L’incontro tra il premier e il leader dei 5S finisce col primo che minimizza e il secondo che minaccia sulla fiducia

Ma come è andato l'incontro tra Draghi e Conte? Atteso, sofferto e, tanto per aumentare la suspence, pure rinviato di 48 ore per cause di forza maggiore si è infine svolto e al termine sembra di trovarsi di fronte a Rashomon. Per palazzo Chigi è andato benone. Non è che il capo dei 5S abbia squadernato richieste ultimative, come per la verità lui stesso va dicendo. Piuttosto ha illustrato al premier le condizioni per restare al governo.

Sono passi avanti in piena continuità, non sterzate drastiche e cambi di rotta. Ma l'importante è che Conte al governo ci resta, che avrebbe garantito immutato sostegno.

DELGADO, PULETTI E VAZZANA Tregua armata tra Conte e Draghi Ma il leader M5S chiede una svolta

L’ex presidente del Consiglio vuole «risposte certe» Palazzo Chigi: «Si incontreranno di nuovo»

Discontinuità. Superbonus. Reddito di cittadinanza. Salario minimo. È su queste quattro direttrici che si è mosso l’incontro di ieri mattina tra il presidente del Consiglio, Mario Draghi, e il leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte. Un incontro che ha fatto seguito al Consiglio nazionale M5S e nel quale l’ex inquilino di palazzo Chigi ha garantito il sostegno all’esecutivo, mettendo tuttavia diversi puntini sulle i. Con tanto di documento consegnato nelle mani dell’ex presidente della Bce con su scritte le richieste pentastellate.

A partire proprio dal reddito di cittadinanza. «Non possiamo più accettare di stare in una maggioranza che, in molte sue componenti, rivolge attacchi pretestuosi e strumentali a questo minimale sistema di protezione sociale, scagliandosi vergognosamente contro le fasce più vulnerabili della popolazione», si legge nel documento. Dunque la richiesta è quella di una difesa, «una volta per tutte», del cavallo di battaglia grillino ai tempi del governo gialloverde, picconato un giorno sì e l’altro pure da Lega, Forza Italia e Italia viva. Un’altra battaglia sulla quale Conte non transige, o almeno così ha fatto mettere nero su bianco, è quella sul superbonus, provvedimento bandiera del governo Conte II e legato alla ripresa post pandemica. «Gli interventi governativi che si sono via via susseguiti e le sue stesse dichiarazioni rilasciate in ambito europeo, hanno prodotto un clima di forte sfiducia nei cittadini e negli stessi operatori del settore - si legge ancora in uno dei passaggi più forti del testo - con il risultato che la circolazione dei crediti fiscali di fatto risulta bloccata, decine di migliaia di imprese sono sull’orlo del fallimento e molti cittadini si ritrovano con i lavori in casa sospesi: per noi è assolutamente imprescindibile che si introduca una soluzione davvero funzionale, in grado di sbloccare le cessioni e di consentire il completamento dei lavori». Ma non è finita qui, perché nel documento si notano altri attacchi diretti al presidente del Consiglio. Come quello contro il bonus di 200 euro una tantum, che secondo Conte «non vale a risolvere i gravi problemi che i nostri concittadini stanno affrontando», o quello contro l’abolizione del cashback, «un provvedimento che poteva senz’altro essere migliorato e affinato, ma che si è invece deciso di eliminare con un tratto di penna, senza neppure consultarci». O, da ultimo, quello che riguarda il ministro degli Esteri e leader di Insieme per il futuro, Luigi Di Maio. «Ho rappresentato al presidente Draghi - ha detto Conte dopo l’incontro - lo sconcerto della nostra comunità quando a fronte di un ministro degli Esteri che più volte è andato in tutti i tg a dichiarare in un momento così delicato che il M5S sta attentando alla sicurezza nazionale, non ha trovato occasione e tempo per intervenire a richiamare il suo ministro che palesemente esercita in modo strumentale i suoi doveri d'ufficio e getta evidente discredito immotivatamente sul Movimento».

Infine, l’ex avvocato del popolo ha anche chiesto l’introduzione di un salario minimo, uno scostamento di bilancio e la fine dei Consigli dei ministri «in cui si arriva a decisioni già prese». Insomma, Conte ha chiesto a Draghi discontinuità, e Draghi ha risposto prendendo tempo.

Da palazzo Chigi l’incontro è stato definito «positivo e collaborativo». Il presidente Draghi, si legge in una nota, «ha ascoltato con attenzione quanto rappresentato dal presidente del M5S» e «i due torneranno a incontrarsi prossimamente». Dunque quello di ieri è stato solo il primo round, a cui è seguita la questione di fiducia chiesta dal ministro per i Rapporti con il parlamento, Federico D’Incà, sul decreto Aiuti. Un provvedimento che vale 23 miliardi di euro e sul quale da giorni il Movimento chiede certezze, soprattutto sulla parte che riguarda la transizione ecologica. «Abbiamo rappresentato a Draghi che noi non siamo qui per predicare la transizione ecologica di giorno e consentire nuove trivellazioni di notte», ha detto Conte poco dopo l’incontro. Il voto finale sul testo è previsto lunedì.

Il faccia a faccia tra l’ex presidente del Consiglio e quello attuale ha provocato la reazione degli altri partiti, e se per il ministro del lavoro, il dem Andrea Orlando, «se Conte stacca la spina al governo sarebbe impossibile far finta di nulla» secondo il capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia, Francesco Lollobrigida, «il M5S si accontenta di due pacche sulle spalle». E mentre la Lega insiste sulla richiesta a Draghi di evitare «due pesi e due misure», da Forza Italia è la ministra per il Sud, Mara Carfagna, a predicare la fine della «conflittualità» in maggioranza. Più un auspicio, che una speranza concreta.