Il governo pone la fiducia sul decreto rave. A chiederla il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, dopo una giornata fitta di interventi, con i quali le opposizioni hanno tacciato più volte di incostituzionalità il decreto, approdato a Montecitorio proprio nel giorno del “compleanno” della Costituzione.

Il voto è previsto dunque per domani pomeriggio, alle 15.45, un modo per tamponare l’ostruzionismo delle opposizioni con un possibile ricorso alla “tagliola”, per evitare di slittare oltre il 30 dicembre, giorno entro cui il decreto deve essere necessariamente convertito per evitare la decadenza. Ma la battaglia da parte della minoranza è già annunciata, come dimostrato dalle quattro pregiudiziali di costituzionalità presentate oggi e respinte dall’aula con 170 voti a 127.

«La pecca è quella di rischiare di crollare, di naufragare di fronte alla Corte costituzionale», ha detto il vicesegretario di Azione, Enrico Costa, in merito all’articolo che riguarda l’ergastolo ostativo. Ma è tutto il decreto, ha dichiarato il deputato, a fare acqua. «Questo è un fritto misto in cui ogni ministero e ogni ufficio legislativo ha cercato di introdurre ed inserire le urgenze dei propri ministeri», ha evidenziato, così come fatto dagli altri deputati dell’opposizione, che hanno contestato la sussistenza dei criteri di necessità ed urgenza.

«Spiegateci qual è l'urgenza di intervenire sui rave party, quale allarme sociale particolare destano - ha evidenziato Devis Dori (Avs) -. Vi serviva uno spot? Questa era l'urgenza politica? Mostrare i muscoli nella prima occasione utile, nel primo vero provvedimento del governo?». Parole che hanno subito suscitato l’ironia dei partiti di maggioranza. «I colleghi delle opposizioni - ha commentato il forzista Pietro Pittalis - hanno riscoperto che per i decreti-legge sono previsti i requisiti di necessità e di urgenza. E lo dico soprattutto con lo sguardo rivolto a quello che è successo nella scorsa legislatura, soprattutto durante i Governi del presidente Giuseppe Conte, che si sono distinti per un uso sistematico della decretazione d'urgenza».
Proprio perché si tratta del primo provvedimento, l’Esecutivo di Giorgia Meloni non ha intenzione di correre il rischio di finire subito sotto in Aula. Ma il voto di fiducia presuppone un nuovo affondo delle minoranze, che domani avranno a disposizione cinque minuti a parlamentare per gli ordini del giorno e 10 per le dichiarazioni di voto. Non è escluso, dunque, che il governo possa fare ricorso alla procedura della ghigliottina parlamentare, che prevede la possibilità, prima che abbia inizio l'esame degli articoli di un disegno di legge, di passare direttamente al voto finale del provvedimento, qualunque sia la fase dell'esame dell'aula in cui si trovi. Un procedimento che zittirebbe l’opposizione assicurando la deliberazione nei tempi previsti. Ma le polemiche ci saranno.

«Il dl Rave è il primo atto di questo governo, una sorta di biglietto da visita. Un pessimo esordio lontanissimo dalle priorità degli italiani. Si parla di rave, vaccini, mafie, riforma Cartabia. Una frittura mista; un decreto emanato esclusivamente per ragioni propagandistiche ed identitarie che dimostra un'assenza completa e totale di un'idea qualsiasi di come governare questo Paese - ha detto nel corso del suo intervento Toni Ricciardi, deputato del Pd -. Un obbrobrio giuridico criticato da giuristi e costituzionalisti che hanno espresso grandi preoccupazioni legate all'introduzione di un nuovo reato che, infatti, il governo ha provato a correggere con scarsi risultati, ma anche da stessi esponenti della maggioranza. È grave che il governo abbia varato una misura che apriva e probabilmente continuerà ad aprire le porte alla possibilità di vietare ogni manifestazione, violando così i princìpi elementari della democrazia. Un provvedimento che serve per agitare lo slogan “la pacchia è finita”. Eppure il governo ignora - come dimostra una iniqua legge di bilancio - coloro per i quali la pacchia non è mai iniziata».

Critico sulle nuove norme che riguardano l’ergastolo ostativo il deputato del M5S ed ex procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho: «Questo decreto, nella parte sull'ergastolo ostativo, doveva certamente essere emanato con urgenza. Il Movimento 5 Stelle voleva collaborare in maniera costruttiva per migliorare il testo e renderlo veramente efficace contro le mafie. Potevamo trovarci qui in aula ad approvare tutti insieme un provvedimento condiviso. Invece da parte del governo e della maggioranza abbiamo trovato un muro inspiegabile, è una scelta assurda e miope. Per di più, hanno anche compiuto il colpo di mano di cancellare i reati contro la Pa dall'elenco di quelli ostativi, abbattendo così un'arma importantissima contro mafie e reti corruttive - ha sottolineato -. Oggi noi non possiamo far passare il messaggio che con la nuova normativa ai non collaboranti sarà riservato un trattamento più favorevole rispetto a quello previsto per i collaboratori di giustizia. È un messaggio devastante per la legalità. Bisognava stabilire l'obbligo per i condannati per reati ostativi di specificare dettagliatamente le ragioni della mancata collaborazione, per capire se sono argomenti accettabili o se, viceversa, si tratta di un chiaro segnale di inalterata adesione al patto mafioso».