta, come spiega in esclusiva al Dubbio, ha fatto i conti con illazioni e la nube cupa dei sospetti addensatisi sulla sua persona e sulla sua attività professionale. Un vero e proprio incubo – un “dramma”, come lo definisce - che non è destinato a finire. Una settimana fa ha ricevuto un avviso di garanzia per sequestro di persona. Nella vicenda molto ruota attorno a quanto riferito da un’altra escort di 22 anni, amica di Denisa, che avrebbe dato, come riferisce Crocitta, «un contenuto di disvalore falso alle comunicazioni intercorse tra me e la signora Maria Cristina, assolutamente limpide e alla luce del sole. In particolare – afferma il professionista calabrese – ho appreso dai giornali che, stando alla testimonianza della escort ritenuta attendibile, un avvocato calabrese 44enne aveva organizzato un sequestro con una banda di rumeni perché cliente della ragazza e per punirla per un rifiuto precedente. Questa donna riferiva agli inquirenti che i miei contatti con la madre di Denisa, sottaciuti agli inquirenti, fossero diretti a trattare un riscatto o comunque che il tema delle nostre conversazioni fosse un rapimento, con la giovane ancora in vita. Il tutto è assolutamente falso ed è stato smentito dalle legali della signora Maria Cristina, le quali hanno parlato chiaramente di un grosso equivoco, negando categoricamente che io potessi essere un mediatore o persona in possesso di informazioni cruciali su quanto accaduto».
A questo punto la gogna mediatica diventa sempre più asfissiante. «Malgrado tutto – aggiunge Crocitta -, dopo qualche giorno, leggevo per esteso il mio nome e cognome su molti quotidiani online quale persona indagata per sequestro di persona. Non ci credevo, anche perché non avevo ricevuto, fino a quel momento, alcun avviso di garanzia e non ne vedevo il perché per diversi ordini di ragioni. Non ho mai conosciuto né visto la ragazza scomparsa, come confermato dalla madre e dalle sue legali, non ho mai avuto alcuna forma di interazione, neppure virtuale o telefonica. Non sono mai stato a Prato in vita mia. Nei giorni della scomparsa di Denisa ho svolto le mie attività professionali tra Sardegna, Calabria e Sicilia. Inoltre, mai potevo essere in contatto con gruppi criminali legati alla prostituzione, non avendo trattato da penalista questo genere di crimini. Anzi, nel mio curriculum professionale ci sono 24 processi vinti con risarcimenti assicurati a donne vittime di violenza, alle quali ho sempre offerto il meglio di me da un punto di vista lavorativo».
A questo punto del racconto prendono il sopravvento amarezza e tristezza. «Nel giro di poco tempo – prosegue Crocitta - ho iniziato a dovermi confrontare con l’accusa di un crimine mostruoso, tempestato e macellato dalle testate giornalistiche nazionali e locali, prima ancora di ricevere formalmente la notifica di un atto e di conoscerne il contenuto, che già conoscevo dai giornali con tanto di dati sensibili. Il 29 maggio, dopo aver saggiato la disponibilità della collega Paola Verga del Foro di Paola ad assumere la mia difesa, mi sono recato presso i carabinieri di Reggio Calabria per ricevere una notifica i cui contenuti erano già stati ampiamente diffusi dai quotidiani. Con la mia legale, che ha mostrato un senso di umanità meraviglioso, ho reso dichiarazioni spontanee per significare sostanzialmente che i miei dati e l’accusa erano stati diffusi sui giornali, prima ancora che mi venisse notificato l’atto giudiziario».
Crocitta, però, non perde la speranza: «Davanti ai carabinieri ho dichiarato di avere profondo rispetto per le istituzioni e serenità per le indagini a mio carico. Non essendo in possesso di elementi informativi utili alla prosecuzione delle indagini, ho dichiarato la mia assoluta e incondizionata disponibilità a fornire qualsiasi chiarimento alla procura». Nel frattempo, la gogna mediatica ha stritolato un’altra persona.