La riforma del codice di procedura penale è tra gli obiettivi dichiarati della legislatura. A confermarlo è il ministro della Giustizia Carlo Nordio, che in un’intervista a La Stampa ha tracciato le direttrici dell’intervento, ribadendo l’intenzione di ripristinare i principi liberali del codice Vassalli, promulgato nel biennio 1988-89.

«È una riforma allo studio – ha affermato – e mira a riportare in vita i principi voluti da Giuliano Vassalli, eroe della Resistenza e figura di assoluta autorevolezza democratica. Il suo codice è stato snaturato nel tempo, imbastardito. Speriamo di farcela entro questa legislatura».

Al centro delle parole del Guardasigilli c’è la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, una misura che – nelle intenzioni – rispecchierebbe la natura del processo accusatorio all’italiana, ispirato al modello anglosassone. «Nel sistema che Vassalli aveva delineato – ha spiegato Nordio – giudici e pm appartengono a ‘parrocchie’ differenti. Non è una punizione, ma un completamento logico del sistema».

Più delicato invece il tema della composizione del Consiglio Superiore della Magistratura. La riforma prevede l’istituzione di una nuova Alta Corte disciplinare, completamente autonoma dal Csm, che giudicherà le condotte dei magistrati. Ma proprio su questo punto si concentrano le critiche dell’Associazione Nazionale Magistrati.

«Credo che l’Anm veda il vero intento punitivo non tanto nella separazione delle carriere, quanto nel sorteggio del Csm e nell’Alta Corte – ha detto Nordio –. È sintomatico della riluttanza del sindacato della magistratura a perdere un potere correntizio che ha esercitato, e male, per decenni».

Il ministro richiama anche il caso Palamara, come esempio delle degenerazioni del sistema: «Gli stessi magistrati hanno parlato di verminaio e mercato delle vacche. Questa riforma ridurrà di molto il potere delle correnti. Se sia punizione o ripristino della vera indipendenza della magistratura, lo diranno gli elettori nel referendum che seguirà».

Su Palamara, Nordio non usa giri di parole: «Il caso è emblematico. Nessuno può credere che riguardasse solo lui e pochi consiglieri. Se si voleva fare chiarezza, sarebbe stato necessario analizzare tutte le intercettazioni, non solo quelle comode».

Riguardo alle accuse di incoerenza rispetto all’annunciata depenalizzazione dei reati minori, il ministro replica: «I tempi cambiano, come cambiano i comportamenti e le tecnologie. Dove c’era un vuoto di tutela – occupazioni abusive, violenza contro le donne, truffe digitali – siamo intervenuti». Poi rivendica alcuni risultati già raggiunti: «La norma sui rave party ha colpito un fenomeno intollerabile, che infatti è cessato. E abbiamo anche eliminato alcuni reati, come l’abuso d’ufficio, restituendo serenità a tanti sindaci e pubblici amministratori».