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A sinistra il magistrato Emilio Sirianni, a destra Mimmo Lucano
Al Csm piomba il caso Emilio Sirianni e lo spacca letteralmente. Due giorni fa, dopo ben tre votazioni, con 15 voti a favore, 14 contrari e due astenuti, il plenum - presieduto da Pinelli - ha deliberato il mancato superamento, per valutazione negativa, da parte del magistrato della sezione lavoro della Corte di Appello di Catanzaro, della VII valutazione di professionalità. A favore della valutazione positiva hanno votato Area, Md, gli indipendenti Fontana e Mirenda, Unicost e Romboli, laico in quota Pd. Contrari Mi, centrodestra e Ernesto Carbone.
La motivazione la spiega un comunicato di Md: «I motivi della decisione risiedono nella ( ritenuta) mancanza delle indispensabili “doti di equilibrio e indipendenza che dovrebbero costantemente connotare la condotta del magistrato”. Le ( pretese) ragioni sono note: Emilio Sirianni “paga” le conseguenze del suo rapporto amicale con Domenico Lucano, il suo offrire consigli per la sua attività a supporto dei migranti, il suo conforto morale, la sua promessa di impegnarsi per promuovere un movimento di opinione a suo favore. Il tutto è emerso grazie ad attività di intercettazione telefonica – cui era sottoposto Lucano – nel corso delle quali Sirianni ha anche avuto il torto di esprimere commenti molto aspri, propri di una conversazione privata tra amici, sulla professionalità di un magistrato (Gratteri, ndr)».
La decisione del plenum sarebbe stata di natura prettamente politica e non basata sull’esercizio delle funzioni del magistrato. «Si tratta – prosegue la nota di Md - di una valutazione di professionalità che omette di valutare il lavoro giudiziario, a partire dalla qualità dei provvedimenti per finire alla capacità organizzativa, per concentrarsi sulla vita privata del magistrato». È «un precedente pericoloso per tutti i magistrati italiani, che rischiano di essere bloccati nelle progressioni di carriera per le loro scelte di vita privata e non per il vaglio negativo dell’attività che svolgono nell’aula. Sotto questo profilo, desta preoccupazione, sul piano del metodo, il modo con cui molti componenti del Consiglio hanno interpretato il loro ruolo: un Csm polarizzato in due schieramenti contrapposti, con l’intero Comitato di presidenza che si mostra incapace di esprimere una posizione quando a essere in gioco è la stessa indipendenza dei magistrati».
Ha detto al Dubbio il consigliere del Csm Marcello Basilico (Area): «Sulle questioni di maggiore rilievo si è ormai consolidata una coalizione in Consiglio, tra i laici di centro destra e MI, che è un blocco di maggioranza e che due giorni fa ha mandato un nuovo è preoccupante segnale: i magistrati sono professionalmente inadeguati non quando brigano per un incarico O hanno rapporti obliqui con affaristi e politici, ma quando si espongono per le proprie idee, anche se ciò non si riverbera poi sulla loro capacità di decidere bene. Nessuno nega che le loro esternazioni debbano essere improntate a misura e attenzione per la funzione. Ma stiamo assistendo a un doppiopesismo inaccettabile: gli stessi consiglieri intransigenti col collega Sirianni per i suoi contatti col sindaco Lucano per la sua gestione dei migranti a Riace, si rivelano poi indulgenti verso tutti quelli coinvolti ad esempio nelle chat con Palamara. Ed è di ieri la loro contrarietà o astensione sulla difesa in giudizio del Csm verso la contestazione, da parte di Cosimo Ferri, dell’applicazione della norma che gli vieta il ritorno alla giurisdizione dopo essere stato in politica. Parliamo cioè proprio della norma che più dovrebbe garantire la separatezza tra i due ruoli e dunque l’indipendenza vera della magistratura».
I vertici di Mi, Galoppi e Miccichè, a nostra domanda se fossero d’accordo con la decisione dei consiglieri Csm ci hanno fatto sapere che «Sirianni non era stato confermato nel semidirettivo, i presupposti sono gli stessi. Area, che oggi si straccia le vesti per lui, non ha votato a favore della conferma (ad eccezione di Cosentino) ma si è astenuta. Una evidente contraddizione». Arriva la controreplica di Basilico: «La conferma in funzioni direttive implica un giudizio di autorevolezza, soprattutto verso i colleghi, che la progressione nella professionalità non prevede, per lo meno nella stessa misura. Dovrei dirmi sorpreso che Mi confonda le due valutazioni, non a caso affidate a tempistiche e norme diverse, se non fosse che quel gruppo ha ormai una linea di azione tutta sua, appiattita in Csm su quella governativa. E il fatto che vi sia una chiara linea identitaria del governo interna al Consiglio la dice lunga su quanto oggi siano a rischio l’indipendenza e l’autonomia dei magistrati».
Così commenta al Dubbio Sirianni: «La delibera si fonda sulla falsa affermazione secondo cui il procedimento disciplinare nei miei confronti avrebbe avuto ad oggetto “esclusivamente” lo svolgimento di un’attività professionale di “consulenza legale”, in quanto tale vietata dall’articolo 16, Regio Decreto numero 12 del 1941. E che questa affermazione sia falsa è stato dichiarato dalla Cassazione nella sentenza 6003/ 2021 che ha posto il giudicato sulla mia assoluzione nel disciplinare. Questa falsa affermazione era, però, necessaria per potere valutare una seconda volta gli stessi fatti già oggetto del disciplinare. Essa ha consentito di poter dire “ma noi ora li valutiamo sotto il profilo dei requisiti di imparzialità ed equilibrio del magistrato”, che lì non sono stati considerati. Mentre, al contrario erano proprio i parametri già valutati nel giudizio disciplinare, che li ha ritenuti non compromessi. Così facendo, il Csm si è sottratto anche all’altro, insuperabile, scoglio contenuto nella sentenza disciplinare e cioè l’affermazione che non vi era prova che vi fosse stata “alcuna rilevanza esterna” di quanto io discutevo con Lucano. In altri termini, che si era trattato esclusivamente di conversazioni private fra due amici. Chiarito ciò, mi pare arduo sottrarsi alla conclusione che questa decisione abbia solo una finalità politica».